Leggiamo il seguente brano della prof.ssa Ines Testoni, allieva di Emanuele Severino, che riporto dal WEB così come l’ho trovato:
<<Riprendendo le parole del suo maestro, Emanuele
Severino, «l’uomo soffre per quel che crede di essere e se crede di essere
mortale la sofferenza oltre che atroce e inevitabile è anche incurabile».
Secondo la professoressa, avere cognizione di questo tipo di dolore, facendolo
emergere dall’inconscio in cui la richiudiamo, è il primo passo per trasformare
l’angoscia in consapevolezza del terrore e del dolore. Un passo che «si compie
entrando nel merito dei contenuti che le grandi tradizioni del passato e della
cultura contemporanea, in parallelo a quelli della scienza, ci consegnano». Il
secondo passo del master, continua Testoni, consiste nel capire che cosa
crediamo, che significhi morire alla luce di queste competenze e discuterne
criticamente. Il terzo passo che il Master garantisce è quello di entrare nel
merito delle proprie esperienze di perdita e dare loro senso, grazie a tali
riflessioni. «Infine, ed è forse il passaggio più difficile da fare – completa
Testoni – è capire che non abbiamo proprio niente da temere perché, come mostra
in modo inconfutabile Severino, siamo già da sempre salvi in quanto l’eternità
(che peraltro non sappiamo pensare e dobbiamo imparare a farlo) è ciò che più
autenticamente ci compete». Il percorso, che prevede anche i temi
dell’eutanasia e della morte medicalmente assistita, è idoneo a medici,
infermieri, psicologi, educatori, insegnanti, assistenti sociali, ma anche
artisti e giornalisti. Nel corso degli incontri saranno presentate tutte le
posizioni, consentendo a tutte e a tutti di farsi un’opinione>>. (Dalla
presentazione del corso di Federico Mellano nel quotidiano La Stampa del
12 settembre 2023): https://www.lastampa.it/cronaca/2023/09/11/news/universita_padova_master_morte-13115066/).
Insomma è chiaro:
è sempre la SOLITA IRREPARABILE DISCREPANZA tra
teoria filosofica e vita o esperienza quotidiana, la quale va in tutt’altra
direzione.
Perché?
Com’è noto, per la teoresi severiniana, la VOLONTÀ è
quell’abissale ALIENAZIONE
che vuole l’IMPOSSIBILE, ossia vuole TRASFORMARE gli essenti in qualcos’altro, per conseguire/realizzare
di volta in volta i propri scopi, ILLUDENDOSI, poi, di averli eventualmente
ottenuti. Essa, perciò, è per Severino un’eloquente manifestazione di
NICHILISMO e di VIOLENZA.
Senonché, come si evince dall’articolo, Ines Testoni (o chi
per lei) vorrebbe FONDARE SULL’ESTREMA ALIENAZIONE e sulla VIOLENZA, un percorso _ un <<Master>>
_ DISALIENANTE, a quanto pare, onde <<avere cognizione di questo tipo
di dolore, FACENDOLO
emergere dall’inconscio in cui la richiudiamo>>.
Quindi, l’ALIENAZIONE in cui consiste la volontà, VUOLE FARE <<emergere
dall’inconscio>> ciò che, una volta FATTO emergere _ cioè la <<consapevolezza
del terrore e del dolore>> _ si costituirebbe come risultato NON-ALIENATO OTTENUTO dall’ALIENAZIONE.
Ovviamente, per OTTENERE ciò, è necessario <<TRASFORMARE l’angoscia in
consapevolezza>>, ovvero _ stante la convinzione severiniana secondo
la quale la volontà e l’ottenuto da essa sono FEDI cioè ILLUSIONI, ERRORI _, è
necessario VOLERE
che l’angoscia DIVENGA
quell’altro da sé cui è la <<consapevolezza del terrore e del
dolore>>, dopodiché dovremo CREDERE di aver ottenuto tale consapevolezza,
ben sapendo che essa non potrà che esser un’ennesima FEDE/ILLUSIONE (sempre che si VOGLIA dare retta alla
teoresi severiniana).
Inoltre, afferma la Testoni:
<<Infine, ed è forse il passaggio più difficile da
fare, è capire che non abbiamo proprio niente da temere perché, come mostra in
modo inconfutabile Severino, siamo già da sempre salvi in quanto l’eternità
(che peraltro non sappiamo pensare e dobbiamo imparare a farlo) è ciò che più
autenticamente ci compete>>.
Qui, A DISPETTO della recisa NEGAZIONE severiniana che
l’eternità dell’ente sia l’ennesima forma approntata dai mortali come RIMEDIO/CONSOLAZIONE
contro il terrore del nulla della morte, la professoressa ci (R)ASSICURA
invece che <<non abbiamo proprio niente da temere>>, perché
_ andando CONTRO Severino _ il RIMEDIO c’è e consiste nell’<<eternità>> della
Gloria, la quale <<è ciò che più autenticamente ci compete>>.
Dunque,
CON Severino, finché si tratta di assorbire la sua teoresi;
CONTRO Severino, allorché si tratti di renderla fruibile o di viverla nella
vita del mortale,
perché sembra non accorgersi di come il primo passaggio NEGHI
totalmente il secondo, considerando la vita ERRORE/ALIENAZIONE, e
di come il secondo NEGHI il primo, relegandolo nell’angolo delle astrazioni
inutili, ai fini della vita vissuta, non teorizzata.
Si potrebbe ribattere che anche tale ALIENAZIONE sia un invio
del destino, e che perciò noi mortali NON POSSIAMO non agire, non
volere, non trasformare, etc…, CONFORMEMENTE all’alienazione inviata sempre dal
destino.
Certo, tuttavia, se così, allora si dovrà constatare quanto l’ALIENAZIONE
DELLA VITA ricorra al conforto/ausilio del destino, ossia di ciò che non
conforta affatto la vita, ma la NEGA in toto quale positivo significare,
nientemento, che del NULLA…
Roberto Fiaschi
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