APPARENTEMENTE sì: la negazione della struttura originaria severiniana (o anche del principio di non contraddizione) è negazione AUTO-NEGANTESI, perché la negazione della determinatezza dell’essente è negazione essa stessa determinata.
Ma è proprio qui che si cela il TRUCCO.
Vediamo più da vicino la questione.
Innanzitutto, si può negare qualcosa soltanto se:
(A)- si CONOSCE qualcosa da NEGARE,
nonché se
(B)- esiste il NEGATORE.
Si aprono due prospettive antropologiche.
[1]
Iniziamo dall’antropologia severiniana, secondo la quale l’essere
umano (o l’io empirico-individuale) è un ERRORE impossibilitato a conoscere
la verità:
<<se "io" è ad
esempio il sottoscritto, CON QUESTA STRUTTURA FISICA DETERMINATA, allora
sarebbe come dire che un OCCHIO CIECO PUÒ VEDERE LA VERITÀ. Perché un occhio
cieco? Appunto in quanto dominato dai condizionamenti che costituiscono
l'individuo. […] perché L'INDIVIDUO È ERRORE>>.
(Emanuele Severino: La legna e la cenere, Rizzoli. Maiuscoli miei: RF).
Perciò l’ERRORE, oltre a NON SAPER di esser tale, NON può neppure NEGARE
la verità che IGNORA (NÉ, quindi, può AUTO-NEGARSI),
cosicché, in questo caso, a mancare sia (A), giacché non si può negare ciò che
NON SI CONOSCE.
Tuttavia, che l’individuo sia ERRORE emergerebbe (sempre secondo
Severino) sulla base dell’apparire della verità:
Secondo Severino, dicevo, perché questa
tesi la troviamo scritta nei testi DELL’ERRORE-Severino, tutti interni al
sogno della terra isolata dalla verità.
E che la suddetta tesi (così come quei testi) sia opera DELL’ERRORE-Severino,
è negato DALLO stesso ERRORE-Severino.
Senonché:
(I)- se tale negazione intende esser VERA cioè un tratto del
destino della verità,
allora NON
è VERO che
l’individuo-Severino sia ERRORE ( = <<un occhio cieco>>), appunto
perché egli SA e VEDE con VERITÀ un tratto del destino;
(II)- se invece l’individuo-Severino è davvero un ERRORE IMPOSSIBILITATO
a conoscere un tratto qualsivoglia della verità del destino,
allora NON
è VERO che quegli
scritti NON siano DELL’ERRORE-Severino,
proprio perché egli NON SA e NON VEDE quel tratto della verità del destino
consistente nella negazione che quegli scritti siano suoi, visto che tra
l’impossibilità di conoscere la verità da parte dell’io individuale ( = ERRORE)
e l’apparire della verità ( = Io del destino) NON può sussistere alcuna MEDIAZIONE ACCOMODANTE.
[2]
Tolta, perciò, la tesi severiniana dell’individuo come ERRORE,
portiamoci adesso al di fuori della sua CONTRADDITTORIA antropologia per
collocarci nella concezione ‘comune’, che vede nell’uomo colui che A VOLTE può raggiungere/acquisire
alcune verità e che A VOLTE può non vederle/errare.
In quest’ultima, a differenza di [1], manca (B), cioè
manca il NEGATORE.
Per Severino, nel mondo con cui abbiamo a che fare quasi
tutto è ILLUSIONE
o positivo significare del NULLA o FEDE:
l’io empirico è ILLUSORIO;
la libertà è ILLUSORIA;
la trasformazione è ILLUSORIA;
il movimento è ILLUSORIO,
etc…
Ecco, a tutto ciò, da parte mia aggiungo che ANCHE l’AUTO-NEGAZIONE della negazione del destino è ILLUSORIA, perché innanzitutto
il NEGATORE (e quindi la negazione e perciò il principio quale negazione
della sua negazione) è ILLUSORIO.
Aristotele invita il NEGATORE a dire qualcosa ( = actu
signato), a non restare muto come un phyton, ed è qui che
è già all’opera il trucco, il gioco di prestigio dell’AUTO-NEGAZIONE.
Sì, perché in seguito a tale invito, sebbene in actu
signato il negatore intenda porsi come negatore del
principio di non-contraddizione, in realtà si costituisce GIÀ NELLO
STESSO actu signato come suo AFFERMATORE, proprio nel momento stesso
in cui egli si presenta COME
NEGATORE!
È chiaro: volendo negare il principio, egli deve previamente distinguersene,
per cui il NEGATORE ha anticipatamente ACCETTATO ciò che vorrebbe negare,
ossia ha GIÀ ACCETTATO, nel voler essere negatore, di
farsi innanzitutto AFFERMATORE
del principio, ILLUDENDOSI di costituirsi negatore di ( = nel suo
distinguersi da) esso, così da NON-distinguersene affatto, o soltanto INGANNEVOLMENTE, APPARENTEMENTE, in
quanto è già fagocitato dall’AFFERMAZIONE del principio.
Egli, perciò, GIÀ in actu signato, è un ILLUSORIO negatore,
un negatore FANTASMATICO, quindi un AFFERMATORE travestito da negatore, un NON-negatore
del principio, in quanto vi è tutto ricompreso in esso sin dall’inizio,
cioè PRIMA ancora di aprir bocca.
Sì che anche l’AUTO-NEGAZIONE
segua la medesima sorte del negatore del principio:
AUTO-NEGAZIONE SOLTANTO APPARENTE, ILLUSORIA.
Siccome NON
vi è autentico negatore, NON VI È NEMMENO AUTENTICA AUTO-NEGAZIONE DEL NEGATORE, cosicché il principio, nell’impossibilità
di DISTINGUERSI dalla sua negazione (esattamente come l’ESSERE,
nell’impossibilità di distinguersi dal NON-ESSERE), sancisca il proprio originario
TRACOLLO,
esattamente laddove esso mostra l’apice dell’innegabilità; innegabilità, perciò,
SOLTANTO ILLUSORIA,
APPARENTE…
Roberto Fiaschi
---------------------------------------------

Nessun commento:
Posta un commento