sabato 7 ottobre 2023

100)- LA TESTIMONIANZA DEL DESTINO NEGA SE STESSA IN DUE MOSSE

In relazione al post n° 97, così replica Alessandro Vaglia di Officina di filosofia teoretica:

<<CONTRO Roberto Fiaschi. L'errore che appare appare al destino, che siamo ognuno di noi in quanto negazione dell'errore o apparire trascendentale. Il resto non lo capisco. Se il contenuto dell'apparire trascendentale è considerato come separato dall'apparire allora scaturisce l'errore o individuo appunto. Tutto qui. Parliamoci chiaro io e te Roberto. Tu pensi di essere il luogo ove tutto appare e qui e ora? Il Destino è questo luogo o luogo dell'apparire trascendentale che non è luogo fra i luoghi ma ove ogni luogo appare.

Noi come individui questo non lo crediamo affatto.

Noi, come individui siamo questo errore e quindi erriamo.

Noi come io del destino, siamo la verità che lo nega.

Noi e non Emanuele Severino, e quel suo povero linguaggio, Emanuele Severino è il sopraggiungere di questo tratto del linguaggio testimoniante il destino di ognuno di noi. Che tu voglia cominciare dall'errore che è errare per pervenire alla verita, questa è la impossibile implicazione della verità stessa>>.

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Tutto molto chiaro.

Ecco le DUE MOSSE preannunciate nel titolo:

(1)<<Noi, come individui siamo questo errore e quindi erriamo>>.

(2)<<Noi come io del destino, siamo la verità che lo nega>>.

Entrambi i punti intendono esprimere un tratto della VERITÀ del destino severiniano.

Ma, così scrivendo, l’individuo-errore-Alessandro Vaglia NEGA il costituirsi del punto (2), perché se quest’ultimo indica la verità del nostro essere io del destino, allora, accettando il punto (1) NON possiamo in alcun modo affermare (2), visto che quest’ultimo è scritto/affermato da (1) cioè dall’individuo-errore-Alessandro Vaglia che NON PUÒ conoscere quanto ha scritto in (2).

Pertanto, se (1) afferma la verità dell’individuo, allora (2) è NEGATO.

Inoltre, se (1) dice la verità sull’individuo-errore, allora (1) NEGA anche SE STESSO, perché l’individuo NON PUÒ SAPERE neppure di essere errore, come invece questi mostra di sapere scrivendo (1).

Senonché Alessandro Vaglia precisa successivamente:

<<L'errore non può sapere della verità è chiaro e limpido per il suono in superficie che sommerso suona male. Ma io si ripete, non sono l'individuo quando a parlare è il linguaggio del destino. INDIVIDUO è un linguaggio, e DESTINO è un altro linguaggio, due sopraggiungenti. In quanto linguaggi sono e sono diversi, ma il loro contenuto è lo stesso o l'essere, ma mentre uno, quello che parla di individuo, parla di una verità completamente distorta l'altro, quando parla di apparire dell'essere io del destino, afferma quello che afferma in contraddizione C>>.

Purtroppo, ANCHE in questo brano è già bell’e dispiegata LA SUA COMPLETA NEGAZIONE.

Infatti, quand’anche sussistessero quei due linguaggi ( = il linguaggio dell’individuo ed il linguaggio del Destino), a PARLARNE/SCRIVERNE è però sempre il medesimo individuo-errore che li alterna (o che essi in lui vanno alternandosi) a seconda dell’oggetto da comunicare.

Essendo perciò sempre il medesimo individuo-errore ad esprimersi mediante due linguaggi, la CONSAPEVOLEZZA di entrambi da parte dell’individuo-errore NEGA il punto (1), giacché quei due linguaggi lo mettono in condizione di CONOSCERE/di esser CONSCIO sia del punto (1) che del (2), dei quali, invece, NON PUÒ avere consapevolezza alcuna, poiché egli è individuo-errore.

Non solo, ma secondo Severino, <<la malattia del linguaggio che testimonia il destino prevale sulla malattia del linguaggio che testimonia la terra isolata>> (Severino: Educare al pensiero. Editrice La Scuola; Brescia 2012).

Il che conferma che a parlare/scrivere i due linguaggi MALATI sia sempre il medesimo individuo-errore, essendovi perciò UN SOLO linguaggio, SEMPRE LO STESSO, sia che testimoni la terra isolata sia che testimoni il destino.

Pertanto l’alternanza dei due linguaggi NON si traduce nell’alternanza di DUE SOGGETTI, quali sarebbero l’io del destino e l’io individuale-errore.

Quindi NON è non-credibile l’affermazione:

<<io non sono l'individuo quando a parlare è il linguaggio del destino>>,

perché se a parlare <<il linguaggio del destino>> fosse davvero l’io del destino, questi NON potrebbe testimoniare la propria verità mediante LO STESSO LINGUAGGIO MALATO utilizzato dall’io individuale-errore per testimoniare la terra isolata.

Infine, alla mia domanda che chiedeva se, in quel momento del nostro dialogo, io stessi parlando con l’individuo-errore-Alessandro Vaglia oppure con il suo io del destino, egli mi ha risposto:

<<dipende se parli di libertà e io sono d'accordo con te, parli il linguaggio dell'individuo, se parli di essere che si trasforma e io sono d'accordo con te parli nuovamente con il linguaggio dell'individuo, ecc.. se parli di apparire dell'essere sé dell'essente o di eternità di OGNI essente allora parli il linguaggio del Destino>>.

Ma, anche in questa risposta, egli NEGA suo malgrado il punto (1), appunto perché l’individuo-errore-Alessandro Vaglia (o Severino…) mostra qui di essere ben CONSAPEVOLE del punto (2) che, invece, da (1) individuo-errore qual egli è, NON può che IGNORARE.

È dunque palese:

la tesi dell’avvicendarsi dei due linguaggi ( = dell’individuo-errore e del destino), è una tesi NEGANTE il suddetto punto (1), che è un punto FONDAMENTALE per l’economia dell’intera filosofia severiniana…

 

Roberto Fiaschi

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1 commento:

  1. Quando Severino afferma che l'individuo-soggetto è errore non intende dire che c'è un individuo che pensa erroneamente. A pensare è sempre (per usare il linguaggio di Severino) l'io del destino; piuttosto, intende dire che l'individuo-soggetto è il contenuto di un errore e in pratica non esiste, dunque non pensa e non parla. Al più esiste quell insieme di enti (il nostro corpo, etc.) che chiamiamo "individuo".

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