Presso gli estimatori del filosofo Emanuele Severino, è invalso l’uso del termine <<APPARE>> per NEGARE che ciò che appare possa apparire ALL’io empirico, cioè A ME, A TE….
Vediamo meglio.
Alla domanda:
in che senso dici che <<l'apparire non appare a
nessuno>>?
Maurizio Gambett (MG) ha risposto:
<<bella domanda. Me la sono posta anche io oggi. E
mi sono dato questa risposta: è APPARSA la frapposizione tra me e la filosofia del destino. A se
stessa […] Il tra me indica la distanza tra me e la Filosofia del
destino. NON "L'APPARIRE A">>. (Maiuscoli miei: RF).
Per MG, il ME è <<anche esso un essente che APPARE>>.
Inoltre, egli aggiunge che <<il Me APPARE insieme al tu.
Peraltro anche io che sto scrivendo APPARE>>.
Nel caso di svenimento, egli riconferma che <<quando
ho ripreso coscienza APPARE
che ho ripreso coscienza>>, etc…
Infine, MG precisa:
<<comunque, per capirlo, bisognerebbe ritornare al
post. Partendo dall'io empirico. Quando APPARE qualcosa, appare anche a chi
appare questo qualcosa? No. Perché nel momento in cui appare questo
"chi" anch'esso apparirebbe. Heidegger l'aveva capito (a metà).
Nel senso che non potendo scorgere questo "chi" e dando per scontato
che l'apparire dovesse apparire a qualcuno, l'ha chiamato niente. Severino è
come se dicesse: quindi l'apparire appare al niente? Bene. Come dire che non
appare a nessuno. APPARE>>.
Bene così.
Ora, scrivere <<APPARE>>, così frequentemente espresso, è
come dire:
MANGIA;
SPEDISCE,
STA MALE,
etc…
Questi, senza un SOGGETTO ed un eventuale COMPLEMENTO, sono tutti significati che, presi
così, NON
dicono alcunché.
Infatti, all’espressione: MANGIA (che qui non funge da imperativo),
viene subito da chiedere:
CHI MANGIA (COSA)?
All’espressione: SPEDISCE, chiediamo:
A CHI (egli) SPEDISCE (COSA)?
All’espressione: STA MALE, si chiede:
CHI STA MALE?
Etc…
Lo stesso dicasi di APPARE. Preso così, NON
vuol dire niente, soprattutto NON spiega niente, è SOLTANTO la
formulazione di un verbo.
Quindi:
A CHI APPARE (QUALCOSA)?
Infatti, come MANGIA ha senso se vi è QUALCUNO che MANGIA
qualcosa, e come SPEDISCE ha senso se A QUALCUNO
egli SPEDISCE qualcosa, così APPARE ha senso soltanto se A QUALCUNO APPARE qualcosa, altrimenti il
verbo "APPARE" resta sospeso in aria, indeterminato.
Per quanto riguarda l’ultimo brano di MG sopra riportato,
egli chiede:
<<Partendo dall'io empirico. Quando APPARE qualcosa, appare
anche a chi appare questo qualcosa? No. Perché nel momento in cui appare questo
"chi" anch'esso apparirebbe>>.
Eh no, direi che quest’asserzione sia del tutto
inaccettabile.
Perché se IO dico:
“x mi appare” o “mi è apparso”,
allora inevitabilmente <<appare anche A CHI appare
questo qualcosa>>, altrimenti giammai potrei dire:
“x MI appare” o “MI è apparso”.
In questo MI è già inclusa la coscienza di esser colui A CUI x appare.
Quindi, posso dire che x appare A ME
in virtù dell’AUTO-coscienza, grazie alla quale IO so di essere colui A CUI x appare (o è apparso).
E così conclude MG:
<<Nel senso che non potendo scorgere questo
"chi" e dando per scontato che l'apparire dovesse apparire a
qualcuno, l'ha chiamato niente. Severino è come se dicesse: quindi l'apparire
appare al niente? Bene. Come dire che non appare a nessuno. APPARE>>.
Ora, non si capisce come si possa dire di NON <<scorgere
questo "chi">>
a cui qualcosa appare (forse, nel caso di Heidegger, a causa di una certa
suggestione orientale a cui egli era particolarmente
affezionato. Inoltre va osservato come il <<niente>>
heideggeriano e quindi orientale non coincida col NIENTE severiniano, tanto
da sembrarmi completamente fuori luogo che Severino affermi: <<quindi
l'apparire appare al niente? Bene. Come dire che non appare a nessuno. APPARE>>.
È fuori luogo, giacché il <<niente>> cui sarebbe l’IO non è affatto il nihil
absolutum bensì è COSCIENZA FINITA quindi SPECIFICA, INDIVIDUATA, tutt’altro che nihil
absolutum!).
Certo, se si pretendesse di scorger quel <<chi>> come fosse UN
OGGETTO accanto ad altri, non sarebbe IO il VEDENTE bensì UN VEDUTO.
Lo scorgere il VEDENTE ( = IO), lo <<scorgere questo "chi">> è
AUTO-coscienza, e si AUTO-mostra precisamente in ogni momento in cui IO so ( = sono
consapevole) che x, y, z… appaiono A ME.
Roberto Fiaschi
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