giovedì 31 agosto 2023

91)- «APPARE», MA NON “A CHI”?

Presso gli estimatori del filosofo Emanuele Severino, è invalso l’uso del termine <<APPARE>> per NEGARE che ciò che appare possa apparire ALL’io empirico, cioè A ME, A TE….

Vediamo meglio.

Alla domanda:

in che senso dici che <<l'apparire non appare a nessuno>>?

Maurizio Gambett (MG) ha risposto:

<<bella domanda. Me la sono posta anche io oggi. E mi sono dato questa risposta: è APPARSA la frapposizione tra me e la filosofia del destino. A se stessa […] Il tra me indica la distanza tra me e la Filosofia del destino. NON "L'APPARIRE A">>. (Maiuscoli miei: RF).

Per MG, il ME è <<anche esso un essente che APPARE>>.

Inoltre, egli aggiunge che <<il Me APPARE insieme al tu. Peraltro anche io che sto scrivendo APPARE>>.

Nel caso di svenimento, egli riconferma che <<quando ho ripreso coscienza APPARE che ho ripreso coscienza>>, etc…

Infine, MG precisa:

<<comunque, per capirlo, bisognerebbe ritornare al post. Partendo dall'io empirico. Quando APPARE qualcosa, appare anche a chi appare questo qualcosa? No. Perché nel momento in cui appare questo "chi" anch'esso apparirebbe. Heidegger l'aveva capito (a metà). Nel senso che non potendo scorgere questo "chi" e dando per scontato che l'apparire dovesse apparire a qualcuno, l'ha chiamato niente. Severino è come se dicesse: quindi l'apparire appare al niente? Bene. Come dire che non appare a nessuno. APPARE>>.

Bene così.

Ora, scrivere <<APPARE>>, così frequentemente espresso, è come dire:

MANGIA;

SPEDISCE,

STA MALE,

etc…

Questi, senza un SOGGETTO ed un eventuale COMPLEMENTO, sono tutti significati che, presi così, NON dicono alcunché.

Infatti, all’espressione: MANGIA (che qui non funge da imperativo), viene subito da chiedere:  

CHI MANGIA (COSA)?

All’espressione: SPEDISCE, chiediamo:

A CHI (egli) SPEDISCE (COSA)?

All’espressione: STA MALE, si chiede:  

CHI STA MALE?

Etc…

Lo stesso dicasi di APPARE. Preso così, NON vuol dire niente, soprattutto NON spiega niente, è SOLTANTO la formulazione di un verbo.

Quindi:

A CHI APPARE (QUALCOSA)?

Infatti, come MANGIA ha senso se vi è QUALCUNO che MANGIA qualcosa, e come SPEDISCE ha senso se A QUALCUNO egli SPEDISCE qualcosa, così APPARE ha senso soltanto se A QUALCUNO APPARE qualcosa, altrimenti il verbo "APPARE" resta sospeso in aria, indeterminato.

Per quanto riguarda l’ultimo brano di MG sopra riportato, egli chiede:

<<Partendo dall'io empirico. Quando APPARE qualcosa, appare anche a chi appare questo qualcosa? No. Perché nel momento in cui appare questo "chi" anch'esso apparirebbe>>.

Eh no, direi che quest’asserzione sia del tutto inaccettabile.

Perché se IO dico:

“x mi appare” o “mi è apparso”,

allora inevitabilmente <<appare anche A CHI appare questo qualcosa>>, altrimenti giammai potrei dire:

 “x MI appare” o “MI è apparso”.

In questo MI è già inclusa la coscienza di esser colui A CUI x appare.

Quindi, posso dire che x appare A ME in virtù dell’AUTO-coscienza, grazie alla quale IO so di essere colui A CUI x appare (o è apparso).

E così conclude MG:

<<Nel senso che non potendo scorgere questo "chi" e dando per scontato che l'apparire dovesse apparire a qualcuno, l'ha chiamato niente. Severino è come se dicesse: quindi l'apparire appare al niente? Bene. Come dire che non appare a nessuno. APPARE>>.

Ora, non si capisce come si possa dire di NON <<scorgere questo "chi">> a cui qualcosa appare (forse, nel caso di Heidegger, a causa di una certa suggestione orientale  a cui egli era particolarmente affezionato. Inoltre va osservato come il <<niente>> heideggeriano e quindi orientale non coincida col NIENTE severiniano, tanto da sembrarmi completamente fuori luogo che Severino affermi: <<quindi l'apparire appare al niente? Bene. Come dire che non appare a nessuno. APPARE>>. È fuori luogo, giacché il <<niente>> cui sarebbe l’IO non è affatto il nihil absolutum bensì è COSCIENZA FINITA quindi SPECIFICA, INDIVIDUATA, tutt’altro che nihil absolutum!).

Certo, se si pretendesse di scorger quel <<chi>> come fosse UN OGGETTO accanto ad altri, non sarebbe IO il VEDENTE bensì UN VEDUTO.

Lo scorgere il VEDENTE ( = IO), lo <<scorgere questo "chi">> è AUTO-coscienza, e si AUTO-mostra precisamente in ogni momento in cui IO so ( = sono consapevole) che x, y, z… appaiono A ME.

 

Roberto Fiaschi

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