martedì 2 luglio 2024

107)- SEVERINO, O UN ‘OCCHIO CIECO’ CHE PRETENDE DI ‘VEDERE’

 


Come anticipato nel precedente post (n° 106), il filosofo Emanuele Severino sostiene che la VERITÀ appaia SEMPRE e OVUNQUE, e che

<<[…] per vedere che il destino sia nella parola [che lo testimonia] è cioè necessario che la volontà [ = l’individuo-errore] veda il destino; ma, si è rilevato, è IMPOSSIBILE che ciò che appare all’interno di una fede sia il destino della verità>>.  (Severino: “La Gloria”, Pag. 475, maiuscoli e parentesi quadre miei: RF).

Come CONCILIARE quest’affermazione con quest’altra dello stesso Severino?

<<Bisogna vedere l'errore del concetto che "Io vado verso la verità" e che "se mi va bene, a un certo momento la vedrò". No!>>. (“La legna e la cenere”).

NON possono conciliarsi.

Infatti, l’individuo-errore, per testimoniare il destino, è necessario che <<veda il destino>>, ovviamente.

Ma è proprio ciò che egli NON può fare, visto che <<l'individuo è il non illuminabile. Perché L'INDIVIDUO È ERRORE>> (Severino; ibidem).

E se <<è IMPOSSIBILE che ciò che appare all’interno di una fede sia il destino della verità>>, allora quel che l’individuo-Severino VEDE, alfine di testimoniarlo, NON è il destino della verità.

Quindi NON si può neppure <<vedere l'errore del concetto che "Io vado verso la verità" e che "se mi va bene, a un certo momento la vedrò">>, perché, per poterlo VEDERE, sarebbe <<necessario che la volontà [ = l’individuo-errore] veda il destino>> che, invece, per l’INDIVIDUO è impossibile VEDERE.

Al che, Severino precisa:

<<Ma questo non significa che, dunque, la verità sia impossibile. Infatti la volontà [ = l’io empirico-errore] può voler assegnare la parola al destino – e, innanzitutto, può isolare la terra – solo in quanto il destino appare già da sempre al di fuori dell’isolamento della terra e del linguaggio>>. (“La Gloria”, Pag. 475).

Certo, la verità non è impossibile, ma l’individuo _ per come viene concepito nella filosofia severiniana _ NON la può VEDERE.

Ma allora, che senso ha affermare che <<la volontà [ = l’individuo-errore] può voler assegnare la parola al destino – e, innanzitutto, può isolare la terra – solo in quanto il destino appare già da sempre al di fuori dell’isolamento della terra e del linguaggio>>?

Se infatti <<il destino appare già da sempre al di fuori dell’isolamento>>, allora:

1)- o (AUT) è FALSO che l’individuo sia <<il non illuminabile, perché L'INDIVIDUO È ERRORE>> e quindi è FALSO che sia errore il <<concetto che "Io vado verso la verità" e che "se mi va bene, a un certo momento la vedrò". No!>>;

2)- Oppure (AUT) è FALSO che il destino appaia <<già da sempre al di fuori dell’isolamento>>, se non altro perché l’individuo-errore NON è affatto <<al di fuori dell’isolamento>>, vi è INTER(N)AMENTE immerso e quindi NON lo può VEDERE, giacché, sempre come sentenzia Severino:

<<è IMPOSSIBILE che ciò che appare ALLINTERNO di una fede sia il destino della verità>>.

Conclusione:

<<Nemmeno la volontà [dell’individuo] di testimoniare il destino della verità può ottenere ciò che essa vuole. Anche questa testimonianza FALLISCE>>. (Severino: “La Gloria”, pag. 397).

Ma allora, dov’è l’AUTENTICA testimonianza NON-FALLIMENTARE del destino?

 

Roberto Fiaschi

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