Ogni ente è identico a sé e differente dal proprio altro, sia, quest’ultimo, un altro ente o il nihil absolutum: questo è un punto basilare della filosofia di Emanuele Severino.
Siamo d’accordo.
Dunque, ogni ente è identico a sé, tranne il nihil
absolutum, naturalmente, giacché non è un ente.
Per cui, non essendo un ente, il nihil absolutum è la negazione
dell’esser identico a sé e differente dal proprio altro; se fosse identico a sé
e differente dal proprio altro, sarebbe anch’esso un ente, in quanto
condividerebbe la medesima ‘legge’ dell’identità con sé e differenza dal
proprio altro valevole per ogni ente.
Come osserva uno studioso (A. S.) di Severino: <<solo ciò
che esiste può essere identico a sé (ciò che non esiste in alcun modo in che modo potrebbe essere identico a
sé? L'identità è una proprietà di ciò che è ed esiste, non del
"nulla". Ciò che è ritenuto inesistente non può avere alcuna
proprietà, neanche quella di essere identico a sé)>>. (Brano tratto
dal WEB).
Passiamo ora a Severino: <<che il nulla sia “significante”
non significa che il nulla esplichi una certa forma di attività, quale appunto
sarebbe il significare. Il
significare del nulla non appartiene al nulla, perché il nulla non è un essente
a cui questo significare o qualsiasi altra proprietà o attività possano
appartenere. Il significare del nulla, in quanto il significare è
positività (e anzi è la positività stessa, lo stesso esser essente), appartiene
cioè all’essente, e propriamente alla totalità dell’essente in quanto essa
appare, nella struttura originaria della verità, come ciò di cui il nulla è
nulla>>.
(Severino: Intorno al senso del nulla. Adelphi, pag. 112).
Va premesso che in Severino <<Ogni significato è una sintesi semantica tra la
positività del significare e il contenuto determinato [qui, nel nostro
caso, tale contenuto è il nihil absolutum] del positivo significare>>
- (Severino: La struttura originaria; pag. 213).
Quindi, il nihil absolutum è momento in sintesi con l’altro
momento cui è il suo essere o positivo significare, sintesi
concorrente a formare il significato concreto nulla quale significato contraddicentesi, in
quanto entrambi i momenti _ attenzione _ sono significanti incontraddittoriamente
ciò che intendono significare, nel senso che il nihil absolutum
significa incontraddittoriamente
soltanto nihil absolutum ed il suo positivo significare significa
incontraddittoriamente
positivo significare, sempre secondo Severino.
Senonché, il significare incontraddittoriamente da parte di qualsiasi
ente/significato comporta la propria identità con sé nonché il proprio differire da
altro, perciò anche il nihil absolutum, differendo
dall’essere, è una identità con sé, altrimenti esso (quale momento della
sintesi cui è il significato autocontraddicentesi nulla) non
significherebbe neppure nihil absolutum e perciò non potrebbe neppure
venir posto come contraddicente (come differente da) il suo positivo
significare.
Ora, se il nihil absolutum non fosse <<un
essente a cui questo
significare [ = appunto come il nihil absolutum] o qualsiasi altra proprietà o attività possano appartenere>>,
e cioè se l’identità fosse <<una proprietà di ciò che è ed
esiste, non del "nulla">>, cosicché il nihil absolutum
non possa <<avere alcuna proprietà, neanche quella di essere
identico a sé>>, allora il nulla NON potrebbe neppure venir
considerato come <<il
significato in cui è posto soltanto
l’assolutamente altro da ogni essere e quindi anche da quell’essere che
è l’essere del nulla come momento>>, giacché per significare come <<l’assolutamente
altro da ogni essere>>, cioè per differire <<da ogni essere>>,
il nihil absolutum deve innanzitutto significare, ripeterei, la propria
identità con sé
consistente nell’esser <<il significato [identico a sé] in cui è posto soltanto l’assolutamente
altro da ogni essere>>, giacché esso non significa: il significato
in cui NON è posto
l’assolutamente altro da ogni essere>>.
D’altronde, è lo stesso Severino a confermare l’identità con sé
del nihil absolutum: <<Rispetto
alla tesi della Struttura originaria che il ‘nulla’ è la sintesi
del significato ‘nulla’ [nihil absolutum] e del positivo
significare di tale significato (dove ‘nulla’ [nihil absolutum] significa ‘nulla’ [cioè è
identico a sé in quanto significa nihil absolutum] e non ‘essere’)
[etc…]>>.
(Severino, tratto da Marco
Simionato: Nulla e negazione (Prefazione di E. Severino), Plus edizioni.
Pisa 2011).
Infatti, per il filosofo
bresciano, <<porre un
significato equivale a porre una certa positività [ = una certa identità con sé],
o una certa determinazione del positivo, dell’essere>>.
Il che vuol dire che anche il nihil absolutum, differendo,
deve ubbidire alla
legge ontologica cui ogni ente sottostà, o cui ogni ente è;
legge consistente nell’identità con sé e differenza dal proprio
altro.
Se infatti il nihil absolutum NON fosse identico a sé, non
differirebbe neppure dall’essere, cioè non sarebbe neppure <<l’assolutamente altro [ = differente] da ogni essere>>.
Se non
differisse dal proprio altro, il nihil absolutum sarebbe indistinguibile da, o
identico all’essere,
appunto perché non vi differirebbe.
Anche la precisazione secondo la quale <<la distinzione tra il significante [il
positivo significare] e il non significante [il nihil absolutum]
è la stessa distinzione tra l’essere e il niente>> (Severino: Essenza
del nichilismo), comporta che il <<non significante>>
sia pur sempre una forma del significare, giacché il <<non
significante>> significa come il <<non significante>>,
per cui il <<non significante>> è intelligibile, quindi è
<<una certa positività, o una certa
determinazione del
positivo, dell’essere>>.
E ciò non fa altro che ribadire che per poter significare
<<l’assolutamente altro [ = differente] da ogni essere>>,
anche il nihil absolutum deve essere identico a sé quale significante, cioè
deve inevitabilmente costituirsi come un ente, paradossale quanto si vuole ma
comunque un ente.
Severino ritiene di poter ovviare a ciò precisando che <<il nulla
è, nel suo significato concreto, la contraddizione del nulla [cioè del nihil absolutum]
essente; ma questo essere del nulla, che consente al nulla [al nihil
absolutum] di essere momento, è posto nell’altro momento [nel suo positivo
significare] (o come l’altro momento) di quel significato concreto; e,
proprio perché è posto nell’altro
o come l’altro
momento, al nulla-momento [al nihil absolutum] è consentito di
essere il significato in cui è posto soltanto l’assolutamente altro da ogni essere
e quindi anche da quell’essere che è l’essere del nulla [del nihil
absolutum] come momento>>. - (Essenza del nichilismo,
pag. 223).
Ora, quand’anche l’<<essere del nulla [del
nihil absolutum]>> fosse tutto <<posto nell’altro momento [cioè
nel suo positivo significare]>>, non verrebbe comunque meno la differenza
tra il nihil absolutum quale <<assolutamente altro da ogni essere>>
e l’<<altro momento>> in cui sarebbe posto tutto
l’<<essere
del nulla [del nihil absolutum]>>!
Anzi, verrebbe vieppiù
ri-confermata; infatti, sostenere che l’<<essere del nulla [del nihil
absolutum]>> sia <<posto nell’altro momento [nel suo positivo
significare]>>, di modo che al nihil absolutum sia <<consentito
di essere il significato in cui è posto soltanto l’assolutamente altro da ogni essere>>,
vuol dire che al nihil absolutum è <<consentito di essere
il significato>> in cui è posta soltanto la sua differenza
<<da ogni essere>> (altrimenti non differirebbe <<da
ogni essere>>)!
Pertanto, questa differenza
è quanto basta e avanza…
NOTA 1:
affermare del nihil absolutum che non sia identico a sé ma che,
però, sia differente dal proprio altro (ove la sua differenza
sarebbe costituita dal non essere identico a sé), significa ugualmente entificare
il nihil absolutum, nella misura in cui (e proprio perché) differisce
dall’identità con sé che informa ciascun ente.
NOTA 2:
affinché il nihil absolutum non venga fatto rientrare nell’ente in quanto differ-ente,
di esso si sarebbe dovuto affermarne il nihil absolutum-della-differenza
ed il nihil absolutum-della-identità, ossia la sua assoluta nullità
avrebbe dovuto dirsi anche per il suo differire, sì da esser nulla la sua
differenza, nullo
il suo differire, nonché della sua identità cioè del suo esser nihil
absolutum, sì da esser nulla anche il suo stesso esser nulla.
Ancor meglio, di esso dovremmo affermare che né differisce, né non-differisce.
Ma, affinché il nihil absolutum ottemperasse a tutto ciò,
tale assoluta nullità non avrebbe dovuto neppure mai sorgere nella
consapevolezza, restando, noi, nella completa inconsapevolezza di esso, ed
esso, perciò, nella più totale apofaticità, ma ormai è troppo tardi, perché,
essendo noto, allora il nihil absolutum non può evitare di costituirsi come un differ-ente.
Fine delle NOTE.
Poiché il differ-ente è lo
stesso esser ente, e l’esser ente è lo stesso ineludibile differire
(e quindi è la stessa identità con sé), allora la suddetta strategia del
filosofo bresciano è destinata suo malgrado a consolidare l’irrisolvibilità
dell’aporia del nulla nonché l’aporeticità dell’opposizione originaria ( =
aporeticità originaria), giacché in tanto è possibile porre la innegabile differenza
tra i due momenti (tra il nihil absolutum e l’essere in inscindibile
sintesi), in quanto entrambi differiscono tra loro ed in quanto ciascuno
è incontraddittoriamente
identico a sé, sì che la loro differenza nella sintesi che dà luogo al
significato concreto nulla, si costituisca come differenza tra due enti; differenza,
perciò, tutta interna
all’essere;
come dire che l’essere si oppone
soltanto a
se stesso, in se
stesso.
Peraltro, Severino oscilla pesantemente
circa il ruolo da conferire al significato nihil absolutum, tradendo
così un’incertezza di fondo dettata dall’aporia facente capolino in ogni direzione egli
intenda guardare…
Infatti, dapprima afferma <<che
il nulla [il nihil absolutum] sia “significante” non significa che il
nulla esplichi una certa forma di attività, quale appunto sarebbe il significare. Il
significare del nulla non appartiene al nulla [al nihil absolutum],
perché il nulla non è un essente a cui questo significare o qualsiasi altra
proprietà o attività possano appartenere>>, giacché tale
significare apparterrebbe all’altro momento.
Per cui al nihil absolutum non appartiene né <<questo significare [come
nihil absolutum]>>, né <<qualsiasi altra proprietà o attività>>.
Poi, però, il nihil absolutum torna ad <<essere il significato in cui è posto soltanto
l’assolutamente altro
[appunto, il nihil
absolutum] da ogni essere>>, cioè diventa esso stesso
significante, e non in virtù dell’altro momento!
Ma poi, nuovamente, il suo esser
significante come nihil absolutum o come <<significato in cui è
posto soltanto l’assolutamente altro [appunto, il nihil absolutum] da
ogni essere>>, ritorna a competere all’altro momento:
<<l’esser significante,
da parte di questa negazione [del nihil absolutum], è appunto
l’altro termine della sintesi nella quale consiste il significato
autocontraddittorio ‘nulla’>>. – (Severino in: Simionato; op. cit.).
Quindi, il significare nihil
absolutum <<non appartiene al
nulla [al nihil
absolutum]>> (perché appartiene all’altro momento) ed insieme tale significare come nihil
absolutum gli appartiene, perché ad esso è <<consentito di
essere il significato
in cui è posto soltanto l’assolutamente altro da ogni essere e quindi anche da
quell’essere che è l’essere del nulla [del nihil absolutum] come momento>>!
Inoltre, last but not least, sorpresa delle sorprese:
se il nihil absolutum _ esso, non il suo positivo significare! _
significa: non-identico a sé e non-differente dal proprio altro,
allora il nihil absolutum si ritraduce nuovamente nell’esser (un) ente, perché, non
essendo identico a sé, non è neppure nihil absolutum come dovrebbe
essere quale significato incontraddittorio
(il nihil absolutum è = il nihil absolutum) e quindi, non essendo nihil
absolutum, sarà altro proprio perché esso è ritenuto non-differente
dal proprio altro, ove tale altro dal nihil absolutum è
soltanto l’ente,
cosicché, anche per questa via, il nihil absolutum è tutto interno all’essere.
Non solo, ma si dovrà anche dire che il nihil absolutum,
significando il non-identico a sé e non-differente dal proprio altro,
si costituisce inevitabilmente _ esso, non il suo positivo significare _ come quell’identico
a sé e differente dal proprio altro (appunto perché il nihil absolutum è
un significato incontraddittorio,
come afferma Severino) che però significa il non-identico a sé e non-differente
dal proprio altro, cosicché la dualità nihil absolutum//positivo
significare che Severino attribuiva al significato contraddicentesi “nulla”
quale sintesi di quei due momenti, si ripresenti pari pari nello stesso nihil
absolutum, giacché questi è un significato incontraddittorio che significa il
contraddittorio non-identico a sé e non-differente dal proprio altro,
quindi il nihil absolutum _ e ribadirei: esso, non il significato concreto “nulla”
come vorrebbe Severino _ è un significato incontraddittorio ed insieme contraddittorio…
Per completezza, devo riportare anche quest’altra osservazione di
Severino la quale, nelle sue intenzioni, vorrebbe essere risolutiva:
<<Che il
significato ‘nulla’
[nihil absolutum], come termine della sintesi col suo positivo
significare, non riesca ad evitare di essere un essente perché è un significato
è una tesi alla quale il mio critico [Marco Simionato] dà invece
molta importanza […], ma è una tesi che finisce col non tener presente
(ripeto ancora una volta) che questo significato [nihil absolutum] non
significa ‘essente’, ma ‘negazione
assoluta dell’essente’>>. – (Severino in: Simionato; op.
cit.).
Ricordando che per Severino <<porre un significato equivale a porre una certa positività [una certa identità],
o una certa determinazione del positivo, dell’essere>>, e quindi che,
ponendo una differenza, è con essa posta l’identità con sé di essa, e
ricordando, perciò, che qualsiasi differenza/identità è lo stesso ente,
allora la <<‘negazione
assoluta dell’essente’>> cioè la differenza assoluta dall’essente,
è anch’essa un essente, è cioè il negativo in quanto tale, sì che
tale differenza assoluta si tolga in quanto differenza assoluta
per riconfermarsi una differenza tra enti, interna
all’essere.
Sì che, alla fine della fiera,
ci si trovi <<costretti […] ad affermare che il nulla [il nihil
absolutum], essendo significante, è, è un essente, sì che l’impossibile, il
contraddittorio in sé stesso, ossia l’identità di nulla e di essere, è. In seguito alla
separazione [ma già in forza della distinzione tra i due momenti],
l’aporia del nulla si presenta pertanto come insolubile. Il pensiero è definitivamente legato all’assurdo della
contraddizione>>. – (Severino: Essenza del nichilismo;
pag. 111).
Roberto Fiaschi
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