martedì 28 febbraio 2023

34)- VOLONTÀ E SALVEZZA

Severino, tramite i suoi scritti, vuole salvarci da ogni volontà di salvezza e quindi <<dai salvatori>>, con-fidando nella (af-fidandosi alla) volontà del destino che vuole l’apparire dell’<<eternità di tutte le cose>> quale autentica salvezza dalla volontà nichilistica di salvezza.

Il che significa che il destino vuole salvarci anche dalla volontà di Severino il quale vorrebbe salvarci dalla volontà di salvezza nonché <<dai salvatori>>, perché _ a rigor di logica _ anche la volontà di salvezza <<dai salvatori>> espressa da Severino è <<una forma nascosta di violenza>>.

Scrive Severino:

<<[…] ogni volontà salvifica è dunque una forma nascosta di violenza – come ogni volontà “creatrice”. Nessun creatore e nessun salvatore ci può salvare. Ma non perché la salvezza debba essere cercata altrove, ma perché il concetto stesso di salvezza - così come esso si presenta lungo la storia dell’Occidente – è nella sua essenza violenza, cioè volontà di trasformare il mondo, e quindi volontà che vuole l’impossibile. Se invece “salvezza” significa l’apparire dell’esser liberi dalla volontà – e questo esser liberi può apparire solo in quanto appare l’eternità di tutte le cose (e dunque anche l’eternità di questa libertà) -, allora la “salvezza” “salva” dai salvatori e dai creatori>> - (Oltre il linguaggio; pag. 26).

La (presunta!) violenza da parte di <<ogni volontà salvifica>> consisterebbe, perciò, nella <<volontà di trasformare il mondo>>.

Per cui anche Severino, volendo annunciarci nel suddetto testo la salvezza che <<“salva” dai salvatori>>, vuole <<trasformare>> (l’opinione, la convinzione di) quella parte di mondo consistente in coloro che leggeranno il suddetto brano affinché prendano coscienza che <<ogni volontà salvifica è dunque una forma nascosta di violenza>>.

Sì che, mettendoci in guardia dalla violenza di <<ogni volontà salvifica>>, Severino ci stia mettendo in guardia da Severino, cioè dalla sua stessa violenta volontà di scrivere/annunciare la salvezza <<dai salvatori>>.

Non solo, ma a monte, anche la volontà del destino di inviare la notizia _ tramite la violenta volontà degli scritti di Severino _ secondo la quale l’autentica salvezza è comunicata attraverso la volontà che i suoi scritti siano una testimonianza del destino, anche tale volontà del destino, dicevo, è violenta in quanto <<vuole l’impossibile>>, perché vuole inviare il proprio annuncio di autentica salvezza ad una violenta volontà empirica ( = Severino) che perciò <<vuole l’impossibile>> proprio dichiarando nei suoi scritti di volerci salvare dalla volontà di salvezza nonché <<dai salvatori>>.

Giacché è chiaro: se la volontà empirica ( = Severino) <<vuole l’impossibile>>, e se il destino vuole che la volontà di Severino voglia l’impossibile (cioè voglia annunciare la salvezza <<dai salvatori>>), allora è ovvio come anche la volontà del destino sia violenta in quanto vuole l’impossibile, appunto perché essa vuole che una volontà empirica ( = Severino) voglia quell’impossibile consistente nel voler trasformare la coscienza altrui da inconsapevole qual è della violenza di ogni forma di volontà salvifica a consapevole della medesima violenza.

 

Roberto Fiaschi

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