Severino, tramite i suoi scritti, vuole salvarci da ogni volontà di salvezza e quindi <<dai salvatori>>, con-fidando nella (af-fidandosi alla) volontà del destino che vuole l’apparire dell’<<eternità di tutte le cose>> quale autentica salvezza dalla volontà nichilistica di salvezza.
Il che significa che il destino
vuole salvarci anche dalla volontà di Severino
il quale vorrebbe
salvarci
dalla volontà
di salvezza
nonché <<dai salvatori>>,
perché _ a rigor di logica _ anche la volontà di salvezza <<dai salvatori>>
espressa da Severino è <<una forma nascosta di violenza>>.
Scrive Severino:
<<[…] ogni volontà
salvifica è dunque una forma nascosta di violenza – come ogni volontà “creatrice”.
Nessun creatore e nessun salvatore ci può salvare. Ma non perché la salvezza
debba essere cercata altrove, ma perché il concetto stesso di salvezza - così
come esso si presenta lungo la storia dell’Occidente – è nella sua essenza
violenza, cioè volontà di trasformare il mondo, e quindi volontà che vuole
l’impossibile. Se invece “salvezza” significa l’apparire dell’esser liberi
dalla volontà – e questo esser liberi può apparire solo in quanto appare
l’eternità di tutte le cose (e dunque anche l’eternità di questa libertà) -, allora
la “salvezza” “salva” dai salvatori e dai creatori>> - (Oltre il
linguaggio; pag. 26).
La (presunta!) violenza da parte
di <<ogni volontà
salvifica>>
consisterebbe, perciò, nella <<volontà di trasformare il mondo>>.
Per cui anche Severino, volendo annunciarci
nel suddetto testo la salvezza
che <<“salva” dai salvatori>>, vuole <<trasformare>>
(l’opinione, la convinzione di) quella parte di mondo consistente in coloro che
leggeranno il suddetto brano affinché prendano coscienza che <<ogni
volontà salvifica è dunque una forma nascosta di violenza>>.
Sì che, mettendoci in guardia
dalla violenza di <<ogni volontà salvifica>>, Severino ci
stia mettendo in guardia da
Severino, cioè dalla sua stessa violenta volontà di scrivere/annunciare la salvezza <<dai
salvatori>>.
Non solo, ma a monte, anche
la volontà
del destino di inviare la notizia _ tramite la violenta volontà degli scritti
di Severino _ secondo la quale l’autentica salvezza è comunicata attraverso la volontà che i suoi scritti
siano una testimonianza del destino, anche tale volontà del destino,
dicevo, è violenta in quanto <<vuole l’impossibile>>, perché
vuole
inviare il proprio annuncio di autentica salvezza ad una violenta volontà empirica ( =
Severino) che perciò <<vuole l’impossibile>> proprio
dichiarando nei suoi scritti di volerci salvare dalla volontà di salvezza nonché <<dai salvatori>>.
Giacché è chiaro: se la volontà empirica ( =
Severino) <<vuole
l’impossibile>>, e se il destino vuole che la volontà di Severino voglia l’impossibile
(cioè voglia
annunciare la salvezza
<<dai salvatori>>),
allora è ovvio come anche la volontà del destino sia violenta in quanto vuole l’impossibile,
appunto perché essa vuole
che una volontà empirica ( = Severino) voglia quell’impossibile consistente nel voler trasformare
la coscienza altrui da
inconsapevole qual è della violenza di ogni forma di volontà salvifica a consapevole della
medesima violenza.
Roberto Fiaschi
--------------------------------------------------------------------

Nessun commento:
Posta un commento