Paragonando gli aforismi di
Emanuele Severino e del monaco buddhista cinese Huineng, balza subito evidente il
‘debito’ del primo nei confronti del secondo:
Nella sua teoresi, un punto fondamentale è la
seguente esigenza:
<<l'individuo è il non illuminabile. Perché
l'individuo è errore>>.
- (Severino: La legna e la cenere).
Perciò <<È contraddittorio che
l'individuo sia cosciente della verità>>. - (Idem).
Allora <<Si deve pertanto
concludere che nel pensiero dell’isolamento un lampo di comprensione
autentica è impossibile (nello stesso senso e per lo stesso motivo per cui lo
si deve escludere in relazione all’io dell’individuo): è necessario che,
all’interno del suo isolamento dalla verità del destino, il pensiero mortale [dell’io
individuale, dunque] fraintenda, sempre e inevitabilmente, le tracce
della Gioia. Se dunque “anche nell’isolamento della terra il destino lascia la
propria traccia”, questa “non può non essere ambigua, sviante, cioè non può
condurre gli abitatori della terra isolata alla luce del destino. Altrimenti la
terra non sarebbe isolata”>>. – (Nicoletta Cusano: Emanuele
Severino. Oltre il nichilismo. Morcelliana 2011, pag. 447).
Bisogna trarne le conseguenze.
Severino afferma: <<i miei scritti sono il dito>>,
ma ciò è impossibile (cfr. i post nn.
3 e 37), perché è necessario
che quel dito
<<fraintenda,
sempre e inevitabilmente, le tracce della Gioia
[la luna]>>.
È impossibile, anche nel caso in cui <<il
linguaggio mortale […] suona identico
a quello che testimonia il destino>>, esso <<è
necessariamente un affiorare rovesciato (e dunque sviante) dell’inconscio
dell’inconscio (e che sia rovesciato
significa che sono impossibili
lampi di comprensione autentica)>>. (Cusano; idem).
Perciò quel dito non può mai riuscir
ad indicare la luna, perché, se è <<contraddittorio che l'individuo sia cosciente
della verità>>,
vuol dire che sarà altrettanto
contraddittorio
che quel dito ( = i suoi scritti) indichi ciò che è impossibile
che riesca ad indicare, giacché sarà necessariamente un dito STORTO, destinato
<<sempre e inevitabilmente>> ad
indicare altrove…
Roberto Fiaschi
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