giovedì 2 marzo 2023

37)- L’IO-EMPIRICO NON È ERRORE

 

Scrive Severino: <<La fede (e la fede originaria è la terra isolata) è il sogno in cui appaiono tutti quei contenuti (cose, situazioni, domande, risposte, azioni, passioni) di cui si crede che costituiscano il mondo con il quale si ha a che fare e nel quale si vive. Ciò che nel destino appare incontrovertibilmente è la fede in quei contenuti, ossia non quei contenuti in quanto tali, ma quei contenuti in quanto contenuti della fede e del sogno (cioè dell’interpretare, della volontà). D’altra parte, che il sogno della terra isolata esista è soltanto il destino a mostrarlo incontrovertibilmente, ed è solo sul fondamento dell’apparire del destino che tale sogno può apparire – come si mostra nei miei scritti. Ma anche quest’ultima espressione, così ripetuta nei miei scritti, e anche l’asserire che sia così ripetuta appartengono a quel sogno. Al quale appartengono anche sia la fede che “io” sia un produttore e un portatore del linguaggio che testimonia il destino, sia, e innanzitutto, la fede nell’esistenza di tale linguaggio. È quindi impossibile che il contenuto del sogno, e propriamente l’errare della testimonianza del destino, possa mettere in questione il destino, ossia ciò soltanto sul cui fondamento l’esistenza del sogno può essere incontrovertibilmente affermata e può apparire – dove quel mettere in questione è appunto il supporre, all’interno del sogno, che l’attuale testimonianza del destino possa essere a sua volta un errare, come lo è stata in passato>>. (Intorno al senso del nulla. Adelphi 2013, 192 ss.) 

Dunque, il presente brano di Severino (come ogni suo scritto) ed anche questo mio scriverne qui ed ora, appartengono al

<<sogno in cui appaiono tutti quei contenuti (cose, situazioni, domande, risposte, azioni, passioni) di cui si crede che costituiscano il mondo con il quale si ha a che fare e nel quale si vive>>,

e ne scriviamo mediante il <<linguaggio che testimonia la terra isolata>> che è <<il linguaggio dell’errare>>.

Tuttavia, internamente a questo <<errare>>, il contenuto del discorso di Severino intende porsi come testimonianza non-erronea del destino, perché, nonostante esso sia stato scritto con <<il linguaggio dell’errare>> e <<all’interno del sogno>>, è <<impossibile che il contenuto del sogno, e propriamente l’errare della testimonianza del destino, possa mettere in questione il destino, ossia ciò soltanto sul cui fondamento l’esistenza del sogno può essere incontrovertibilmente affermata e può apparire>>.          

Il che vuol dire che il destino appare anche adesso, qui ed ora <<all’interno del sogno>> ( = dell’errare) dove appare quell’errore secondo cui sia il sottoscritto che Severino saremmo gli autori di questo nostro scriverne.

E ciò vuole anche dire che, pur errando cioè credendo di essere l’autore di questa testimonianza, Severino abbia comunque scritto la verità del destino, consistente, oltre a quanto appena letto, anche nel dire che:

<<Per indicare l’Errare è necessario esserne al di fuori: solo in quanto il destino della verità è già da sempre aperto qualcosa può apparire come l’Errare>>,

in quanto

<<proprio perché è fede, [l’io empirico-Severino] è destinato a non sentire la verità: in quanto ascoltata da “me”, cioè dalla fede in cui “io” come individuo mortale consisto, la verità non può essere verità, e io sono destinato ad essere soltanto il desiderio, in indefinitum, della verità>>. - (La struttura originaria, pag. 89),

etc., etc…

Il filosofo bresciano ha precisato:

<<che il sogno della terra isolata esista è soltanto il destino a mostrarlo incontrovertibilmente>>,

e non l’io empirico-Severino il quale _ ricordiamolo _ <<è destinato a non sentire la verità>>.

Quindi

<<è solo sul fondamento dell’apparire del destino che tale sogno può apparire – come si mostra nei miei scritti. Ma anche quest’ultima espressione, così ripetuta nei miei scritti, e anche l’asserire che sia così ripetuta appartengono a quel sogno>>.

I <<miei scritti>> sono gli scritti di colui che <<è destinato a non sentire la verità>>, ed anche queste espressioni, perciò, <<appartengono a quel sogno>> cioè all’errare.

Per cui TUTTO ciò che di Severino abbiamo sin qui letto, appartiene <<a quel sogno>> e quindi anche tutti gli altri suoi scritti appartengono a quel sogno <<destinato a non sentire la verità>>.

Ora, poiché <<è SOLTANTO il destino>> a mostrare incontrovertibilmente l’esistenza del sogno della terra isolata, appunto perché <<Per indicare l’Errare è necessario esserne AL DI FUORI>>, cioè AL DI FUORI del sogno/errore,

chiedo:

come è possibile che <<all’INTERNO del sogno>> gli scritti di un errante, ossia di colui che <<è destinato a non sentire la verità>>, possano scrivere con verità tutto quanto abbiamo appena letto e che, per esser VERO, <<è necessario>> che tale errante sia <<AL DI FUORI>> del sogno/errore?

Si risponderà:

è possibile perché sempre e ovunque appare il destino come <<ciò soltanto sul cui fondamento l’esistenza del sogno può essere incontrovertibilmente affermata e può apparire>>.

Senonché, quando Severino scrive quest’ultima frase, la scrive (appare) <<all’interno del sogno>> (anche tutti i suoi scritti <<appartengono a quel sogno>>) e non certo al di fuori di esso, come sarebbe stato necessario che fosse…  

E, ricordiamolo ancora:

<<all’interno del sogno>> ( = cioè <<nei miei scritti>>) l’io empirico-Severino

<<è destinato a non sentire la verità>>,

giacché

<<[L]’io individuale non può pensare la verità del destino, ANCHE SE QUESTA È, COME INCONSCIO DELL’INCONSCIO, LA VERITÀ DEL SUO APPARIRE ED ESSERE: l’io dell’individuo non è e non può essere cosciente del proprio essere veritativo. Tale coscienza appartiene SOLO all’Io del destino>>.

(Nicoletta Cusano: Emanuele Severino. Oltre il nichilismo, Morcelliana 2011, pag. 434. Maiuscolo mio: RF).

Pertanto:

- o (aut) l’individuo-Severino è lo stesso Io del destino (e perciò la terra isolata non è affatto isolata dall’Io del destino) che mostra con verità sé stesso nei suoi scritti <<all’interno del sogno>>, pur avendo egli riconosciuto che <<anche questo linguaggio [che testimonia il destino] è stato un errare>> (il che è sufficiente per scartare questa evenienza).

Anche perché Severino (che soltanto per fede/erroneamente sarebbe il loro autore) insiste affermando non-erroneamente (!) che nei suoi scritti si TENTA di testimoniare il destino, quindi afferma implicitamente che il loro autentico autore non è neppure l’Io del destino, altrimenti non sarebbero tentativi o erranze bensì testimonianze sempre necessariamente coronate da successo, giacché chi va per tentativi è sempre ed unicamente l’Errante.

- Oppure (aut) è FALSO che <<all’interno del sogno>> l’individuo-Severino, coi suoi scritti, sia <<destinato a non sentire la verità: in quanto ascoltata da “me”, cioè dalla fede in cui “io” come individuo mortale consisto>>!

Ma, se fosse FALSO, cadrebbe la differenza tra Io del destino-verità ed io individuale-Errante/errore (appunto perché che Severino, come Errante, scriva intorno al non-Errante cioè al destino, implica che egli SAPPIA _ che sia consapevole _ dell’errore e a maggior ragione della verità).

Infatti,

se <<che il sogno della terra isolata esista è soltanto il destino a mostrarlo incontrovertibilmente>>, cioè se l’incontrovertibile ( = l’autonegazione della negazione dell’esser sé dell’essente e del suo differire dall’altro da sé, etc…) apparisse ANCHE <<all’interno del sogno>> ossia a colui (Severino) che <<è destinato a non sentire la verità>>,

allora non avrebbe più alcun senso ritenere l’individuo un errore, né il suo linguaggio un errare, perché egli sarebbe consapevole di ciò di cui è già da sempre consapevole l’Io del destino, visto che <<Tale coscienza appartiene SOLO all’Io del destino>>…

 

 Roberto Fiaschi

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