giovedì 16 marzo 2023

42)- IL PRESENTE DIVENTA ALTRO DA SÉ-PASSATO

Scrive A.V. nel gruppo Facebook Officina di filosofia teoretica (dretspSoona9c5:e5fl66l 430u5r1z35a0255 63oi 2um1tg0042o51r e):

<<LO SO. Che il prima diventi il poi. Che l'essere stato diventi l'esser ora. Che il prima non sia più prima. Che l'essere stato non è più l'esser stato. Perché sono divenuti l'esser poi e l'essere ora. È la follia che a tutti sembra l'evidenza assoluta. Nessuno è disposto a dire che il prima è il poi. E nessuno è disposto a dire che l'essere stato è l'essere ora. Ma poi si dimentica che per diventarlo il prima non è stato ma è (divenutolo) il poi. Strani i sostenitori di un processo in cui definiscono che il prima non SIA il poi ma insieme che lo SIA divenendolo. In actu exercito affermano la differenza tra prima e poi o tra esser stato e esser ora ma in actu signatu la negano. Affermare e negare insieme le differenze o affermare che i differenti sono identici è negazione del primo principio assoluto di non contraddizione e inviolabile per la vera conoscenza. Si decidano. Non vi sembra una follia quella affermazione che si nega da sé e pretende pure di essere il reale che appare? Una CONTRADDIZIONE APPUNTO. Per sostenere che il prima diventi il poi si deve sostenere che il prima non è il poi e sostenere insieme che il prima è il poi. Sostenere l'impossibile divenire>>.

(NOTA: per agevolare la lettura onde evitar di ‘perdersi’, evidenzio coi seguenti tre colori i termini di passato, presente e futuro).

Il tema di questo post (ma vedasi anche il post n° 21) è il DIVENIRE degli ETERNI il quale, secondo Severino, con comporterebbe affatto il <<diventare altro>> da parte di nessun eterno ( = ente), quindi, neppure di quell’ente (qualsiasi esso sia) circa il quale siamo soliti dire che è stato futuro, che è ora presente e che sarà passato, perché nell’ottica severiniana e come ha ben esemplificato A.V. nel suo scritto su riportato, ciascun ente è e resta immutabilmente ciò che da sempre, eternamente è, cosicché severinianamente abbiamo:

(1) x-presente mai diverrà quell’altro da sé che è x-passato;

(2) x-presente mai è stato quell’altro da sé cui è x-futuro;

(3) x-futuro mai diverrà quell’altro da sé cui è x-presente;

(4) x-passato mai è stato quell’altro da sé che è x-presente.

***

In questo post tratterò soltanto del punto (1):

x-presente mai diverrà quell’altro da sé che è x-passato.

Scrive Severino: <<il presente non diventa un passato, non diventa altro da sé: ciò che incomincia ad apparire come passato è l’incominciare ad apparire di ciò che eternamente è un passato e che permane nel  presente, nel senso che ha in comune col presente quei tratti che è necessario che appaiano affinché il presente possa apparire come sopraggiungente>> - (E. Severino: Oltrepassare, Adelphi, pag. 340).

Come evitare, dunque, la (presunta) contraddizione secondo la quale x-presente sia divenuto quell’altro da sé cui è x-passato?

La soluzione di Severino l’abbiamo appena letta.

Funziona?

Temo di no.

L’<<incominciare ad apparire di ciò [x-passato] che eternamente è un passato>>, sopraggiunge su ciò (su x-presente) che non può mai diventare quell’altro da sé cui è x-passato.

Quindi, l’<<incominciare ad apparire di ciò [x-passato] che eternamente è un passato>>, sopraggiungendo, NON trasforma x-presente facendolo diventare x-passato e insieme (simul) LO TRASFORMA in x-passato, perché adesso, essendo sopraggiunto x-passato, x-presente NON è più presente.

Certo, l’<<incominciare ad apparire di ciò che eternamente è un passato>> <<permane nel presente>>, ossia x-presente continua ad apparire come x-presente, altrimenti non potremmo indicare il passare di x senza riferirlo a ciò (x-presente) che non passa.

Ma adesso domandiamoci:

cominciando ad apparire x-passato come <<ciò che eternamente è un passato e che permane nel presente>>, x-presente continua forse a restar IDENTICO a lo x-presente COME ERA PRIMA che cominciasse ad apparire x-passato?

No: l’allieva di Severino, la prof.ssa Nicoletta Cusano, scrive:

<<è necessario affermare che ciò [x-presente] che non appare più [poiché è ormai passato e quindi adesso appare x-passato] continua ad apparire, seppure diversamente da come appariva [quando appariva come x-presente], ed è presente in ciò [in x-passato] che sopraggiunge proprio in quanto sopraggiunge: è, per così dire, la natura del sopraggiungere a portare con sé la necessità di quel permanere [di x-presente], di quel continuare a essere presente [da parte di x-presente]. Il sopraggiungere [di x-passato], proprio in quanto tale, non può che includere l’apparire di ciò [di x-presente] che non appare più [poiché adesso è apparso/è sopraggiunto x-passato]. Ciò [x-presente] che non appare più smette di essere presente [smette di esser x-presentecome era prima [che sopraggiungesse x-passato], ma continua a essere presente [continua ad esser x-presente] come contenuto incluso o implicato in ciò [in x-passato] che sopraggiunge: ciò [x-presente] che non appare più [poiché è passato] continua ad apparire [ad esser presente], ossia permane presente], nel sopraggiungente [in x-passato]>>.

(N. Cusano: Emanuele Severino. Oltre il nichilismo. Morcelliana; pag. 327).

X-presente, che continua <<a essere presente come contenuto incluso o implicato in ciò [in x-passato] che sopraggiunge>> DIFFERISCE da x-presente <<che non appare più>> (nonostante il permanere degli elementi tra loro identici o comuni) il quale, perciò, <<smette di essere presente come era prima [cioè prima che sopraggiungesse x-passato]>>.

Questo cessar <<di essere presente come era prima>> indica l’esser ormai DIVENTATO un passato da parte di x-presente-come-era-prima, ove il come-era-prima è appunto lo x-presente come era prima che sopraggiungesse x-passato.

Dunque, x-presente deve TRASFORMARSI DIVENTANDO x-passato, giacché se mai x-presente diventasse altro da sé (cioè x-passato), allora mai potremmo ritener che x-presente <<smetta di essere presente come era prima>> che sopraggiungesse x-passato, appunto perché x-presente sarebbe rimasto nella sua eterna ed indivenibile permanenza come x-presente, quindi non avrebbe potuto cessare <<di essere presente come era prima>>. 

Secondo la Cusano, abbiamo x-presente il quale <<continua a essere presente come contenuto incluso o implicato in ciò [in x-passato] che sopraggiunge>> e che <<continua [x-presente] ad apparire, ossia permane, nel sopraggiungente [cioè in x-passato]>>.

Per cui, attenzione:

x-presente <<continua ad apparire>> (continua ad essere x-presente) sì, ma NON come era prima!

Cosa vuol dire?

Vuol dire che l’esser presente da parte di x come era prima che sopraggiungesse x-passato può essere oramai un passato soltanto nel senso che è DIVENUTO altro da sé, appunto perché il suo (di x-presente) continuare <<a essere presente come contenuto incluso o implicato in ciò [in x-passato] che sopraggiunge>> di modo che x-presente continui <<ad apparire, ossia permane, nel sopraggiungente [in x-passato]>>, costituisce l’esser passato di x-presente nell’accezione severiniana (a suo dire non-nichilistica),

ma in tal caso quel residuo di x-presente che invece <<smette di essere presente come era prima [cioè quando era x-presente]>> non potrà che esser DIVENUTO ormai un passato nel senso nichilistico o non-severiniano, altrimenti x-presente-come-era-prima continuerebbe ad apparire precisamente e letteralmente <<come era prima>>, e non come <<contenuto incluso o implicato in ciò [in x-passato] che sopraggiunge>>.

Pertanto, è proprio in virtù del loro innegabile differenziarsi, che x-presente DIVENTA x-passato ANCHE nel divenire severiniano inteso, cioè, come l’apparire e lo scomparire degli eterni…

 

Roberto Fiaschi

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