lunedì 17 aprile 2023

49)- CONTRADDITTORIETÀ DEL DIVENIRE DEGLI ETERNI


Proseguo il discorso affrontato nel post n°
42, volto a mostrare come nemmeno il divenire severiniano degli eterni _ anzi, soprattutto esso _ riesca a prescindere dalla cosiddetta nichilistica TRASFORMAZIONE di un ente in altro da sé, non riuscendo, perciò, ad evitare una sia pur minima nientificazione / trasformazione-in-altro-da-sé da parte dell’ente nel suo divenire.

Nella filosofia di Emanuele Severino, ogni ente (x), essendo eterno, è (esiste) anche quando non appare ancora, cioè anche quando non è ancora presente.

Non esser ancora presente vuol dire che x è ancora futuro.

Come detto, secondo Severino l’ente (qualsiasi ente), non può mai TRASFORMARSI in altro-da-sé.

Per cui neppure x-futuro potrà mai diventare (trasformarsi in) x-presente, né x-presente è mai stato x-futuro.

Stante che, sempre secondo il filosofo bresciano, x-presente è già da sempre esistente pur non apparendo ancora come x-presente, così come x-futuro mai cesserà di esser x-futuro, nemmeno quando x sarà presente.

Tale non-apparire-ancora ( = il non esser presente) di x-presente è il suo essere ancora futuro.

Il futuro, perciò, è l’incominciare ad apparire (ad esser presente) di ciò che eternamente è un presente, ossia è l’incominciare ad apparire del NON ESSERE ANCORA PRESENTE (DEL NON APPARIRE ANCORA) DI CIÒ (DI X) CHE ETERNAMENTE È X-PRESENTE, PUR NON APPARENDO ATTUALMENTE COME PRESENTE IN QUANTO ANCORA FUTURO.

In forza della (presunta) impossibilità che un ente si trasformi nel proprio altro, qui mi intrattengo sui punti (2) e (3) che ho indicato (vedi) nel post n° 42 e che, secondo l’ottica eternista severiniana, li ho formulati così:

(2) l’ente x-presente, mai è stato quell’altro da sé cui è l’ente x-futuro,

giacché, se lo fosse stato, avrebbe comportato, per x-presente, di esser precedentemente stato quell’altro da sé cui è x-futuro, contravvenendo perciò al dettato dell’ontologia severiniana.

(3) x-futuro mai diverrà quell’altro da sé cui è x-presente,

giacché, se lo divenisse, comporterebbe che x-futuro divenga contraddittoriamente quell’altro da sé cui è x-presente, cessando così di essere x-futuro, cosicché x-presente sarebbe stato il risultato di una trasformazione, contravvenendo nuovamente al dettato dell’ontologia severiniana.

Ognuno di essi è da sempre e sempre resterà nella propria immutabile/eterna posizione/identità di x-presente e di x-futuro.

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Dunque x-presente, che è sempre stato identico a sé cioè è sempre stato x-presente pur non apparendo ancora come presente, per non costituirsi come il risultato di una TRASFORMAZIONE (di un DIVENIRE) da futuro a presente, deve potersi dire presente _ allorché sia fattosi presente _ senza MUTARE la propria identità da futura a presente.

Giacché è evidente: x-presente non appare da sempre COME presente, perché ha cominciato ad essere presente soltanto da un certo momento in poi, sì che, prima che cominciasse ad esser presente, esso fosse ancora futuro.

Schema riassuntivo

(A1) x-futuro:

è l’incominciare ad apparire di ciò (di x-presente) che eternamente è un presente nel cerchio dell’apparire, pur non apparendovi ancora come presente poiché è ancora futuro;

(B1) x-presente:

è l’esser presente di x-presente nel suo esser sempre stato, eternamente un presente;

(C1) x-passato:

è <<l’incominciare ad apparire di ciò che eternamente è un passato e che permane nel presente>>. (E. Severino: Oltrepassare. Adelphi, pag. 340).

 

CRITICA


Domandiamoci:

(A2) COSA NE È di x-futuro cioè del suo non essere ancora apparso ( = del suo non esser ancora presente) ADESSO che (o UNA VOLTA che) x è finalmente presente?

(B2) COSA NE È di x-presente allorquando appare soltanto (è presente soltanto) x-futuro?

(C2) Per x-passato, vedasi post n° 42.

Infatti, UNA VOLTA che x sia apparso nel cerchio dell’apparire finito e sia, perciò, indicabile come x-presente, x-futuro cioè il non essere ancora apparso come ciò che è da sempre x-presente, non può restare immutabilmente x-futuro, altrimenti x-presente non sarebbe sopraggiunto (non sarebbe presente), visto che, per poter essere sopraggiunto come presente, esso deve esser prima stato x-futuro.

L’esser adesso presente da parte di x, comporta che x-futuro sia ormai un passato, appunto perché x-presente è sopraggiunto su x-futuro, rendendo quest’ultimo un passato.

Rendere x-futuro un passato, vuol dire che x-futuro, essendo ormai passato, sia altresì designabile _ secondo la descrizione di Severino _ come

<<l’incominciare ad apparire di ciò che eternamente è un passato e che permane nel presente>> (vedi post n° 42).

Cioè:

x-futuro, che è, ripetiamo, l’incominciare ad apparire di ciò (di x-presente) che eternamente è un presente nel cerchio dell’apparire, pur non apparendovi ancora come presente poiché è ancora futuro, è altresì (contro Severino) l’incominciare ad apparire di ciò che eternamente è un passato e che permane nel presente!

L’eterno ed immutabile x-futuro è anche eternamente ed immutabilmente x-passato, giacché, nel sopraggiungere di x-presente, ad x-futuro non rimane altro che DIVENIRE un passato, visto che, se restasse nell’eterna posizione di x-futuro, allora, sopraggiungendo x-presente e restando x-futuro eternamente nella sua posizione di x-futuro, avremmo la completa INSENSATEZZA della posizione di x-futuro, proprio perché x-presente sarebbe presente senza che x-futuro cessi di esser tale per poter divenire presente.

In tal caso, x-presente non è mai stato futuro, perché se x-presente sopraggiunge senza che x-futuro DIVENGA x-presente, allora ciò vuol dire che x-presente NON È MAI sopraggiunto ossia NON È MAI stato futuro!

Per poter essere stato futuro e POI presente, x-presente DEVE esser STATO quell’altro da sé cui è x-futuro, e x-futuro DEVE esser DIVENUTO quell’altro da sé cui è x-presente.

L’incominciare ad apparire da parte di x-presente non può non comportare una TRASFORMAZIONE (in altro da sé) da x-futuro a x-presente, perché anche se Severino ritiene che x-presente rimanga sempre immutabilmente identico a sé ( = x-presente) anche quando non appare (anche quando non è presente), ciò non toglie che x-presente sia ancora futuro, ossia che x-presente, rispetto al presente in relazione al quale x-(che è da sempre un)-presente, non è ancora presente, è ancora un futuro. 

Cosicché, x-presente, che appare come ancora x-futuro, DEVE esser LO STESSO IDENTICO (altro da sé cui è) x-futuro che apparirà (che sarà presente) come x-presente, altrimenti x-presente non comincerebbe ad esser o ad apparire tale poiché lo sarebbe da sempre (presente), sì che il suo incominciare ad apparire come presente sia il suo esser stato futuro.

Si obietterà che l’esser da sempre presente da parte di x-presente, appare proprio con l’incominciare ad apparire di x-presente cioè con l’incominciare ad apparire del suo (di x-presente) essere da sempre stato x-presente.

Senonché vi è un momento in cui questo esser da sempre presente da parte di x-presente non è ancora presente, proprio perché non ha incominciato ad apparire come tale, essendo infatti ancora futuro.

Concludendo:

x-presente non è mai stato quell’altro da sé cui è x-futuro ( questi è mai DIVENUTO quell’altro da sé cui è x-presente) è mai stato quell’altro da sé cui è x-passato ( questi è mai stato x-presente),

ED AL CONTEMPO/INSIEME

x-presente è stato quell’altro da sé cui è x-futuro (e quest’ultimo è DIVENUTO quell’altro da sé cui è x-presente), ed è DIVENUTO quell’altro da sé cui è x-passato (e quest’ultimo è stato x-presente)!

Insomma, il divenire degli eterni è MASSIMAMENTE CONTRADDITTORIO, molto più radicalmente del cosiddetto divenire nichilistico, proprio per la (presunta) impossibilità della TRASFORMAZIONE in altro.

 

Roberto Fiaschi

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