mercoledì 7 giugno 2023

61)- NON SUSSISTE LA NEGAZIONE DELLA VERITÀ NÉ LA SUA (DI TALE NEGAZIONE) AUTONEGAZIONE

 

La struttura originaria tematizzata da Emanuele Severino è ritenuta esser innegabile, giacché la sua negazione comporterebbe l’autonegazione da parte del negatore.

Sì, a patto, però, che il suo negatore SAPPIA la verità da negare.

Ed è proprio internamente al sistema filosofico severiniano che tale negatore NON PUÒ SAPERE alcunché di essa.

Perché?

Perché, secondo Severino, il negatore ( = ogni individuo: il mortale) è ERRORE, con l’aggravante di ignorar di esser tale, cosicché NULLA possa SAPERE della verità da negare, essendo SOLTANTO la verità a SAPERE dell’errore e di .

E chi/cos’è l’errore?

L’errore è colui/ciò che è IMPOSSIBILITATO a conoscere la verità;

è colui/ciò che IGNORA la verità.

Quindi sì, l’errore è negazione della verità ed in tal senso sussiste, ma come mera PARVENZA giacché, NON SAPENDO di esser negazione della verità, grazie alla quale saprebbe della verità nonché di sé come negazione di essa, è come se non esistesse, essendo infatti simile a quella <<pianta (phyton)>> di aristotelica memoria, incapace di proferire parola contro la verità che IGNORA, cosicché NON possa neppure negarla , quindi, autonegarsi.

Se l’errore sapesse di sé in quanto negazione della verità, cesserebbe di essere (o non sarebbe mai stato) errore, perché _ secondo Severino _ tra verità ed errore NON si dà un terzo, per cui sarebbe esso stesso verità, o indistinguibile da essa.

È sì vero che, secondo l’errore-Severino, l’errore è SAPUTO ( = appare) sul fondamento dell’apparire della verità.

Tuttavia, anche il SAPERE ( = l’apparire) di questa verità è SAPUTO SOLTANTO dalla ( = appare SOLTANTO alla) verità, NON da(a)ll’errore-Severino.

E poi, siccome ciò è saputo e detto dall’errore-Severino che ne ha scritto, allora, che l’errore sia SAPUTO ( = appaia) sul fondamento dell’apparire della verità, sarà a sua volta:

(1)- o una non-verità, un errore;

(2)- oppure, se fosse verità, l’errore NON sarebbe errore bensì verità.

Lo aveva ben capito Blaise Pascal:

<<Se l’uomo non fosse mai stato corrotto [in termini severiniani: errore], godrebbe sicuro, nella propria innocenza, della verità e della felicità. E se fosse sempre stato corrotto, NON AVREBBE NESSUNA IDEA DELLA VERITÀ né della felicità>>. (Pensieri 434. Maiuscolo mio: RF).

A ciò, Severino replica che la negazione della verità ( = l’errore) sia da sempre UNITA/INSIEME alla verità circa la quale si pone come negazione. Ma ciò non fa che riconfermare come tale negazione SAPPIA della verità da negare, essendo da essa inscindibile e quindi avendola sempre dinanzi, e ciò dovrebbe condurre a riconoscere _ contro Severino _ che l’errore, negante la verità, sia ben CONSAPEVOLE della ( = gli appaia la) verità da negare.

Ciò comporta però che l’errore NON sia (più, o mai stato) errore o negazione   della verità, ma che sia UNO con essa, indistinguibile da quest’ultima, appunto perché il presunto errore (o la presunta negazione) SA DI SÉ come errore/negazione della verità e perciò SA della verità; SA la verità, può TESTIMONIARLA, cosicché NON POSSA ESSERNE SUA NEGAZIONE:

sarebbe come se negasse sé stesso…

Pertanto, internamente al sistema severiniano, data l’imprescindibilità dell’errore, paradossalmente NON PUÒ ESISTERE alcuna REALE negazione autonegantesi della verità, ma soltanto una PARVENZA di negazione, una FINTA negazione, una negazione APPARENTE, ILLUSORIA che, in realtà, prima ancora d’esser negazione, l’errore è già posto (ab origine) come AFFERMAZIONE della verità pur paludandosi come sua negazione (cosicché tale verità non sarà neppure AUTENTICA verità bensì anch’essa PARVENZA, appunto perché priva di REALE negazione grazie alla quale determinarsi come verità-e-negazione-dell’errore). 

Quindi la negazione della verità non è negazione di essa , perciò, è negazione autonegantesi, appunto perché l’errore non può negare ciò che IGNORA.

Ricapitolando:

(A)- o noi umani NON siamo errori;

e allora sappiamo (siamo consci de) la verità del destino e perciò NON possiamo negarla, sì che, come detto, NON esista alcuna negazione di essa, , perciò, alcuna verità del destino.

(B)- Oppure, siamo errori;

e allora NON possiamo negare ciò che ignoriamo, NON sappiamo di (non abbiamo accesso ad) alcuna verità del destino; dunque, NON possiamo negarla autonegandoci perché, se la negassimo, la conosceremmo, e perciò saremmo come al punto (A), cioè l’errore sarebbe verità (la verità NON può negare se stessa, altrimenti essa sarebbe al contempo verità-e-non-verità, o al contempo affermante sé stessa e negante sé stessa).    

 

Roberto Fiaschi

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