mercoledì 2 agosto 2023

69)- DIALOGO CON ANGELO SANTINI SUL RAPPORTO SEVERINIANO “ERRORE-VERITÀ”


Intendo commentare la replica di Angelo Santini ( = AS) al precedente post n° 68:

DIALOGO CON GIULIO GOGGI SUL RAPPORTO SEVERINIANO “ERRORE-VERITÀ”.

Scrive AS:

<<In risposta alle obiezioni di Roberto: l'Io del Destino che siamo, in quanto è finito, è caratterizzato dall'apparire del contrasto tra la verità e l'errore. Questo percorso è il risolvimento della contraddizione C, che appare come se fosse in progressivo nella prospettiva interna del nostro Io del Destino, mentre risulta al contempo già eternamente dispiegato e compiuto nella dimensione dell'apparire infinito. Il fatto che lo stesso Io del Destino possa, da una parte, comprendere la verità del Destino indicata negli scritti di Severino e dall'altra possa comunque trovarsi a sperimentare la persuasione di credere vero un errore dipende semplicemente dalla contraddizione C, ovvero dal fatto che la verità che appare nell'Io finito del Destino è il concreto dell'astratto, che pur essendo un tratto della verità, non coincide con la verità che appare nello sguardo dell'apparire infinito. Questo scarto tra il modo di apparire finito e processuale di un tratto della verità del Destino, nell'io finito del Destino, è responsabile anche del fatto che, in quanto la verità appare processualmente, possa comportare anche l'apparire di momenti in cui vi sia la persuasione che la verità sia errore e viceversa (questo spiegherebbe come mai il contenuto indicato negli scritti di Severino possa essere qualcosa di testimoniato dal suo Io del Destino e che nonostante ciò il loro sviluppo processuale sia stato caratterizzato da alcune correzioni. Tuttavia, la correzione di quelli che potrebbero sembrare errori in alcuni testi di Severino non sarebbe altro che l'apparire di strati più profondi della verità del Destino non apparsi in precedenza. Per questo non segue che, se il contenuto indicato negli scritti di Severino fosse stato testimoniato dallo stesso Destino, allora risulterebbe che il Destino stesso possa sbagliarsi perché noi, pur essendo Destino, siamo un suo modo finito di essere tale e nel quale la verità, pur essendo inconsciamente presente e sfondo dell'intero percorso, si mostra processualmente in una dialettica caratterizzata esattamente dal progressivo risolvimento della contraddizione C)>>.

Inoltre:

<<Sono d'accordo che l'io empirico non possa comprendere la verità, e difatti ritengo che sia l'Io del Destino il solo a poter comprendere la verità del Destino stesso, ma senza che ciò comporti che il Destino stesso sia effettivamente in errore (pur quando nel nostro Io finito del Destino appare la persuasione nell'errore). Se infatti si considera il percorso del nostro Io finito del Destino come già dispiegato e compiuto (ovvero, per come è realmente nello sguardo dell'apparire infinito), allora il nostro Io del Destino non risulta mai veramente in errore perché qualsiasi persuasione nell'errore possa apparire, è già da sempre congiunta al suo oltrepassamento nella verità sopraggiungente che ne mostra l'autonegazione. Se non si isola l'errore dal suo essere momento astratto della posizione concreta della verità, risulta che l'Io finito del Destino si trovi sempre e innanzitutto nel fondamento della verità e che le persuasioni nell'errore siano parti della posizione concreta della verità>>.

Innanzitutto, prendo atto con piacere del suo accordo, ove afferma:

<<Sono d'accordo che l'io empirico non possa comprendere la verità, e difatti ritengo che sia l'Io del Destino il solo a poter comprendere la verità del Destino stesso>>;

tale riconoscimento non è poco, anzi, È TUTTO.

Naturalmente, AS converrà che l’io empirico sia CIASCUNO DI NOI che ci troviamo qui a dibattere, leggendo e scrivendo, per cui lasciamolo un momento da parte, e concentriamoci sull’Io del destino il quale è <<il solo a poter comprendere la verità del Destino stesso>>.

Scrive Severino che il <<cerchio finito dell’apparire del destino>> o <<Io del destino>>, <<è la stessa verità originaria>> solo sul cui fondamento <<può apparire la non verità in cui consiste l’io empirico>>, per cui, ripetiamolo, <<l’Io finito del destino è il cerchio finito della verità>> il cui inconscio è <<l’apparire infinito>> (Severino: La Gloria, pp. 59 ss).

Se il cerchio finito del destino è <<in contraddizione con sé stesso>>, come osservava AS parlando della contraddizione C, l’io dell’individuo o io empirico, invece, <<è la contraddizione della non verità>> il quale <<esiste soltanto come contenuto di una fede _ come contraddizione, essere in contraddizione da parte di una fede>> (Severino: La Gloria).

Senonché, gli ERRORI teoretici emersi negli scritti di Severino attengono NON tanto alla costitutiva ed ineliminabile contraddizione C del finito (sebbene essa funga da loro premessa), bensì, piuttosto, alla <<contraddizione della non verità>> cui è l’io empirico-Severino (e tutti noi).

AS nega che <<che il Destino stesso sia effettivamente in errore (pur quando nel nostro Io finito del Destino appare la persuasione nell'errore)>>.

Anche ammettendo per un momento che tale destino NON sia MAI in errore, sta però di fatto che nei testi severiniani ( = nella testimonianza del destino) sono comparsi errori (vedasi post n° 70).

Ciò deve voler dire:

(a)- o che tali scritti siano testimonianze dell’io empirico-errore-Severino, e allora si spiegano quegli errori;

(b)- oppure sono testimonianze dell’Io finito del destino cioè della <<stessa verità originaria>>, ma allora NON è più possibile sostener l’impossibilità <<che il Destino stesso sia effettivamente in errore>>.

AS precisa che l’<<Io del Destino non risulta mai veramente in errore>> giacché <<risulta che l'Io finito del Destino si trovi sempre e innanzitutto nel fondamento della verità>>;

ma, se così, allora gli errori nella testimonianza del destino presente negli scritti di Severino non può che essere la testimonianza dell’errore-io empirico, anziché dell’Io del destino.

Per cui non è accettabile l’osservazione secondo la quale

<<Il fatto che lo stesso Io del Destino possa, da una parte, comprendere la verità del Destino indicata negli scritti di Severino e dall'altra possa comunque trovarsi a sperimentare la persuasione di credere vero un errore dipende semplicemente dalla contraddizione C, ovvero dal fatto che la verità che appare nell'Io finito del Destino è il concreto dell'astratto, che pur essendo un tratto della verità, non coincide con la verità che appare nello sguardo dell'apparire infinito>>,

perché l’Io del destino NON può MAI <<trovarsi a sperimentare la persuasione di credere vero un errore>>, non solo perché esso <<non crede in nulla>> tout court (Severino: Intorno al senso del nulla, pag. 211), giacché l’Io del destino <<non crede in nessuno dei contenuti del destino che il linguaggio testimoniante il destino va indicando>> (idem), quindi non può nemmeno <<credere vero un errore>>, ma altresì perché CHI crede vero un errore (senza neppur sapere di esser errore) è soltanto l’io empirico-errore, ossia colui che tenta di testimoniare il destino.

Per cui tutto ciò NON <<dipende semplicemente dalla contraddizione C>>, bensì, all’opposto, dipende dalla <<non verità in cui consiste l’io empirico>> (Severino: La Gloria, cit.).

Pertanto, che <<la verità appa[ia] processualmente>> e quindi che <<possa comportare anche l'apparire di momenti in cui vi sia la persuasione che la verità sia errore e viceversa>> è evenienza che NON intacca l’Io del destino (il quale, ripeto, <<non crede in nessuno dei contenuti del destino che il linguaggio testimoniante il destino va indicando>> e perciò, men che meno, crede <<che la verità sia errore e viceversa>>), ma spetta SOLTANTO alla <<non verità in cui consiste l’io empirico>>, altrimenti AS NON avrebbe potuto scrivere:

<<ritengo che sia l'Io del Destino il solo a poter comprendere la verità del Destino stesso>>.

Quindi, l’Io del destino e la sola contraddizione C NON spiegano

<<come mai il contenuto indicato negli scritti di Severino possa essere qualcosa di testimoniato dal suo Io del Destino e che nonostante ciò il loro sviluppo processuale sia stato caratterizzato da alcune correzioni>>,

giacché a spiegare tali errori e correzioni è innanzitutto l’IMPOSSIBILITÀ che l'io empirico <<possa comprendere la verità>> che intende testimoniare, tant’è vero che, ricordo ancora una volta, lo stesso AS ha affermato esser <<l'Io del Destino il solo a poter comprendere la verità del Destino stesso>>…

Concludendo.

Gli errori teoretici di Severino NON possono perciò essere scambiati per <<l'apparire di strati più profondi della verità del Destino non apparsi in precedenza>> poiché, in questo caso , il non-apparire di quegli <<strati più profondi>> chiama in causa soltanto la contraddizione C.

 

Roberto Fiaschi

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