Al mio post n° 111, EGON KEY ( = EK) ha replicato come segue:
<<IL SEDICENTE PUNTO 2) DI FIASCHI>>.
Egli comincia riportando un mio passaggio:
<<2)- L’infinito ‘vede’ x esattamente COME lo vediamo
noi nel finito ED ALTRESÌ lo vede LIBERO dalla contraddizione C, ossia lo
‘vede’ insieme alla totalità delle sue costanti, l’apparire simultaneo delle
quali, perciò, TOGLIEREBBERO (avrebbero da sempre tolto) la contraddizione C di
x nell’infinito>>.
E aggiunge:
<<Da ciò ne deduce [cioè io, RF, dedurrei
erroneamente] quanto segue:
“Ma, se fosse così, nell’apparire infinito avremmo DUE enti-x
reciprocamente DIFFERENTI e solo UNO dei quali apparirebbe nella sua
concretezza _ cioè l’ente-x ‘visto’ nell’apparire infinito insieme alla
simultaneità di tutte le sue (di x) infinite costanti; ciò, in forza del fatto
che, secondo Severino, un ente NON POSSA MAI DIVENTARE (TRASFORMARSI in) un
altro”>>.
EK prosegue perciò così:
<<Nonostante le ripetute osservazioni, non si è
riusciti nell'intento di fargli comprendere:
A) che non si questionava l'apparire, nell'apparire infinito,
degli essenti della terra isolata come essenti della terra isolata (nonché il
loro apparire come essenti connessi alla totalità dell'essente), ma che
"questo", che è "altro" in quanto isolato, non è un "duplicato"
nell'apparire infinito, ma, appunto, lo "STESSO ESSENTE";
B) che, dunque, NON vi sono <<DUE enti-x reciprocamente
DIFFERENTI e solo UNO dei quali apparirebbe nella sua concretezza _ cioè
l’ente-x ‘visto’ nell’apparire infinito insieme alla simultaneità di tutte le
sue (di x) infinite costanti; ciò, in forza del fatto che, secondo Severino, un
ente NON POSSA MAI DIVENTARE (TRASFORMARSI in) un altro.>>
C) che, pertanto, l'oltrepassamento concreto della
contraddizione NON esclude la DIFFERENZA tra l'essente che appare nel suo non
essere oltrepassato e "QUESTO STESSO ESSENTE" che invece appare nella
dimensione che lo oltrepassa. Quella "differenza", infatti, è la
stessa contraddizione tra il destino e l'isolamento della terra (giacché il
destino è la FORMA del contrasto), ma la contraddizione (ogni contraddizione)
può apparire solo in quanto appare COME NEGATA. Magari vuoi discuterla sul tuo
profilo>>.
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Ahimé, temo sia lui a non aver capito.
Vediamo, però.
Per quanto riguarda il punto A, non ho inteso parlare
di DUPLICATI, sebbene EK l’abbia misinterpretato così.
Infatti,
<<"questo", che è "altro" in
quanto isolato>>, cioè <<"questo">>
nostro apparire finito isolato, nel modo in cui esso ci appare e con esso gli
enti ivi avvicendantisi, è ESATTAMENTE <<lo "STESSO ESSENTE">> ( = lo STESSO x isolato) che appare (che
DEVE apparire ANCHE) nell’apparire INFINITO.
Nel mio ‘famigerato’ punto (2), lo avevo espresso CHIARAMENTE:
<<2)- L’infinito
‘vede’ x ESATTAMENTE
COME lo
vediamo noi nel finito>>;
ANCORA DUBBI?
Scrivere, come ho scritto, che
<<L’infinito ‘vede’ x ESATTAMENTE COME lo vediamo noi nel finito>>,
è la STESSISSIMA
cosa che dire:
<<che "questo" [x], che è
"altro" in quanto isolato, non è un "duplicato"
nell'apparire infinito, ma, appunto, lo "STESSO ESSENTE">>.
APPUNTO! ED È CIÒ CHE HO PRECISAMENTE SCRITTO!
Ma sappiamo leggere l’italiano oppure ci vuole qualche lingua
creata ad hoc?
Che cosa avrei voluto dire, altrimenti, ove ho scritto che
<<L’infinito ‘vede’ x ESATTAMENTE COME lo
vediamo noi nel finito>>???
Se l’infinito ‘vede’ x ESATTAMENTE COME lo vediamo noi nel finito, ciò
vorrà dire che x non è un <<DUPLICATO nell'apparire infinito, ma, appunto, lo "STESSO
ESSENTE">> che appare nel finito!
Dopodiché, EK afferma che io DEDURREI (presupponendo che mi
stia sbagliando), che:
<<Ma, se fosse così, nell’apparire infinito avremmo DUE
enti-x reciprocamente DIFFERENTI e solo UNO dei quali apparirebbe nella sua
concretezza _ cioè l’ente-x ‘visto’ nell’apparire infinito insieme alla
simultaneità di tutte le sue (di x) infinite costanti; ciò, in forza del fatto
che, secondo Severino, un ente NON POSSA MAI DIVENTARE (TRASFORMARSI in) un
altro>>.
Ma questi DUE enti-x reciprocamente DIFFERENTI sono l’apparire
finito isolato dal tutto e LO STESSO apparire finito in concerto con il tutto,
dove il PRIMO di questi due <<non è un "duplicato" nell'apparire infinito, ma,
appunto, lo "STESSO
ESSENTE">>, cioè il primo che ho testé menzionato!!!
Più chiaro adesso?
Se l’infinito non ‘vedesse’ l’apparire finito sotto ENTRAMBI
gli aspetti, cioè se esso non ‘vedesse’ x isolato e LO STESSO
x in compagnia con il tutto,
allora all’apparire infinito MANCHEREBBE una parte, ossia mancherebbe dell’x isolato il quale, invece, non può
mancare, ma NON come un DOPPIONE bensì come QUELLO STESSO x isolato che (ci) appare qui ed ora!
Al punto B, EK, riportando nuovamente un mio brano,
afferma (in grassetto):
<<che,
dunque, NON vi sono “DUE enti-x reciprocamente DIFFERENTI e solo UNO
dei quali apparirebbe nella sua concretezza _ cioè l’ente-x ‘visto’
nell’apparire infinito insieme alla simultaneità di tutte le sue (di x)
infinite costanti; ciò, in forza del fatto che, secondo Severino, un ente NON
POSSA MAI DIVENTARE (TRASFORMARSI in) un altro”>>.
Santo Cielo, MA COME <<NON vi sono “DUE enti-x reciprocamente
DIFFERENTI e solo UNO dei quali apparirebbe nella sua concretezza”>>???
Esiste o non esiste l’apparire finito isolato e LO STESSO
apparire non-isolato cioè libero dalla contraddizione C???
DOVE appare QUESTO STESSO
apparire finito in queste DUE ‘modalità’ (isolato e non isolato)???
DOVE??? Se non nell’onnicomprensivo apparire infinito?
Perché se in questo apparire infinito <<NON vi sono “DUE
enti-x reciprocamente DIFFERENTI”>>, ciò vorrà dire che l’apparire finito
(x) appare nell’infinito SIMULTANEAMENTE
ISOLATO-E-NON-ISOLATO!
E questa sarebbe UN’ULTERIORE CONTRADDIZIONE, fatale per l’impianto
severiniano!
Infine, scrive EK al punto C:
<<C) l'oltrepassamento concreto della contraddizione
NON esclude la DIFFERENZA tra l'essente che appare nel suo non essere
oltrepassato e "QUESTO STESSO ESSENTE" che invece appare nella
dimensione che lo oltrepassa. Quella "differenza", infatti, è la
stessa contraddizione tra il destino e l'isolamento della terra (giacché il
destino è la FORMA del contrasto), ma la contraddizione (ogni contraddizione)
può apparire solo in quanto appare COME NEGATA>>.
Aridaje!
Ma dire che
<<l'oltrepassamento concreto della contraddizione
NON esclude la DIFFERENZA tra l'essente che appare nel suo non essere
oltrepassato e "QUESTO STESSO ESSENTE" che invece appare nella
dimensione che lo oltrepassa>>
IMPLICA PRECISAMENTE la COM-PRESENZA _ nell’apparire infinito _ della
<<DIFFERENZA tra l'essente che appare nel suo non essere oltrepassato
e "QUESTO STESSO ESSENTE" che invece appare nella dimensione che lo
oltrepassa>>!!!
Giacché tale DIFFERENZA è essa stessa a sancire la presenza
di DUE
essenti DEL MEDESIMO essente,
infatti DEVONO apparire:
SIA <<l'essente che
appare nel suo non essere oltrepassato>> cioè x isolato,
SIA <<"QUESTO
STESSO ESSENTE" che invece appare nella dimensione che lo oltrepassa>>.
Poiché questi aspetti del MEDESIMO essente sono DUE in quanto
DIFFERISCONO, ecco allora l’inevitabile loro COM-PRESENZA internamente all’apparire infinito
il quale DEVE ‘vedere’ tutto, OGNI aspetto, isolato o meno astratto o meno!
Che poi la <<contraddizione (ogni contraddizione)
può apparire solo in quanto appare COME NEGATA>>, lo avevo già preso
in considerazione e commentato nel precedente post a cui rimando.
Roberto Fiaschi
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