Nuovamente, EGON KEY ( = EK) prosegue la sua replica al mio post n° 111, che egli intitola:
<<IL SEDICENTE PUNTO 2) DI FIASCHI (parte III)>>.
Piccola osservazione pedantesco-polemica, me ne scuso.
Che cosa C’ENTRI scrivere <<SEDICENTE>>,
resta al momento un mistero, giacché quell’aggettivo significa:
<<Che dice di essere, che si spaccia per qualcuno,
che si attribuisce cioè titoli, generalità, qualifiche, qualità che non sono o
che si sospettano non essere rispondenti a quelle reali>> (https://www.treccani.it/vocabolario/sedicente/).
O anche: <<Che dice di essere, che si vanta di
essere ciò che non è: un sedicente.
medico>> (https://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/S/sedicente.shtml).
Infatti, NÉ io NÉ quel mio punto (2) a cui EK si riferisce ci
SPACCIAMO per alcunché, se non di voler effettuare una critica appunto espressa
al punto (2);
il (2) NON SI ATTRIBUISCE <<titoli, generalità, qualifiche,
qualità che non sono o che si sospettano non essere rispondenti a quelle reali>>,
giacché quel punto ha semplicemente prospettato un’alternativa rispetto agli
altri due.
Inoltre, esso <<non si vanta di essere ciò che non è>>,
non solo perché NON SI VANTA tout court (dove e a che pro?), ma
altresì perché si mostra semplicemente per ciò che esso è, ossia, ripeto, un’alternativa
rispetto ad altre…
Pertanto sarebbe auspicabile un utilizzo dei termini più ponderato…
Dunque, EK scrive quanto segue, introducendo una mia
citazione:
<<2)- L’infinito ‘vede’ x esattamente COME lo vediamo noi nel
finito ED ALTRESÌ lo vede LIBERO dalla contraddizione C, ossia lo ‘vede’
insieme alla totalità delle sue costanti, l’apparire simultaneo delle quali,
perciò, TOGLIEREBBERO (avrebbero da sempre tolto) la contraddizione C di x
nell’infinito.>> E ancora: <<Ma, se fosse così, nell’apparire
infinito avremmo DUE enti-x reciprocamente DIFFERENTI e solo UNO dei quali
apparirebbe nella sua concretezza _ cioè l’ente-x ‘visto’ nell’apparire
infinito insieme alla simultaneità di tutte le sue (di x) infinite costanti;
ciò, in forza del fatto che, secondo Severino, un ente NON POSSA MAI DIVENTARE
(TRASFORMARSI in) un altro>>.
E osserva:
<<Ad abundantiam, stante quanto già espresso
nelle parti I e II della risposta al "SEDICENTE PUNTO 2) DI FIASCHI",
riportiamo il pensiero dello stesso Severino su questo (non facile) tema:
«[La differenza ontologica] [...] non è la differenza tra due
enti, ognuno dei quali sia privo di ciò che l’altro possiede: la parte che
appare non è una positività che non sia inclusa nel tutto immutabile, giacché,
in quanto ciò che appare è un positivo, esso dimora, come ogni altro positivo,
nell’onnivolgente cerchio dell’immutabile>>.
E sin qui, ciò è quanto da me considerato come l’alternativa
n° (2) del post n° 110,
giacché Severino riconosce che <<la parte che appare>> qui
nel finito, è una positività INCLUSA <<nel tutto immutabile, giacché,
in quanto ciò che appare è un positivo, esso dimora, come ogni altro positivo,
nell’onnivolgente cerchio dell’immutabile>>.
Dopodiché Severino scrive:
<<Ma in quanto la parte appare come non dimorante
nel tutto avvolgente, in quanto cioè non appare la concreta relazione della
parte al tutto, la parte non appare così come è. [...]. La parte, che appare
sola, differisce da sé in quanto avvolta dal tutto, nel senso che viene a
perdere ( = nascondere) qualcosa di sé in quanto così avvolta. Cioè
dall’apparire non si ritrae semplicemente la dimensione che eccede la parte,
ma, proprio per questo ritrarsi, c’è anche un ritrarsi nella parte stessa che
appare>>.
A)- Purtroppo questa pur utile precisazione NON CAMBIA LA
SOSTANZA DELLA CRITICA, anzi, la lascia intonsa.
Perché?
Perché la parte (l’astratto) che nel finito appare <<non dimorante nel tutto avvolgente>>
deve esser vista da questo <<tutto avvolgente>>, cioè dall’apparire
infinito, ESATTAMENTE COME parte <<non dimorante nel tutto avvolgente>>!
Sì che la parte, <<che appare sola>> e perciò DIFFERENDO da
come essa appare <<nel
tutto avvolgente>>, è, sempre IN QUESTO <<tutto avvolgente>>,
eternamente IRREDENTA dalla contraddizione C, è eternamente NON-LIBERA dalla
contraddizione C, cosicché, nel finito, non possa MAI darsi alcun
oltrepassamento concreto della parte poiché questa è DESTINATA A RIMANERE SEMPRE
ASTRATTA, sia nell’infinito sia nel finito!
Quindi, nel <<tutto avvolgente>>, la parte NON apparirà
MAI <<così come è>>
in quanto <<dimorante
nel tutto avvolgente>>, poiché, in quanto <<dimorante nel tutto
avvolgente>>, la parte astratta ossia quella <<non dimorante nel tutto avvolgente>>
NON PUÒ
DIVENTARE-ALTRO-DA-SÉ cioè <<dimorante nel tutto avvolgente>>, e perciò
quella parte così <<non
dimorante>>, NEPPURE nell’apparire infinito ( = <<nel tutto avvolgente>>)
POTRÀ MAI apparire <<così
come è>> concretamente!
B)- Conclude Severino:
<<[...] Il motivo, per il quale l’alterazione della
parte che appare astrattamente (e cioè sola, come non avvolta dal tutto) deve
essere intesa come un mancamento nella parte, tale motivo è dato dalla
considerazione che tutto l’essere è immutabile, sì che la parte che appare in
solitudine può differire da sé in quanto accompagnata dal tutto, solo nel senso
che nella solitudine manchi qualcosa che invece è presente nella compagnia col
tutto». (E. Severino, "Poscritto", pp. 102-103)>>.
Tale <<mancamento nella parte>> appare sì o no <<nel tutto avvolgente>>?
Sì, come è stato visto poc’anzi.
Siccome <<nella solitudine>>, alla parte MANCA
<<qualcosa che invece è presente nella compagnia col tutto>>,
allora, nell’apparire infinito tale parte DEVE APPARIRE
COME MANCANTE di qualcosa, e COSÌ essa deve eternamente restare, proprio perché NON PUÒ DIVENTARE concreta,
essendo la concretezza di tale parte UN ALTRO ESSENTE rispetto a quello che, ANCHE nell’apparire
infinito, non può che apparirvi come <<non dimorante nel tutto avvolgente>>, PUR DIMORANDOVI
(ENNESIMA CONTRADDIZIONE)!!!
Roberto Fiaschi
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