mercoledì 17 luglio 2024

113)- SEMPRE SUL POST DI EGON KEY: «IL SEDICENTE PUNTO 2) DI FIASCHI (parte III)»


Nuovamente, EGON KEY ( = EK) prosegue la sua replica al mio post n° 111, che egli intitola:

<<IL SEDICENTE PUNTO 2) DI FIASCHI (parte III)>>.

Piccola osservazione pedantesco-polemica, me ne scuso.

Che cosa C’ENTRI scrivere <<SEDICENTE>>, resta al momento un mistero, giacché quell’aggettivo significa:

<<Che dice di essere, che si spaccia per qualcuno, che si attribuisce cioè titoli, generalità, qualifiche, qualità che non sono o che si sospettano non essere rispondenti a quelle reali>> (https://www.treccani.it/vocabolario/sedicente/).

O anche: <<Che dice di essere, che si vanta di essere ciò che non è: un sedicente. medico>> (https://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/S/sedicente.shtml).

Infatti, NÉ io NÉ quel mio punto (2) a cui EK si riferisce ci SPACCIAMO per alcunché, se non di voler effettuare una critica appunto espressa al punto (2);

il (2) NON SI ATTRIBUISCE <<titoli, generalità, qualifiche, qualità che non sono o che si sospettano non essere rispondenti a quelle reali>>, giacché quel punto ha semplicemente prospettato un’alternativa rispetto agli altri due.

Inoltre, esso <<non si vanta di essere ciò che non è>>, non solo perché NON SI VANTA tout court (dove e a che pro?), ma altresì perché si mostra semplicemente per ciò che esso è, ossia, ripeto, un’alternativa rispetto ad altre…  

Pertanto sarebbe auspicabile un utilizzo dei termini più ponderato…

Dunque, EK scrive quanto segue, introducendo una mia citazione:

<<2)- L’infinito ‘vede’ x esattamente COME lo vediamo noi nel finito ED ALTRESÌ lo vede LIBERO dalla contraddizione C, ossia lo ‘vede’ insieme alla totalità delle sue costanti, l’apparire simultaneo delle quali, perciò, TOGLIEREBBERO (avrebbero da sempre tolto) la contraddizione C di x nell’infinito.>> E ancora: <<Ma, se fosse così, nell’apparire infinito avremmo DUE enti-x reciprocamente DIFFERENTI e solo UNO dei quali apparirebbe nella sua concretezza _ cioè l’ente-x ‘visto’ nell’apparire infinito insieme alla simultaneità di tutte le sue (di x) infinite costanti; ciò, in forza del fatto che, secondo Severino, un ente NON POSSA MAI DIVENTARE (TRASFORMARSI in) un altro>>.

E osserva:

<<Ad abundantiam, stante quanto già espresso nelle parti I e II della risposta al "SEDICENTE PUNTO 2) DI FIASCHI", riportiamo il pensiero dello stesso Severino su questo (non facile) tema:

«[La differenza ontologica] [...] non è la differenza tra due enti, ognuno dei quali sia privo di ciò che l’altro possiede: la parte che appare non è una positività che non sia inclusa nel tutto immutabile, giacché, in quanto ciò che appare è un positivo, esso dimora, come ogni altro positivo, nell’onnivolgente cerchio dell’immutabile>>.

E sin qui, ciò è quanto da me considerato come l’alternativa n° (2) del post n° 110, giacché Severino riconosce che <<la parte che appare>> qui nel finito, è una positività INCLUSA <<nel tutto immutabile, giacché, in quanto ciò che appare è un positivo, esso dimora, come ogni altro positivo, nell’onnivolgente cerchio dell’immutabile>>.

Dopodiché Severino scrive:

<<Ma in quanto la parte appare come non dimorante nel tutto avvolgente, in quanto cioè non appare la concreta relazione della parte al tutto, la parte non appare così come è. [...]. La parte, che appare sola, differisce da sé in quanto avvolta dal tutto, nel senso che viene a perdere ( = nascondere) qualcosa di sé in quanto così avvolta. Cioè dall’apparire non si ritrae semplicemente la dimensione che eccede la parte, ma, proprio per questo ritrarsi, c’è anche un ritrarsi nella parte stessa che appare>>.

A)- Purtroppo questa pur utile precisazione NON CAMBIA LA SOSTANZA DELLA CRITICA, anzi, la lascia intonsa.

Perché?

Perché la parte (l’astratto) che nel finito appare <<non dimorante nel tutto avvolgente>> deve esser vista da questo <<tutto avvolgente>>, cioè dall’apparire infinito, ESATTAMENTE COME parte <<non dimorante nel tutto avvolgente>>!

Sì che la parte, <<che appare sola>> e perciò DIFFERENDO da come essa appare <<nel tutto avvolgente>>, è, sempre IN QUESTO <<tutto avvolgente>>, eternamente IRREDENTA dalla contraddizione C, è eternamente NON-LIBERA dalla contraddizione C, cosicché, nel finito, non possa MAI darsi alcun oltrepassamento concreto della parte poiché questa è DESTINATA A RIMANERE SEMPRE ASTRATTA, sia nell’infinito sia nel finito!

Quindi, nel <<tutto avvolgente>>, la parte NON apparirà MAI <<così come è>> in quanto <<dimorante nel tutto avvolgente>>, poiché, in quanto <<dimorante nel tutto avvolgente>>, la parte astratta ossia quella <<non dimorante nel tutto avvolgente>> NON PUÒ DIVENTARE-ALTRO-DA-SÉ cioè <<dimorante nel tutto avvolgente>>, e perciò quella parte così <<non dimorante>>, NEPPURE nell’apparire infinito ( = <<nel tutto avvolgente>>) POTRÀ MAI apparire <<così come è>> concretamente!

B)- Conclude Severino:

<<[...] Il motivo, per il quale l’alterazione della parte che appare astrattamente (e cioè sola, come non avvolta dal tutto) deve essere intesa come un mancamento nella parte, tale motivo è dato dalla considerazione che tutto l’essere è immutabile, sì che la parte che appare in solitudine può differire da sé in quanto accompagnata dal tutto, solo nel senso che nella solitudine manchi qualcosa che invece è presente nella compagnia col tutto». (E. Severino, "Poscritto", pp. 102-103)>>.

Tale <<mancamento nella parte>> appare sì o no <<nel tutto avvolgente>>?

Sì, come è stato visto poc’anzi.

Siccome <<nella solitudine>>, alla parte MANCA <<qualcosa che invece è presente nella compagnia col tutto>>,

allora, nell’apparire infinito tale parte DEVE APPARIRE COME MANCANTE di qualcosa, e COSÌ essa deve eternamente restare, proprio perché NON PUÒ DIVENTARE concreta, essendo la concretezza di tale parte UN ALTRO ESSENTE rispetto a quello che, ANCHE nell’apparire infinito, non può che apparirvi come <<non dimorante nel tutto avvolgente>>, PUR DIMORANDOVI (ENNESIMA CONTRADDIZIONE)!!!

 

Roberto Fiaschi

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