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Premetto che la critica da me qui rivolta ad Angelo Santini, era già stata formulata 3 anni fa da Luigi Pavone al seguente link: https://www.youtube.com/watch?v=Z8RSWGejDko&lc=UgzaiQqpBuDvOh2Evo94AaABAg
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Riporto un brano del filosofo severiniano Angelo Santini (desootSprnl6m6:49leg4hg00 8ci t0g54r9223mlha1I516i3a1h4e9imi), dove cerca di spiegare
perché la contraddittorietà del rapporto tra <<la contraddizione C
come inoltrepassata>> e la <<contraddizione C come
oltrepassata>>, sarebbe per lui un’<<apparente contraddizione>>.
Vediamo.
Egli ha scritto:
<<APPARIRE INFINITO E CONTRADDIZIONE C
Secondo una certa obiezione alla filosofia severiniana, la
contraddizione C come inoltrepassata sarebbe incompatibile con la
contraddizione C come oltrepassata: nell'apparire infinito sarebbe di fatto
presente sia il contenuto della contraddizione C in quanto isolato e
inoltrepassato, che in quanto oltrepassato originariamente. L'apparente
contraddizione qui richiamata si risolve considerando la costituzione concreta
del contenuto della contraddizione C e del suo rapporto concreto con l'apparire
infinito. Per semplificare la spiegazione, si rappresenti il contenuto della
contraddizione C in quanto isolato come un cerchio e il contenuto della
contraddizione C come oltrepassata come un insieme infinito di cerchi
concentrici più ampi che avvolgono in origine il primo cerchio. Il contenuto
concreto della contraddizione C è tutto l'insieme infinito dei cerchi
concentrici più ampi. Il primo cerchio della contraddizione C non è separato da
tutti gli altri infiniti cerchi concentrici che lo avvolgono e in cui risiede
il suo oltrepassamento. L'errore del tipo di obiezione considerata consiste nel
concepire astrattamente il rapporto tra il contenuto della contraddizione C nel
suo primo cerchio (in cui è isolato, considerato in se stesso in quanto momento
astratto del suo contenuto infinito) e gli infiniti altri cerchi che lo
avvolgono e che sono una sua estensione: l'errore consiste nel presupporre che
l'oltrepassamento originario della contraddizione C debba aversi all'interno del
primo cerchio del suo contenuto isolato e che non sia, invece, già dato al suo
esterno, negli altri infiniti cerchi concentrici (che sono gli altri infiniti
strati che lo compongono e che costituiscono l'oltrepassamento originario della
contraddizione C stessa)>>.
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Purtroppo <<L'apparente contraddizione>> si rivela essere,
invece, contraddizione non-apparente, inaggirabile, e la sua diagnosi nonché la
sua presunta soluzione NON colgono nel segno, anzi, non fanno altro che RIPETERE
e PERPETUARE i termini della contraddizione stessa.
Stiamo considerando la situazione dal punto di vista
dell’apparire INFINITO, ove qualsiasi ente, secondo Severino, appare da sempre
e per sempre nella sua CONCRETEZZA quindi libero dalla contraddizione C.
Ed è proprio QUI che si annida la contraddizione (non C)
in oggetto, NELL’APPARIRE
INFINITO il quale, rispetto all’apparire finito, costituisce quell’<<esterno>> quale
<<oltrepassamento originario della contraddizione C stessa>>,
essendo esso il ‘luogo’ ove la parte (un qualsiasi ente, tutti gli enti) è
<<dimorante
nel tutto avvolgente>>
(E. Severino; “Poscritto” in “Essenza del nichilismo”).
Ebbene, NELL’apparire
infinito, OLTRE alla suddetta CONCRETEZZA, DEVE esser presente, cioè DEVE apparirvi
ANCHE l’ente <<in quanto isolato e inoltrepassato>>,
altrimenti l’apparire infinito MANCHEREBBE dell’ente <<in quanto
isolato e inoltrepassato>> e così il primo NON sarebbe l’apparire
INFINITO, bensì PARTE esso stesso.
In esso, cioè, DEVE apparirvi la differenza tra l’astratto ed
il concreto, ossia la DIFFERENZA tra l’ente <<in quanto isolato e
inoltrepassato>> e l’ente, lo stesso ente, in quanto il suo
oltrepassamento sia da sempre <<già dato al suo esterno>>,
essendo tale <<esterno>>,
come detto, l’apparire infinito (che non ha alcun esterno).
Entrambi gli anzidetti aspetti di tale differenza devono
essere ETERNI, i quanto sono ambedue ESSENTI, ed ETERNA LA STESSA LORO
DIFFERENZA.
Ora, tutto ciò dà luogo NON ad UNA bensì a VARIE CONTRADDIZIONI,
che vado ad enumerare:
1)- poiché l’ente, nell’apparire finito vi appare come <<isolato
e inoltrepassato>> cioè come <<NON dimorante nel
tutto avvolgente>>, QUESTO stesso ente <<in quanto
isolato e inoltrepassato>> DEVE apparire anche nell’apparire
infinito, restando esattamente qual esso è nel finito, cioè, ripetiamolo, in
quanto <<non dimorante nel tutto avvolgente>>,
sì che esso stia (appaia) <<nel tutto avvolgente>> come <<non dimorante nel tutto avvolgente>>,
appunto perché ANCHE l’ente <<isolato e inoltrepassato>>
DEVE apparire <<nel
tutto avvolgente>> tale e quale esso è nell’apparire finito,
cioè come <<NON dimorante nel tutto avvolgente>>,
pur essendovi da sempre dimorante.
2)- Nel <<tutto avvolgente>> ( = nell’apparire infinito), il
medesimo ente che appare nell’apparire finito cioè <<NON dimorante nel tutto avvolgente>>,
appare come un BINARIO PARALLELO allo stesso ente visto come <<dimorante nel tutto avvolgente>>.
Sì che astratto e concreto, o ente <<NON dimorante nel
tutto avvolgente>> ed ente <<dimorante nel tutto avvolgente>> si manifestino,
nell’apparire infinito, a guisa di DUE BINARI che NON SI INCONTRANO MAI, pur riferendosi
al medesimo ente.
3)- Sì che risulti VANO parlar, nell’apparire finito, di contraddizione C e del suo progressivo (ma mai compiuto) toglimento, poiché nell’apparire infinito tale astrattezza MAI VIENE TOLTA, proprio perché essa, sempre nell’infinito, è conservata pari pari in nome del DOGMA severiniano della NON-TRASFORMABILITÀ ( = eternità) degli essenti, identicamente nel modo in cui appare nel finito…
4)- Il ricorso all’astratto COME NEGATO (nell’apparire
infinito) temo non risolva nulla, perché è palese che questi necessiti altresì
della sua AFFERMAZIONE.
Roberto Fiaschi
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