giovedì 28 novembre 2024

130)- LA BABELE FILOSOFICA DEGLI INFINITI ‘LOGOI’


NOTA PRELIMINARE: il discorso sulla “Babele” degli infiniti logoi vale naturalmente anche per l’ambito RELIGIOSO (e non solo per esso), ne sono consapevole; con la non piccola differenza, però, che i disputanti di quest’ultimo, normalmente, sono ben lungi dal ritener i propri orientamenti razionalmente ed incontrovertibilmente DIMOSTRABILI, a differenza, invece, di taluni filosofi i quali, ritenendo di argomentare rigorosamente in forza del Logos (che riporterò con l’iniziale maiuscola) _ presupponendo perciò che vi sia IL VERO Logos di contro ad un ‘egoico’ logos depauperato in quanto niente più che mera doxa o luogo comune infondato _, finiscono per mostrare, a lor dispetto, come tale Logos sia sempre in CONTRASTO con se stesso, smascherando perciò la tronfia pretesa di essere IL VERO Logos da ascoltare, come pretese Eraclito:

<<Non ascoltando me, ma il logos […]>>. (Eraclito: fr. 50, Diels-Kranz).

Dunque, Eraclito DISTINGUE implicitamente il logos della propria persona, che non va ascoltato, dal VERO Logos universale ed impersonale, il solo che perciò va ascoltato.

Qualcosa di simile ha scritto il filosofo Emanuele Severino:

<<la cosiddetta “mia” filosofia non è “mia”, perché, se fosse tale, sarebbe soggetta alla limitatezza e ai condizionamenti dell’individuo>>…

Stessa musica per un suo estimatore:

<<Non lo dico io è il logos che lo dice>>.

Un allievo del filosofo G. R. Bacchin, giunge quasi alla riverenza RELIGIOSA nei confronti del Logos ( = ragione) assolutizzato, intronizzato: 

<<chi obbedisce alla ragione – non essendovi ragione per non farlo – deve (piaccia o no, sia facile o difficile da realizzare) umilmente obbedire alla superiorità essenziale della ragione, alla sua sovrana superiorità rispetto a ciò che crede di potersi affermare senza dar ragione di sé, come di fatto accade>>.

Tornando ad Eraclito ed alla sua pretesa:

<<Non ascoltando me, ma il logos […]>>,

sorgerà subito la domanda:

come fare a DISCERNERE ciò che dice Eraclito (o chiunque altro) dal VERO Logos, visto che quest’ultimo è noto tramite il logos di Eraclito (o di chiunque altro)?

Infatti, noi ci troviamo ad ASCOLTARE il logos di Eraclito che ci invita a NON ascoltarlo, affinché possiamo ASCOLTARE il VERO Logos tramite colui che però non va ascoltato…

Forse Eraclito voleva invitare a distinguere l’opinione infondata, la doxa, dal Logos innegabile?

Senonché, sia l’opinione infondata che il ragionamento rigoroso si esprimono pur sempre attraverso lo stesso logos, sì che questi sia il medesimo che a volte opina, talvolta argomenta con cogenza e talaltra ERRA.

ASSOLUTIZZARE/IDOLATRARE il logos produce la dicotomia Logos/logos, cosicché, dalla <<superiorità essenziale della ragione>> alla superiorità del filosofo il passo è breve, nonostante le ripetute "umili" (!) quanto vane dichiarazioni della necessità di sbarazzarsi del ‘tirannico’ io empirico per far emergere l'io VERO, tanto che <<obbedire alla sua sovrana superiorità>> fa il paio con l’obbedienza a colui che parla a nome del VERO Logos pretendendo, al contempo, di NON ascoltare LUI che parla tramite il povero logos bensì il Logos che parla attraverso di LUI (furbacchione!)…

Quindi, mi pare che ogni concezione filosofica ritenga di <<dar ragione di sé>> in nome dello STESSO VERO Logos, col risultato Quot homines, tot sententiae, giacché l’unico logos a disposizione di tutti è soltanto, appunto, il logos che ora ci azzecca ed ora fallisce.  

Ma, nonostante quest’ultimo esito, certa filosofia prosegue imperterrita al seguito del proprio logos (o del proprio io, se si preferisce) oramai INDIATO, DIVINIZZATO a tutto tondo.

Contenta lei…

 

Roberto Fiaschi

-------------------------

129)- INCOMPONIBILITÀ TRA “ASTRATTO” E “CONCRETO”: IL “TUTTO” (SEVERINIANO) NON È IL TUTTO CONCRETO

 

Ha scritto il filosofo Emanuele Severino:

<<E non si può ribattere che, allora, il concreto è pur sempre privo di qualcosa, cioè dell'astratto. Esser privi dell'astratto è infatti esser privi di una privazione, ed esser privi della privazione è non esser privi>>. (Severino: “Testimoniando il destino”).

Ma, se così come dice Severino, l’astratto NON dovrebbe affatto apparire, mentre, invece, esso appare come ciò di cui diciamo il suo esser FINITO, cioè privo della infinita concretezza della totalità del suo altro.

Per cui, se <<Esser privi dell'astratto>> fosse l’<<esser privi di una privazione, ed esser privi della privazione è non esser privi>>, allora non potrebbe esistere né apparire lo stesso finito, cioè l’ente astratto, per cui non potremmo parlare di ciò che non appare affatto, in quanto non-saputo, necessariamente ignorato.

Ma noi sappiamo che in Severino la distinzione tra finito ed infinito o tra astratto e concreto è fondamentale.

E se anche l’<<Esser privi dell'astratto>> fosse DAVVERO l’<<esser privi di una privazione, ed esser privi della privazione è non esser privi>>, discenderebbe che la presenza (l’apparire) o meno dell’astratto lascerebbe del tutto intonsa la concretezza della totalità, sì che, in tal caso, l’astratto sia da sempre concreto, perciò esso NON POTREBBE MAI APPARIRE come finito o come astratto o come parte; il che, nella filosofia severiniana, NON è.

Come detto, l’astratto APPARE. OGNI essente che appare è, infatti, un astratto e, come abbiamo letto, per Severino l’astratto è una PRIVAZIONE (della sua infinita concretezza).

Se così, allora, in tale infinita concretezza o totalità concreta, APPARENDO l’astratto, APPARE la PRIVAZIONE, o anche: APPARE la MANCANZA, quindi essa è MANCANTE.

Se essa è mancante, allora NON è la totalità concreta, in quanto mancante della mancanza o dell’astratto.

Ma, insiste Severino: <<esser privi della privazione è non esser privi>>.

Il che vuol dire che esser privi della privazione cioè dell’astratto è <<non esser privi>> cioè è esser concreti.

Ma, in tal caso, l’astratto NON POTREBBE MAI APPARIRE, quindi non ne avremmo alcuna coscienza.

Ma, si ripeta, l’astratto APPARE, e appare così innegabilmente tanto da dare luogo alla contraddizione C quale intrascendibile orizzonte del finito.

APPARENDO l’astratto, allora la totalità concreta NON è priva della privazione o dell’astratto.

Non essendone priva, la totalità concreta NON È CONCRETA poiché, appunto, essendo priva dell’astratto (mancando dell’astratto = mancando della mancanza), è priva simpliciter, o meglio: è MANCANTE DELLA MANCANZA o dell’ASTRATTO, sì da esser essa stessa ASTRATTA.

Quindi, alla suddetta totalità, l’astratto non manca (infatti APPARE), per cui essa NON è la totalità concreta in quanto è MANCANTE ( = è ASTRATTA essa stessa) dell’ASTRATTO o della PRIVAZIONE.

Conclusione:

(1)- se la totalità concreta NON è (astratta cioè NON è MANCANTE, non è) priva dell’esser priva o dell’astratto, allora va da sé che essa è ASTRATTA, cioè NON è la totalità concreta;  

(2)- se essa, invece, è PRIVA ( = MANCA) dell’esser priva o dell’astratto (in quanto la si vuole assolutamente concreta), va da sé che la totalità concreta sia appunto PRIVA ( = MANCHI) dell’astratto che pur innegabilmente APPARE, cosicché NON sia la totalità concreta.  

Se il finito, ogni finito ( = ogni ente) è l’astratto, allora la totalità concreta dovrebbe esser priva anche di ogni essente che appaia finitamente, visto che, nell’apparire finito, ogni essente è un astratto (o appare astrattamente) il quale, pur tendendo a ridurre via via la propria astrattezza e ad incrementare la propria concretezza (peraltro senza mai riuscirsi definitivamente) sotto il nome di contraddizione C, NON la riduce DIVENTANDO concreto da astratto che era, giacché in Severino il DIVENTARE-ALTRO è escluso, e ciò comporta che ANCHE nell’apparire infinito o totalità concreta, l’astratto sia e rimanga eternamente astratto ( = mancante) di ciò che purtuttavia non gli manca.

Nella totalità concreta, infatti, l’astratto è e resta eternamente astratto (giacché non può diventare altro-da-sé) ed al contempo non lo è (perché è da sempre in compagnia con la totalità concreta che da sempre ne ha tolto l’astrattezza).

In tal caso, la totalità concreta si costituisce essa stessa astrattamente, in quanto vi è in essa un residuo di astrattezza (di mancanza) che NON si lascia concretizzare.

 

Roberto Fiaschi

-----------------------

sabato 9 novembre 2024

128)- COMMENTO A ENRICO GAMBERINI: «LA COSCIENZA ASSOLUTA»


Dal gruppo Facebook: I Nemici del Destino, traggo quest’altro post di Enrico Gamberini, intitolato:

<<LA COSCIENZA ASSOLUTA (IL "MOSTRO" DALLE MILLE TESTE)>>,

che riporto pari pari come l’ho copia-incollato.

Esso può esser considerato la prosecuzione del post n° 127.

Prima, però, riporto quest’altro brano di Enrico Gamberini, nel quale mi fa notare che

<<l'io assoluto e il divenire degli eterni sono collegati,se si parlasse solo del divenire degli eterni non si capirebbe niente,e si giungerebbe alle tue conclusioni nichilistiche.perche poi la visione dell'io in voga è l'io individuale e locale.tu dai per scontato che l'io sia questo,ma nessuno l'ha mai dimostrato,mentre io ho dimostrato che l'io è assoluto e non locale.quindi se ti interessa dovresti leggere le mie dimostrazioni,e teoricamente dovrebbe interessarti>>.

Perfetto, andiamo dunque a saggiare la consistenza delle sue dimostrazioni.

Ha scritto:

<<ognuno di noi è coscienza,e la coscienza è il tutto,l'io, e noi siamo questo(ho un post nella mia pagina che dimostra questo,si intitola -la coscienza che è il tutto,per chi fosse curioso).qui posso solo dire che l'io,in quanto tale,deve contenere il divenire dell'essere,la realta(,non l'astratto divenire isolato dall'essere)perche altrimenti sarebbe un io statico,un morto,non un io.l'alter ego(l'unica alternativa)all'io visto come realta,è l'io visto come coscienza pura e inoggettivabile.questo tipo di io è sbagliato in partenza,per due motivi. 1,perche un tale io non contiene il divenire dell'essere,quindi è statico, un morto,non un io. 2,questo io presuppone che si possa conoscere qualcosa di esterno alla coscienza.è un io caro al realismo,che vede l'io puro e inoggettivabile e il resto del mondo esterno che vi si contrappone.questo post vuole dare ragione al fatto che tutto è eterno,che io ritengo una verita incontrovertibile.io adesso,in questo istante sono la coscienza assoluta che vede e si rapporta a se stessa attraverso un corpo chiamato enrico gamberini, assume un punto di vista che è interno a quel corpo,e passa da un istante all'altro,sperimenta il tempo.se l'io fosse calato in un istante solo alla volta,non vivrebbe,perche l'istante non è divenire,mentre la vita è divenire,ma l'io calato nel singolo istante è calato inconsciamente in tutti gli altri istanti,quindi non è calato nel singolo istante e basta.esiste un solo io,la coscienza assoluta,ed è calato eternamente in tutti i corpi(minerali vegetali animali esseri umani),ed è eternamente calato in tutti gli istanti del tutto e di ogni tempo,e oltrepassa eternamente ogni istante,cosicche la conseguenza è che lo conserva,la coscienza assoluta oltrepassa e conserva.in questa situazione non esiste nessuno scomparire di eterni,nessuna contraddizione c.la mia infanzia,tutti gli eventi passatifuturi il mio io li sta sperimentando in questo istante,e in eterno.io e te in quel che facciamo adesso stiamo prendendo parte all'oltrepassamento eterno.per visualizzare meglio,è come un grande cerchio dove i punti, situati sulla circonferenza, sono gli istanti,gli eventi,e non sono infiniti,(quindi a dire il vero non si tratterrebbe di un cerchio).la coscienza assoluta è in tutti gli istanti.prendiamo in esame un tratto della circonferenza formato dagli istanti x1,x2,x3,x4,x5,x6,x7.l'io che è nell'istante x5 passa nell'istante x6,e l'io(sempre lo stesso io) che è negli altri istanti scala di un istante(per esempio l'io nell'istante x1 passa nell'istante x2),poi l'io che è passato nell'istante x6, passa nell'istante x7,e l'io(sempre lo stesso) che è negli altri istanti scala di nuovo di un istante,e cosi da sempre per sempre.ecco in che senso la coscienza assoluta otrepassa eternamente ogni istante della realta.da ogni istante in cui è, la coscienza assoluta oltrepassa nell'istante successivo,e poi nell'altro ancora e cosi via.è la nostra esperienza quotidiana,si sperimenta il tempo,un istante dopo l'altro.la coscienza assoluta sperimenta tutti gli istanti simultaneamente,perche è calata in tutti gli istanti simultaneamente,li sperimenta separatamente gli uni dagli altri(non insieme,è importante capirlo altrimenti non si comprende niente),perche gli istanti sono separati(ma non isolati)gli uni dagli altri,e li sperimenta anche in successione,perche la coscienza assoluta "calata nel singolo istante" sperimenta il tempo(è la nostra esperienza quotidiana).l'inconscio della coscienza assoluta calata in un istante è la coscienza assoluta calata in tutti gli altri istanti,nel senso che io,calato nel mio istante,non mi accorgo consciamente di essere calato negli altri istanti,me ne accorgo solo inconsciamente.ognuno di noi fa parte dell'inconscio di tutti gli altri,perche l'io è uno solo,la coscienza assoluta,lo spirito assoluto,coscienza universale,coscienza cosmica,il tutto.la coscienza è morale e immorale,odia e ama,è egoista e altruista,ha paura ed è impavida,è stupida e intelligente,profonda e superficiale...........è la coscienza assoluta>>.

------

Enrico Gamberini esordisce scrivendo che

<<ognuno di noi è coscienza,e la coscienza è il tutto,l'io, e noi siamo questo(ho un post nella mia pagina che dimostra questo,si intitola -LA COSCIENZA CHE È IL TUTTO, [vedasi post n° 127, nota mia: RF] per chi fosse curioso)>>.

Purtroppo, come già detto nel precedente post, non avendo personalmente reperito in esso alcuna dimostrazione (ma soltanto ESPOSIZIONI teoretiche blandamente argomentate) da parte di Enrico Gamberini, dovrò proseguire la lettura FINGENDO che egli abbia effettivamente dimostrato ciò che dice, ben sapendo, però, che così NON è.

Procediamo.

Scrive:

<<qui posso solo dire che l'io,in quanto tale,deve contenere il divenire dell'essere,la realta(,non l'astratto divenire isolato dall'essere)perche altrimenti sarebbe un io statico,un morto,non un io.l'alter ego(l'unica alternativa)all'io visto come realta,è l'io visto come coscienza pura e inoggettivabile.questo tipo di io è sbagliato in partenza,per due motivi. 1,perche un tale io non contiene il divenire dell'essere,quindi è statico, un morto,non un io. 2,questo io presuppone che si possa conoscere qualcosa di esterno alla coscienza.è un io caro al realismo,che vede l'io puro e inoggettivabile e il resto del mondo esterno che vi si contrappone>>.

Questo brano si trova pressoché identico nel post n° 127, a cui rimando per la critica.

E continua:

<<questo post vuole dare ragione al fatto che tutto è eterno,che io ritengo una verita incontrovertibile>>.

Ma <<io>> CHI?

Io in quanto coscienza individuale, oppure io in quanto spirito o coscienza o io assoluto?

Dev’esser senz’altro l’io individuale, l’io in quanto Enrico Gamberini, giacché è proprio lui in persona che ritiene <<una verita incontrovertibile>> l’eternità degli enti.

Vediamo, però, se la mia interpretazione è corretta:

<<io adesso,in questo istante sono la coscienza assoluta che vede e si rapporta a se stessa attraverso un corpo chiamato enrico gamberini, assume un punto di vista che è interno a quel corpo,e passa da un istante all'altro,sperimenta il tempo>>.

Mi sbagliavo; quell’io individuale che ritiene <<una verita incontrovertibile>> l’eternità degli enti, è la stessa coscienza assoluta che vede se stessa in quanto Enrico Gamberini.

Andiamo avanti.

<<se l'io fosse calato in un istante solo alla volta,non vivrebbe,perche l'istante non è divenire,mentre la vita è divenire,ma l'io calato nel singolo istante è calato inconsciamente in tutti gli altri istanti,quindi non è calato nel singolo istante e basta>>.

Ma a cosa serve ritener che l’io sia <<calato inconsciamente in tutti gli altri istanti>> onde così aver contezza del divenire e quindi di vivere, se tale io vi è <<calato inconsciamente in tutti gli altri istanti>> e perciò NON può averne coscienza alcuna?

Prosegue Enrico Gamberini:

<<esiste un solo io,la coscienza assoluta,ed è calato eternamente in tutti i corpi(minerali vegetali animali esseri umani),ed è eternamente calato in tutti gli istanti del tutto e di ogni tempo,e oltrepassa eternamente ogni istante,cosicche la conseguenza è che lo conserva,la coscienza assoluta oltrepassa e conserva.in questa situazione non esiste nessuno scomparire di eterni,nessuna contraddizione c. la mia infanzia,tutti gli eventi passatifuturi il mio io li sta sperimentando in questo istante,e in eterno.io e te in quel che facciamo adesso stiamo prendendo parte all'oltrepassamento eterno.per visualizzare meglio,è come un grande cerchio dove i punti, situati sulla circonferenza, sono gli istanti,gli eventi,e non sono infiniti,(quindi a dire il vero non si tratterrebbe di un cerchio).la coscienza assoluta è in tutti gli istanti.prendiamo in esame un tratto della circonferenza formato dagli istanti x1,x2,x3,x4,x5,x6,x7.l'io che è nell'istante x5 passa nell'istante x6,e l'io(sempre lo stesso io) che è negli altri istanti scala di un istante(per esempio l'io nell'istante x1 passa nell'istante x2),poi l'io che è passato nell'istante x6, passa nell'istante x7,e l'io(sempre lo stesso) che è negli altri istanti scala di nuovo di un istante,e cosi da sempre per sempre.ecco in che senso la coscienza assoluta otrepassa eternamente ogni istante della realta.da ogni istante in cui è, la coscienza assoluta oltrepassa nell'istante successivo,e poi nell'altro ancora e cosi via.è la nostra esperienza quotidiana,si sperimenta il tempo,un istante dopo l'altro.la coscienza assoluta sperimenta tutti gli istanti simultaneamente,perche è calata in tutti gli istanti simultaneamente,li sperimenta separatamente gli uni dagli altri(non insieme,è importante capirlo altrimenti non si comprende niente),perche gli istanti sono separati(ma non isolati)gli uni dagli altri,e li sperimenta anche in successione,perche la coscienza assoluta "calata nel singolo istante" sperimenta il tempo(è la nostra esperienza quotidiana).l'inconscio della coscienza assoluta calata in un istante è la coscienza assoluta calata in tutti gli altri istanti,nel senso che io,calato nel mio istante,non mi accorgo consciamente di essere calato negli altri istanti,me ne accorgo solo inconsciamente>>.

Pausa.

Sin qui, NEPPURE un accenno di DIMOSTRAZIONE, ma soltanto l’ESPOSIZIONE o la RIPETIZIONE della concezione sostenuta da Enrico Gamberini.

Vediamo se, proseguendo nella lettura, finalmente ci imbatteremo in essa.

Tuttavia, vorrei far notare l’ultima frase del brano riportato, ove scrive:

<<l'inconscio della coscienza assoluta calata in un istante è la coscienza assoluta calata in tutti gli altri istanti,nel senso che io,calato nel mio istante,non mi accorgo consciamente di essere calato negli altri istanti,me ne accorgo solo inconsciamente>>.

Orbene, come è possibile accorgersi o esser CONSCI <<solo inconsciamente>>?

Esser consci <<solo inconsciamente>>, vuol dire NON essere consci simpliciter.

Quindi, se <<nel mio istante,non mi accorgo consciamente di essere calato negli altri istanti>>, NON me ne accorgerò _ non ne sarò cosciente _ NEPPURE inconsciamente, per cui, di quegli <<altri istanti>> NON ne posso sapere né MAI ne saprò nulla…

Riprendiamo la lettura.

<<ognuno di noi fa parte dell'inconscio di tutti gli altri,perche l'io è uno solo,la coscienza assoluta,lo spirito assoluto,coscienza universale,coscienza cosmica,il tutto.la coscienza è morale e immorale,odia e ama,è egoista e altruista,ha paura ed è impavida,è stupida e intelligente,profonda e superficiale...........è la coscienza assoluta>>.

Anche qui, NEPPURE uno straccio di DIMOSTRAZIONE, ma unicamente l’ESPOSIZIONE di una tesi ben lungi dall’equivalere ad una DIMOSTRAZIONE.

Che dire, allora?

Che dire a Enrico Gamberini, laddove ha preteso di aver DIMOSTRATO che

<<la coscienza è il tutto,l'io, e noi siamo questo(ho un post nella mia pagina che dimostra questo>>?

Che dire di chi CONFONDE un’ESPOSIZIONE come se fosse una DIMOSTRAZIONE?

 

Roberto Fiaschi

---------------------- 

127)- COMMENTI A ENRICO GAMBERINI: «LA COSCIENZA CHE È IL TUTTO»


Dal gruppo Facebook: I Nemici del Destino, Enrico Gamberini mi porge il seguente invito:

<<tu devi andare a vedere la dimostrazione che LA COSCIENZA È IL TUTTO,e il post LA COSCIENZA ASSOLUTA,LO SPIRITO DALLE MILLE TESTE.  il confronto non deve avvenire sulla dimostrazione del tutto eterno,ma sulla visione dell'io.non è possibile che la logica dica una cosa e la realta un'altra.e per questo anche la contraddizione C è campata per aria.anche solo per il fatto che l'io assoluto e non locale è l'unico io che non nega l'eternita del tutto,significa che questo io è vero,anche a prescindere dalla dimostrazione,che comunque c'è>>.

D’accordo, detto fatto.

Sono andato a reperire il suo post, intitolato:

<<LA COSCIENZA CHE è IL TUTTO>>,

che riporto così come l’ho copia-incollato. Esso recita:

<<il tutto è un significato che comprende in se ogni altro significato.siccome tutto è essere,e relazione,e la relazione sono le parti,il tutto è concreto non astratto,è quella relazione che contiene in se ogni altra relazione. partiamo col constatare che la coscienza esiste.il mondo appare,e l'apparire è sempre riferito a qualcuno,o al mondo stesso,mai a nessuno,il mondo non appare al niente,a un morto, se il mondo fosse privo di qualsiasi coscienza,non apparirebbe alcun che,sarebbe il regno della morte.che la realta appaia a nessuno è impossibile.la coscienza per essere tale, deve contenere il divenire dell'essere,la realta,altrimenti sarebbe una coscienza statica,un morto,non una coscienza.non potrebbe contenere il divenire separato dall'essere,perche il divenire separato dall'essere non è divenire.il divenire dell'essere che fa parte della coscienza è il divenire dell'essere di cui la coscienza è cosciente(la realta), non è la ipotetica fotocopia della realta, che sta dentro al cervello,che nessuno ha mai trovato,anche perche di quella fantomatica fotocopia,la coscienza non è cosciente,quindi quella fotocopia non puo essere la coscienza,la quale ,per essere tale,deve essere cosciente di se stessa.quale realta è la coscienza?tutte le realta che percepisce.l'alter ego(l'unica alternativa) della coscienza vista come realta è la coscienza pura,inoggettivabile.quest'ultimo tipo di coscienza è errata per due motivi. 1,non contiene il divenire dell'essere,la realta,quindi è una coscienza statica ,un morto,non una coscienza. 2,questa coscienza presuppone che si possa conoscere qualcosa che è al di fuori della coscienza.è una coscienza cara al realismo,che vede la coscienza pura e inoggettivabile e il mondo esterno ad essa.rientra nel significato della parte il fatto che la parte è parte del tutto,anzi,la parte è un essere parte del tutto.se il fare parte del tutto non rientrasse nel significato-parte-la parte sarebbe isolata dal tutto,e questo succede quando c'è isolamento tra il significato-parte- e il tutto.il significato -parte- non puo essere isolato dal tutto,daltronde la parte non è il tutto,soluzione=il significato è -essere parte del tutto-.tutte le parti sono se stesse in quanto sono parte del tutto,ogni cosa appare in quanto se stessa,quindi,quando appare la parte appare anche il suo fare parte del tutto,che è poi la parte,e il fare parte del tutto appare se appare il tutto.e siccome la parte è parte del tutto concreto ,non astratto,il tutto deve apparire concreto,non astratto.quando appare la parte,appare il tutto.una persona potrebbe dire-non mi sta apparendo il tutto in questo istante,ma solo una parte del tutto-,questa persona dice questo perche pensa,erroneamente,che le esperienze che la sua coscienza sta facendo in quell'istante,sono la totalita delle esperienze che la sua coscienza sta facendo.prima ho detto che la coscienza è tutte le realta che percepisce.dal momento che la coscienza percepisce il tutto(perche percepisce la parte),la coscienza è il tutto. c'è anche da dire che se si parte dal presupposto della coscienza individuale,il tutto è in parte il vivere della parte(coscienza individuale),quindi non è negazione assoluta del vivere,quindi o vive in parte o vive.vivere in parte non ha senso(o si vive o non si vive),quindi il tutto vive,è coscienza. ma non è finita qui. se il tutto è coscienza,la coscienza è assoluta,lo spirito assoluto,la coscienza universale.ora,nessuna esperienza cosciente puo ricadere fuori dallo spirito assoluto,altrimenti lo spirito non sarebbe il tutto,e non sarebbe assoluto.quindi cio che sarebbe esperito da una ipotetica coscienza individuale,in realta è esperito dallo spirito assoluto.io non sono una coscienza individuale,ma sono lo spirito assoluto che vede e si rapporta a se stesso tramite un corpo chiamato enrico gamberini,e assume,rispetto a se stesso, un punto di vista che è in quel corpo.la moltitudine di coscienze individuali,gli io empirici,sono una gigantesca illusione>>.

--------

Bene.

Enrico Gamberini ci assicura che tale DIMOSTRAZIONE <<comunque c'è>>, per cui altro non resta da fare che andare a sincerarsene (lasciando per ora da parte l’eternità dell’ente).

Per essere il più breve possibile, mi porto fino al punto in cui egli scrive:

<<partiamo col constatare che la coscienza esiste>>.

Senza dubbio.

Dopodiché, diverse righe dopo, Enrico Gamberini chiede:

<<quale realta è la coscienza?tutte le realta che percepisce>>.

Già la poca chiarezza della domanda non predispone agevolmente alla sua comprensione.

Comunque sia, subito dopo egli osserva:

<<l'alter ego(l'unica alternativa) della coscienza vista come realta è la coscienza pura,inoggettivabile.quest'ultimo tipo di coscienza è errata per due motivi.

1,non contiene il divenire dell'essere,la realta,quindi è una coscienza statica ,un morto,non una coscienza.

2,questa coscienza presuppone che si possa conoscere qualcosa che è al di fuori della coscienza.è una coscienza cara al realismo,che vede la coscienza pura e inoggettivabile e il mondo esterno ad essa>>.

A me pare che i due punti sulla presunta erroneità della <<coscienza pura,inoggettivabile>>, siano due assunti arbitrari, dogmatici.

Vediamoli.

Quanto al punto 1, se la coscienza DIVENISSE così come divengono gli enti (cioè se ANCHE la coscienza fosse in sé e per sé diveniente), non esisterebbe consapevolezza alcuna del divenire stesso, poiché non esisterebbe CIÒ grazie al quale possiamo misurare il PRIMA ed il POI, potendo esperire il passaggio dal PRIMA al POI perché vi è un riferimento INDIVENIENTE che non possiede un PRIMA ed un POI in se stesso o come propria costituzione, e grazie al quale il PRIMA appare come ciò che precede il POI e il POI ciò che segue al PRIMA (così, molto schematicamente).

Dove TUTTO diviene, NIENTE diviene…

Ciò NON implica affatto che la coscienza sia <<statica ,un morto,non una coscienza>> (considerazione che ritengo piuttosto puerile), proprio perché la sua ‘attività’, diciamo così, è diafanìa, cioè trasparenza, rilevamento (nella coscienza appunto) di tutto ciò ( = gli enti) che IN essa si va diacronicamente mostrando nel proprio transitar dal PRIMA al POI.

Quanto al punto 2, mi pare che Enrico Gamberini giochi di ambiguità, giacché non chiarisce se ora stia parlando della coscienza individuale oppure della coscienza totale.

Nel primo caso, è ovvio che non tutto rientri nella nostra coscienza individuale-finita, e che perciò essa NON possa abbracciare tutto in un sol sguardo; ciò comporta che qualcosa di cui non si è coscienti sia FUORI dalla propria coscienza, altrimenti dovremmo supporre che tale ‘qualcosa’ si CREI ex novo ogni qualvolta ne diventiamo coscienti…

Nel secondo caso, alla coscienza totale (SE ESISTE) è ovvio che NON sfugga nulla, quindi nulla è al di FUORI di essa…

Per cui, i due punti secondo i quali Enrico Gamberini pensa di aver dimostrato l’erroneità della <<coscienza pura,inoggettivabile>>, NON stanno davvero in piedi.

Proseguendo nella lettura, dopo aver precisato la sua concezione del rapporto parte-tutto, egli giunge alla seguente affermazione:

<<quando appare la parte appare anche il suo fare parte del tutto,che è poi la parte,e il fare parte del tutto appare se appare il tutto.e siccome la parte è parte del tutto concreto ,non astratto,il tutto deve apparire concreto,non astratto.quando appare la parte,appare il tutto>>.

Per giustificare questa palese impossibilità, egli osserva:

<<una persona potrebbe dire-non mi sta apparendo il tutto in questo istante,ma solo una parte del tutto-,questa persona dice questo perche pensa,erroneamente,che le esperienze che la sua coscienza sta facendo in quell'istante,sono la totalita delle esperienze che la sua coscienza sta facendo.prima ho detto che la coscienza è tutte le realta che percepisce.dal momento che la coscienza percepisce il tutto(perche percepisce la parte),la coscienza è il tutto. c'è anche da dire che se si parte dal presupposto della coscienza individuale,il tutto è in parte il vivere della parte(coscienza individuale),quindi non è negazione assoluta del vivere,quindi o vive in parte o vive.vivere in parte non ha senso(o si vive o non si vive),quindi il tutto vive,è coscienza>>.

In pratica, Enrico Gamberini tenta di giustificare un’impossibilità mediante il ricorso ad ALTRE impossibilità.

Vediamo.

(1)- Per quanto concerne la prima impossibilità, questa consiste nel sostenere che

<<siccome la parte è parte del tutto concreto ,non astratto,il tutto deve apparire concreto,non astratto.quando appare la parte,appare il tutto>>.

Ahimé, che disastro!

Se _ e poiché _ appare la parte (che <<è parte del tutto concreto>>), allora NON può affatto apparire ANCHE il tutto CONCRETO, giacché, se questi apparisse nella sua concretezza, non apparirebbe la parte, in quanto la parte è l’ASTRATTO proprio perché è parte, sì che, laddove appare l’ASTRATTO, il tutto CONCRETO non possa che apparire anch’esso ASTRATTAMENTE ( = formalmente)!

Il tutto concreto APPARE CONCRETAMENTE soltanto ed esclusivamente A SE STESSO, cioè allo STESSO tutto, perciò mai, esso, apparirà concretamente alla parte, se non in modo FORMALE, cioè, ripeto, ASTRATTAMENTE!

(2)- Circa la seconda impossibilità che Enrico Gamberini chiama in soccorso per giustificare quella appena vista, ebbene, secondo lui, sarebbe ERRONEO che qualcuno obiettasse che <<non mi sta apparendo il tutto in questo istante,ma solo una parte del tutto>>,

perché, sempre a suo dire,

<<questa persona>> penserebbe <<erroneamente,che le esperienze che la sua coscienza sta facendo in quell'istante,sono la totalita delle esperienze che la sua coscienza sta facendo>>.

Al contrario, l’obiettante affermerà correttamente che gli appaia <<solo una parte del tutto>>, perché <<le esperienze che la sua coscienza sta facendo in quell'istante>> NON sono <<la totalita delle esperienze che la sua coscienza sta facendo>>, ma soltanto una parte!

Notare ove Enrico Gamberini ci rammenta che

<<prima ho detto che la coscienza è tutte le realta che percepisce.dal momento che la coscienza percepisce il tutto(perche percepisce la parte),la coscienza è il tutto>>.

Se si riferisce alla coscienza individuale, allora il suo discorso è completamente fallace.

Infatti, ripetiamolo, <<la coscienza percepisce il tutto>> SOLO FORMALMENTE ( = ASTRATTAMENTE), giacché, come indicato, se percepisse il tutto concretamente, la parte, semplicemente, NON sarebbe parte cioè astratta, in quanto il tutto concreto avrebbe ‘invaso’ tutto, appunto, TOGLIENDO ogni astrazione.

Quindi, <<dal momento che la coscienza percepisce il tutto>> solo FORMALE, allora la coscienza individuale NON è affatto <<il tutto>>.

Poi, aggiunge:

<<c'è anche da dire che se si parte dal presupposto della coscienza individuale,il tutto è in parte il vivere della parte(coscienza individuale),quindi non è negazione assoluta del vivere,quindi o vive in parte o vive.vivere in parte non ha senso(o si vive o non si vive),quindi il tutto vive,è coscienza>>.

Non direi proprio.

Se <<il vivere della parte(coscienza individuale)>> corrisponde ad una parte del tutto, e <<quindi non è negazione assoluta del vivere>>, allora da ciò NON SEGUE affatto che la coscienza individuale <<o vive in parte o vive>> perché, secondo Enrico Gamberini, <<vivere in parte non ha senso(o si vive o non si vive),quindi il tutto vive,è coscienza>>.

No, infatti la parte ( = l’individuo) NON vive <<in parte>> (!), bensì vive COME parte, ed è pur sempre vivere pienamente la propria parzialità, cioè il proprio esser parte!

Enrico Gamberini aggiunge:

<<ma non è finita qui. se il tutto è coscienza,la coscienza è assoluta,lo spirito assoluto,la coscienza universale.ora,nessuna esperienza cosciente puo ricadere fuori dallo spirito assoluto,altrimenti lo spirito non sarebbe il tutto,e non sarebbe assoluto.quindi cio che sarebbe esperito da una ipotetica coscienza individuale,in realta è esperito dallo spirito assoluto>>.

Ma anche AMMETTENDO (ma lo posso RICONOSCERE senza difficoltà) che <<nessuna esperienza cosciente puo ricadere fuori dallo spirito assoluto,altrimenti lo spirito non sarebbe il tutto,e non sarebbe assoluto>>, ed altresì RICONOSCENDO che <<cio che sarebbe esperito da una ipotetica coscienza individuale,in realta è esperito dallo spirito assoluto>>, ebbene, da ciò cosa dovrebbe conseguirne per la coscienza individuale?

Leggiamolo dalle parole di Enrico Gamberini:

dovrebbe forse conseguirne che <<io non sono una coscienza individuale,ma sono lo spirito assoluto che vede e si rapporta a se stesso tramite un corpo chiamato enrico gamberini,e assume,rispetto a se stesso, un punto di vista che è in quel corpo.la moltitudine di coscienze individuali,gli io empirici,sono una gigantesca illusione>>?

Dissento totalmente…

Non c’è reversibilità tra parte e tutto, o tra coscienza individuale e coscienza totale/assoluta.

Io non ricado FUORI dall’assoluto, certo, ma ciò NON vuol dire che io SIA lo spirito assoluto stesso: ne sono (e resterò sempre) soltanto UNA PARTE tra infinite altre.

Se io ( = parte) fossi al contempo anche lo spirito assoluto in sé e per sé, verrei MENO come parte, cioè esisterebbe soltanto il primo.

In quanto io sono PARTE, allora PARTE-CIPO alla vita dello spirito assoluto, ma appunto perché vi PARTE-CIPO, NON sono lo spirito assoluto nella sua assolutezza, altrimenti, ripeterei, non sarei PARTE (di esso).

D’altronde, è lo stesso Enrico Gamberini a SMENTIRE SE STESSO, giacché egli riconosce la DUALITÀ costituita dal <<corpo chiamato enrico gamberini>> e dallo spirito assoluto, e proprio essa SMENTISCE che il corpo (l’individuo, la coscienza personale), in quanto PARTE, sia <<una gigantesca illusione>> perché, se davvero fosse illusorio, NON avrebbe alcun senso che lo spirito assoluto veda e si rapporti <<a se stesso tramite un corpo chiamato enrico gamberini,e assume,rispetto a se stesso, un punto di vista che è in quel corpo>> in quanto sarebbe altrettanto ILLUSORIO che lo spirito assoluto si veda e si rapporti a se stesso tramite un corpo ILLUSORIO, che non c’è

Concludendo:

purtroppo, nonostante il suo impegno, di DIMOSTRAZIONI di ‘questa’ o ‘quella’ tesi, nel post di Enrico Gamberini non vi è neppure l’ombra…

 

Roberto Fiaschi

---------------------