Pretender di conseguire il ‘VERO-SENZA-CONTRADDIZIONI’
mediante l’esclusiva speculazione filosofica, significa, presto o tardi (in
genere molto presto), ritrovarsi nel vicolo cieco dell’APORIA.
Ad esempio, riporto questo passaggio di Marco Cavaioni (rSseotopdnsgi83c1a9g4Achistt86f02u7lmcgd78o33m3tie40ia055i5a):
<<Chi distingue pensiero e pensato, proprio perché
li distingue li riduce a pensati (pretende di averli pensati) entrambi,
cosicché distingue soltanto due pensati. Chi, di contro, identifica pensiero e
pensato, di nuovo per poterli identificare li ha supposti distinti, col che
ricade nell'aporia precedente. Ne segue che pensiero e pensato non sono
distinti ossia altri tra loro, ma nemmeno identici (panico tra chi vorrebbe
fare del principio di non contraddizione la "legge del
pensiero")>>.
------
Col
brano su riportato, Marco Cavaioni intende giustamente mettere in
scacco (o mostrare il limite de) il principio di non contraddizione (PdNC), prendendo come luogo
privilegiato l’impossibilità (a suo avviso) di DISTINGUERE <<pensiero e pensato>> perché, chi
<<li distingue
li riduce a pensati entrambi, cosicché distingue soltanto due pensati>>.
Tuttavia, qui, la sua INTENZIONE pare NON realizzarsi, sia
perché innalza il PENSIERO al rango di Assoluto-non-entificabile, sia perché,
soprattutto, egli continua ad avvalersi della NEGAZIONE ESCLUDENTE ossia di
quello stesso PdNC che invece vorrebbe infrangere (o limitare all’ambito
linguistico e degli enti).
Vediamo
come sia lo stesso Marco Cavaioni, all’inizio del suo post, ad AVALLARE
(suo malgrado?) la loro DISTINZIONE.
In che modo?
Egli parla di <<pensiero e pensato>>, cioè
utilizza due termini sicuramente NON-sinonimici, giacché il primo è l’ASSOLUTO
mentre il secondo, in quanto (è) pensato, DIPENDE dal primo; un po’ come la DISTINZIONE tra Creatore
e creatura.
Dunque
mi pare evidente come l’assolutizzazione del PENSIERO (operata dalla Scuola del
filosofo Giovanni Romano Bacchin della quale Marco Cavaioni è un esponente di spicco), abbia già IN SÉ la DISTINZIONE tra i due
termini, che poi trattasi di DISTINZIONE ontologica, ossia _ rispettivamente _ tra l’ESSERE
e l’ENTE/INESSENTE.
Ora,
ESCLUDERE
che il PENSIERO possa essere (un) pensato, come fa Marco Cavaioni, ri-conferma la loro reale DISTINZIONE,
aprendoci peraltro alla comprensione del primo, giacché se il PENSIERO non
potesse esser anche (un) pensato, NON capiremmo affatto a che cosa staremmo
riferendoci parlando appunto di PENSIERO.
Se egli, al fine di NON ridurre il PENSIERO a
pensato (cioè a ente), NEGA la loro DISTINZIONE, ebbene, si trova a ridurre nuovamente
il PENSIERO a pensato, poiché se il pensato, in quanto ente, NON si DISTINGUE dal
PENSIERO, allora anche quest’ultimo sarà un ente, in quanto, ripeto, NON si DISTINGUE dal pensato/dall’ente.
E già in tutto ciò vediamo all’opera quel PdNC che Marco Cavaioni NEGA possa valere come <<"legge del pensiero">>.
Eppure, egli osserva che <<pensiero e pensato non sono distinti ossia
altri tra loro, ma nemmeno identici (panico tra chi vorrebbe fare del principio di non contraddizione la
"legge del pensiero")>>.
Però si è visto come PENSIERO e pensato NON possano NON
essere DISTINTI o
<<altri tra loro>>; ribadiamolo:
se non lo fossero, allora lo stesso PENSIERO sarebbe (un) pensato/un
ente, in quanto NON DISTINGUENTESI
dai pensati/enti.
D’altronde, la loro effettiva DISTINZIONE è il fondamento
sulla base del quale Marco Cavaioni NEGA che il PENSIERO possa
essere (un) pensato perché, per negare che possa esserlo, il PENSIERO deve DISTINGUERSI
dall’essere (un) pensato.
Pertanto, aporia delle aporie:
1)- AUT si ESCLUDE che il PENSIERO possa
essere (un) pensato;
e allora ciò ri-conferma la loro reale DISTINZIONE, facendo
così del PENSIERO un pensato.
2)- AUT si NEGA la loro
reale DISTINZIONE;
e allora ci si ritrova a ridurre nuovamente il PENSIERO a
pensato.
In ENTRAMBI
i casi il PENSIERO si
riduce a (un) pensato, con buona pace della sua (del PENSIERO) assolutezza
ed impensabilità…
Roberto Fiaschi
--------------------
_Detail.jpg)
Nessun commento:
Posta un commento