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Questo lungo post è rivolto
principalmente a personaggi come
Romanino Romano (vedasi anche il post n° 162), il quale non si fa scrupoli nel salire in
‘cattedra’ ( = YouTube!) per contribuire _ tra numerosi INSULTI e BUGIE _ a dare il colpo di grazia alla
nostra già traballante ‘cultura’.
Ad esempio, leggiamo una parte di quanto ha scritto sotto il suo video https://www.youtube.com/watch?v=ZNaCSuqd93U intitolato:
<<Gesù Una Ridicola Messinscena … Ecco Le Prove>>.
Naturalmente, di tali <<prove>> egli non ne
fornisce NEPPURE L’OMBRA, ma comunque leggiamolo:
<<Ci scommetto neanche i più convinti cattolici
useranno la propria influenza per difendere il loro fantomatico Gesù ... Questo
è quello che avrei voluto ancora dire se il disgusto non mi fermava … Nella
storia del tempo non vi è nulla che parla di lui … Il vangelo è il solo
documento che ci parla di Gesù … la storia è muta … pertanto possiamo dire che
se la Bibbia non fosse stata scritta oggi parleremo di altri miti precedenti
alla falsa storia del detto Gesù … Non c’è un solo documento risalente
all’epoca di Gesù … di origine Ebraica … Romana … Greca o Araba … che parli di
un uomo che faceva miracoli ... Ci troviamo con il stesso problema per quanto
riguarda il detto Babbo Natale ... Gesù è solo una figura mitologica in linea
con la mitologia Greca … Romana … Egiziana o Sumera … ma di certo non una
figura storica ...>>.
Per non perder tempo a rispondergli, riporto di seguito
<<Un’analisi
completa di tutte le fonti extrabibliche e le fonti non cristiane su Gesù,
provenienti dal mondo ebraico, pagano e romano>>, così potrete
rendervi conto di quanta TRONFIA IGNORANZA costui riesca a diffondere nelle
teste di quei poveri disgraziati che lo seguono entusiasti.
Roberto Fiaschi
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LE FONTI STORICHE NON CRISTIANE SU GESÙ DI
NAZARETH?
Un’analisi completa di tutte le fonti extrabibliche e le
fonti non cristiane su Gesù, provenienti dal mondo ebraico, pagano e romano.
Una mole di informazioni maggiore rispetto a quella di moltissimi altri
personaggi storici.
Negli
ultimi secoli c’è stato un confronto serrato sul problema dell’esistenza
storica di Gesù Cristo.
Oggi
nessuno studioso serio mette più in dubbio la storicità di Gesù di Nazareth,
anche grazie alle fonti non cristiane, a quelle extrabibliche e
all’aumento di attendibilità storica guadagnata dai vangeli canonici e
dagli scritti neotestamentari.
In
realtà le fonti non cristiane non servono molto a convalidare
la storicità della vita di Gesù, sono infatti ampiamente sufficienti le
fonti cristiane.
Ecco
come lo studioso agnostico B.D. Ehrman, docente di Nuovo Testamento
presso l’Università del North Carolina, scrive a proposito della affidabilità
delle fonti cristiane:
«Le fonti
evangeliche sono bastate a convincere quasi tutti gli studiosi che si
sono anche solo interessati al tema. Parliamo di un certo numero di
vangeli del tutto indipendenti l’uno dall’altro. Attestano
l’esistenza di Gesù e convalidano lo stesso insieme di dati […], attingono a un
numero ampio di scritti antecedenti, vangeli che non ci sono pervenuti ma sono
quasi certamente esistiti. E’ stato dimostrato al di là di ogni ragionevole
dubbio che alcuni di essi risalgono come minimo agli anni Cinquanta dell’era
volgare e sono, a loro volta, indipendenti uno dall’altro […]. Ciascuno di essi
si fonda su tradizioni orali, alcune ebbero origine nelle comunità palestinesi
di lingua aramaica, probabilmente agli anni Trenta, non molto dopo
la data tradizionale della morte di Gesù […]. Indipendentemente dal fatto che
siano ritenuti o meno scritture inspirate, i vangeli possono essere considerati
e utilizzati come fonti storiche importanti»1.
Va
sottolineato fin da ora che le fonti extrabibliche e non cristiane su
Gesù non aggiungono nulla di nuovo rispetto a quanto già
sappiamo dai vangeli.
Piuttosto
possono essere utili per confermare tali scritti che restano
pienamente sufficienti a sostenere la storicità dei dati che affermano.
1. LE
FONTI NON CRISTIANE SU GESU’, PERCHE’ COSI’ POCHE?
La
gran parte delle fonti non cristiane sul Gesù storico sono di
scarso valore.
Il
biblista J.M. Garcia, direttore della Cattedra di Teologia
dell’Università Complutense e docente di Sacra Scrittura dell’Università
Ecclesiastica di San Damaso, ha spiegato:
«Le fonti
pagane ed ebraiche sul cristianesimo dei primi secoli sono per lo
più scarse e brevi. Tale peculiarità è dovuta soprattutto
all’origine insignificante della fede cristiana, che fa la sua comparsa nel
mondo come un fatto umano qualsiasi e per giunta in Palestina, una regione del
tutto emarginata dai centri di potere»2.
Anche
l’eminente studioso J.P. Meier, professore di Nuovo Testamento alla
Notre Dame University e tra i più importanti biblisti moderni, ha confermato:
«Dal
punto di vista della letteratura giudaica e pagana del secolo successivo a
Gesù, il Nazareno fu al massimo un puntino sullo schermo del
radar […]. Fu semplicemente insignificante per la storia nazionale e mondiale,
agli occhi degli storici giudei e pagani del I. sec. e dell’inizio del II sec.
d.C.», senza contare
che «il processo e l’esecuzione di Gesù lo resero marginale in un modo
terrificante e ripugnante». Di fatto, «Gesù per primo marginalizzò
se stesso»3.
Il
biblista italiano Romano Penna, ordinario di Origini Cristiane
presso la Pontificia Università Lateranense, a sua volta ha commentato: «Il
mondo della grande cultura greca e romana del I secolo è rimasto del
tutto estraneo alle origini del fatto cristiano, le quali da una
parte non avevano titoli umani sufficienti per richiamare la sua attenzione, e
dall’altra neppure lo pretendevano»4.
Gli
evangelisti, sottolinea ancora Meier, non avevano alcuna
intenzione di creare quella che oggi intendiamo essere una biografia
storica, «le fonti rimaste su Gesù non hanno mai avuto l’intenzione di
registrare tutto o la maggior parte delle parole e delle azioni del suo
ministero pubblico, per non parlare del resto della sua vita»5.
Occorre
considerare che, per chi crede, tutto questo non scandalizza affatto ma,
anzi, conferma la principale caratteristica di Dio: l’umiltà
dell’introdursi tra gli uomini silenziosamente, partendo da un pugno di poveri
pescatori in una piccola e povera regione di una marginale provincia romana.
Bisognerebbe
tuttavia anche ricordare che abbiamo perso tutti gli archivi di Gerusalemme a
causa delle distruzioni operata da Vespasiano e poi da Adriano6.
Karl
Adam, professore di
teologia morale presso l’Università di Strasburgo, ha fatto notare che
anche «l’insieme della tradizione letteraria dell’epoca dell’impero
romano fino ai tempi di Tacito e Svetonio è andata perduta»7.
Rispetto
allo storico romano Tacito, ad esempio, sono andati perduti molti
libri della sua opera Annali, nella quale ha delineato la storia di
Roma dal 14 al 68 d.C.
«Sfortunatamente», ha osservato J.P. Meier, «una
delle lacune negli Annali si trova nella trattazione del 29 d.C., con la
narrazione che riprende nel 32 d.C. Di conseguenza, l’anno più probabile del
processo e della morte di Gesù (30 d.C.) non è presente negli attuali
manoscritti degli Annali»8.
Gli
elementi della storia antica, così come i dati principali nella vita di Gesù,
restano sempre approssimativi e «lo stesso vale per
la maggioranza dei personaggi storici dell’epoca greco-romana
[…]. Le lamentele per la scarsità e la ambiguità delle fonti sono un
tratto comune alla maggior parte delle biografie degli imperatori
romani»9.
Flavio
Giuseppe, ad esempio, non
viene mai nominato nelle fonti greche e romane, non c’è nessun testimone
oculare per lui. Ma non conosciamo la data di nascita e morte di Erode
Antipa, di Ponzio Pilato, di Girolamo e degli
imperatori Nerva e Traiano. Quello che sappiamo
con certezza di Alessandro Magno può essere raccolto in poche
pagine (oltretutto risalenti a 400 anni dopo la sua morte), così come per Socrate,
la prima menzione di Erodoto risale a 100 anni dopo la morte.
Tornando
a Gesù, è chiaro oltretutto che «giudei e pagani di questo periodo, se
pure erano informati di un nuovo fenomeno religioso all’orizzonte, sarebbero
stati più informati sul gruppo nascente chiamato cristianesimo che su colui che
era ritenuto il suo fondatore, Gesù. Alcuni di questi scrittori, almeno,
avevano avuto contatti diretti o indiretti con cristiani; nessuno di
loro aveva avuto contatti con il Cristo che i cristiani adoravano»10
Se
dunque consideriamo tutti questi fatti:
(1) l’insignificanza geografica del luogo in cui Gesù di Nazareth
ha vissuto;
(2) l’impotenza sociale e politica dei suoi discepoli (pescatori,
poveri, donne ecc.);
(3) la sua volontaria emarginazione;
(4) la perdita della maggior parte del materiale storico a lui
contemporaneo (archivi di Gerusalemme);
(5) la scarsità di notizie certe sulla maggior parte dei personaggi
storici grecoromani;
(6) l’intenzione degli evangelisti lontana dal realizzare una
biografia ufficiale e completa di Gesù.
Ecco
che allora risulta ancora più sorprendente essere in possesso
di numerose notizie sul Gesù storico e sull’inizio del cristianesimo
coincidenti e attendibili al di fuori dei Vangeli.
Come
spiega J.P. Meier, «Gesù fu un ebreo marginale, che guidò
un movimento marginale in una provincia marginale di un immenso impero romano.
Desta meraviglia che qualche giudeo o pagano colto lo abbia
conosciuto o si sia minimamente riferito a lui nel I sec. o all’inizio del II.
Sorprendentemente, c’è un certo numero di possibili riferimenti a Gesù»11.
A
sua volta Michael K. Licona, studioso di Nuovo Testamento e docente
di Teologia presso la Houston Baptist University, ha scritto: «sfido a
citare qualcuno diverso da Gesù che sia vissuto nel primo secolo (ad esempio,
Augusto, Tiberio, Nerone, ecc) e che è stato menzionato da almeno 10 scrittori
che non condividono le sue convinzioni, e che scrivono entro 150 anni dalla sua
vita. Non esiste alcuna persona del primo secolo così
attestata come lo è Gesù»12.
2. LE
FONTI NON CRISTIANE SU GESU’ DI NAZARETH
Gli
studiosi distinguono tre grandi gruppi di fonti non cristiane su
Gesù: quelle pagane greco-romane, quelle pagane siro-palestinesi e quelle
ebraiche.
2.1 Le
fonti pagane greco-romane su Gesù di Nazareth
Le
testimonianze pagane greco-romane sono le più numerose a nostra disposizione,
certamente la più importante è quella di Tacito, le altre -come
vedremo- sono poco o per niente utili come fonti indipendenti sulla vita di
Gesù.
a) Tacito
Lo
storico e senatore romano Tacito (56/57-118 circa d.C.)
attraverso la sua opera Annali, scritta tra il 115 e il 117
d.C., ha narrato la storia dell’Impero romano dalla morte di Augusto a
quella di Nerone, cioè dal 14 al 68 d.C.
Ha
utilizzato documenti ufficiali conservati negli archivi,
memorie private di illustri personaggi e fonti storiografiche. Come già
accennato, l’opera è andata in parte perduta, molte lacune sono evidenti anche
nel VI libro nella parte dedicata agli anni 29-31 d.C. (periodo della morte di
Gesù).
Negli Annali compare
un breve riferimento retrospettivo a Gesù, quando l’autore accenna al tentativo
di Nerone di incolpare i cristiani per il grande incendio di Roma (64 d.C.):
«Allora,
per troncare la diceria, Nerone spacciò per colpevoli e condannò ai tormenti
più raffinati quelli che le loro nefandezze rendevano odiosi e che il volgo
chiamava cristiani. Prendevano essi il nome da Cristo, che era
stato suppliziato ad opera del procuratore Ponzio Pilato sotto l’impero di
Tiberio: e quella funesta superstizione, repressa per breve tempo, riprendeva
ora forza non soltanto in Giudea, luogo d’origine di quel male, ma anche in
Roma, ove tutte le atrocità e le vergogne confluiscono da ogni parte e trovano
seguaci»13.
L’autenticità del
passo è sostenuta dalla maggior parte degli studiosi.
«E’
un fatto evidente»,
scrive Robert E. Van Voorst, docente di New Testament Studies
presso il Western Theological Seminar del Michigan, «che la maggioranza
dei classicisti e degli studiosi della Bibbia concordano che in questo passaggio
Tacito si sta riferendo a Gesù»14.
Come
ha spiegato J.P. Meier, «nonostante alcuni deboli tentativi
di mostrare che questo testo è un’interpolazione cristiana in
Tacito, il passo è certamente genuino. Non solo è attestato in
tutti i manoscritti degli Annali, ma il tono decisamente anticristiano del
testo rende quasi impossibile un’origine cristiana […], i cristiani,
considerati in se stessi, sono chiaramente disprezzati per i loro abominevoli
crimini o vizi; essi costituiscono una superstizione morale o pericolosa»15.
Inoltre,
il riferimento a Gesù è talmente «breve e di scarsa considerazione che
difficilmente proviene da mano cristiana»16.
Anche B.D.
Ehrman scrive: «Non conosco alcun classicista di professione,
e nessuno studioso dell’antica Roma, che» non ne sostenga
l’autenticità. «E’ evidente che Tacito sapesse qualcosa di Gesù»17.
Tacito sembra aver utilizzato una fonte
non cristiana e apertamente ostile al cristianesimo, oltretutto commettendo
l’errore nel definire Pilato un “procuratore” della Giudea quando
invece fu prefetto (come sappiamo dalle iscrizioni scoperte nel 1961 a
Cesarea).
Questo
elemento suggerisce che «Tacito, per sapere che cosa era accaduto a
Gesù, non consultò alcun documento ufficiale scritto ai tempi in cui l’uomo fu
giustiziato (ammesso che tali documenti siano esistiti). Pertanto riportò
informazioni trasmesse oralmente […], nulla lascia a pensare che
abbia acquisito dai vangeli le sue informazioni su Gesù»18.
Le informazioni
più importanti fornite da Tacito in questo brano sono tre:
- Gesù
muore sotto il regno di Tiberio (14-37 d.C.) e la prefettura di Pilato
(26-36 d.C.);
- Gesù
muore per un’esecuzione decisa dal governatore romano della Giudea, non si
cita la crocifissione ma è implicito presupporla in quanto metodo
utilizzato per gli ebrei giustiziati in Giudea da un governatore romano;
- Presuppone
una rapida diffusione del cristianesimo in tutto l’Impero.
In
ogni caso, ha concluso J.P. Meier, «Tacito ci
fornisce un’antica testimonianza non cristiana dell’esistenza,
della collocazione temporale e geografica, della morte e dell’incidenza storica
perdurante di Gesù, ma non dice nulla»19 che
già non sapevamo.
Con
questa conclusione concordano C.A. Evans, docente di Nuovo
Testamento presso l’Acadia Divinity College, e N.T. Wright, tra i
principali studiosi del Nuovo Testamento del mondo anglosassone, per i
quali: «Anche se Tacito commette un lieve errore nell’elevare il grado
di Pilato (era prefetto, non procuratore), la sua laconica sintesi concorda con
ciò che troviamo in Flavio Giuseppe e nei vangeli cristiani»20.
B.D.
Ehrman utilizza la
testimonianza di Tacito come una delle dimostrazioni principali
extratestamentarie dell’esistenza di Gesù: «Il suo riferimento
dimostra che al principio del II secolo le massime cariche istituzionali romane
sapevano che Gesù era vissuto ed era stato giustiziato dal governatore della
Giudea»21.
Gaio
Plinio Secondo (61-113
circa d.C.), nipote e figlio adottivo di Plinio il Vecchio, è stato uno scrittore
romano noto per la sua intensa corrispondenza (12 libri di lettere).
Nel
settembre 111 d.C. venne nominato legale per la provincia della Bitinia (Asia
Minore) con potere consolare e durante il suo mandato tenne un fitto carteggio
con l’imperatore Traiano (98-117 d.C.), al quale si rivolse
per avere consigli su ogni tipo di questione.
Una
delle epistole, la X,96 scritta nel 112 d.C.,
riguarda la persecuzione contro i cristiani che la sua carica
gli impone di portare a compimento:
«E’
per me un dovere, o signore, deferire a te tutte le questioni in merito alle
quali sono incerto. Chi infatti può meglio dirigere la mia titubanza o istruire
la mia incompetenza? Non ho mai preso parte ad istruttorie a carico dei
Cristiani; pertanto, non so che cosa e fino a qual punto si sia soliti
punire o inquisire. Ho anche assai dubitato se si debba tener conto di qualche
differenza di anni; se anche i fanciulli della più tenera età vadano trattati
diversamente dagli uomini nel pieno del vigore; se si conceda grazia in seguito
al pentimento, o se a colui che sia stato comunque cristiano non giovi affatto
l’aver cessato di esserlo; se vada punito il nome di per se stesso, pur se
esente da colpe, oppure le colpe connesse al nome. Nel frattempo, con coloro
che mi venivano deferiti quali Cristiani, ho seguito questa procedura: chiedevo
loro se fossero Cristiani. Se confessavano, li interrogavo una seconda e una
terza volta, minacciandoli di pena capitale; quelli che perseveravano, li
ho mandati a morte. Infatti non dubitavo che, qualunque cosa confessassero,
dovesse essere punita la loro pertinacia e la loro cocciuta ostinazione. Ve ne
furono altri affetti dalla medesima follia, i quali, poiché erano
cittadini romani, ordinai che fossero rimandati a Roma. Ben presto, poiché si
accrebbero le imputazioni, come avviene di solito per il fatto stesso di
trattare tali questioni, mi capitarono innanzi diversi casi. Venne messo in circolazione
un libello anonimo che conteneva molti nomi. Coloro che negavano di essere
cristiani, o di esserlo stati, ritenni di doverli rimettere in libertà, quando,
dopo aver ripetuto quanto io formulavo, invocavano gli dei e veneravano la tua
immagine, che a questo scopo avevo fatto portare assieme ai simulacri dei numi,
e quando imprecavano contro Cristo, cosa che si dice sia impossibile ad
ottenersi da coloro che siano veramente Cristiani. Altri, denunciati da un
delatore, dissero di essere cristiani, ma subito dopo lo negarono; lo erano
stati, ma avevano cessato di esserlo, chi da tre anni, chi da molti anni prima,
alcuni persino da vent’anni. Anche tutti costoro venerarono la tua immagine e i
simulacri degli dei, e imprecarono contro Cristo. Affermavano inoltre che tutta
la loro colpa o errore consisteva nell’esser soliti riunirsi prima dell’alba e
intonare a cori alterni un inno a Cristo come se fosse un dio, e
obbligarsi con giuramento non a perpetrare qualche delitto, ma a non commettere
né furti, né frodi, né adulteri, a non mancare alla parola data e a non
rifiutare la restituzione di un deposito, qualora ne fossero richiesti. Fatto
ciò, avevano la consuetudine di ritirarsi e riunirsi poi nuovamente per
prendere un cibo, ad ogni modo comune e innocente, cosa che cessarono di fare
dopo il mio editto nel quale, secondo le tue disposizioni, avevo proibito
l’esistenza di sodalizi. Per questo, ancor più ritenni necessario l’interrogare
due ancelle, che erano dette ministre, per sapere quale sfondo di verità ci
fosse, ricorrendo pure alla tortura. Non ho trovato null’altro al di fuori di
una superstizione balorda e smodata. Perciò, differita l’istruttoria, mi sono
affrettato a richiedere il tuo parere. Mi parve infatti cosa degna di
consultazione, soprattutto per il numero di coloro che sono coinvolti in questo
pericolo; molte persone di ogni età, ceto sociale e di entrambi i sessi,
vengono trascinati, e ancora lo saranno, in questo pericolo. Né soltanto la
città, ma anche i borghi e le campagne sono pervase dal contagio di
questa superstizione; credo però che possa esser ancora fermata e riportata
nella norma»22.
L’imperatore Traiano rispose
alla lettera di Plinio con queste parole:
«Mio
caro Plinio, nell’istruttoria dei processi di coloro che ti sono stati denunciati
come Cristiani, hai seguito la procedura alla quale dovevi attenerti. Non
può essere stabilita infatti una regola generale che abbia, per così dire, un
carattere rigido. Non li si deve ricercare; qualora vengano denunciati e
riconosciuti colpevoli, li si deve punire, ma in modo tale che colui che avrà
negato di essere cristiano e lo avrà dimostrato con i fatti, cioè rivolgendo
suppliche ai nostri dei, quantunque abbia suscitato sospetti in passato,
ottenga il perdono per il suo ravvedimento. Quanto ai libelli anonimi messi in
circolazione, non devono godere di considerazione in alcun processo; infatti è
prassi di pessimo esempio, indegna dei nostri tempi»23.
Gli
storici concordano anche in questo caso sull’autenticità di
entrambe le lettere.
Robert
Van Voorst, docente di New
Testament Studies al Western Theological Seminary del Michigan, scrive
che «il testo di queste due lettere è ben attestato e stabile, la
loro autenticità non è seriamente contestata. Il loro stile
corrisponde a quello delle altre lettere del Libro 10, ed erano note già al
tempo di Tertulliano»24.
Le
informazioni più interessanti che si possono trarre da questa corrispondenza sono
principalmente tre:
(1) I cristiani sono soliti incontrarsi la domenica mattina, prima
dell’alba, per intonare inni a Cristo «come se fosse un dio», e nel
pomeriggio per celebrare l’agape o banchetto fraterno;
(2) Più volte viene segnalata l’assenza di qualunque pericolo e
l’innocenza di tali raduni, rispondendo alle accuse che il popolo era solito
attribuire ai cristiani (cannibalismo, in quanto mangiavano la carne del figlio
di Dio e bevevano il suo sangue ecc.);
(3) I cristiani si impegnavano in comportamenti virtuosi, non
commettendo delitti, furti, frodi, adulteri ecc.;
Secondo
il biblista J.P. Meier, «il fatto che Cristo sia trattato
dai cristiani come un dio è qualcosa di nuovo nelle nostre
scarse fonti non cristiane. Tuttavia non aggiunge nulla alla nostra conoscenza
del Gesù storico»25.
Su
questo B.D. Ehrman concorda pienamente: «Questo
riferimento ci dice solo che nella regione dell’Asia Minore, agli inizi del II
secolo, c’erano cristiani che adoravano qualcuno chiamato Cristo. Lo sapevamo
già da altre fonti (cristiane) […]. Se non altro possiamo affermare che agli
inizi del II secolo era opinione diffusa che Gesù
fosse esistito, anche se l’accenno di Plinio non ci dice molto altro»26.
c) Svetonio
Lo
scrittore romano Svetonio (69/70 – 140 d.C.) fu contemporaneo
di Tacito e ricoprì tre incarichi a servizio dell’imperatore: archivista,
preposto alla cura delle biblioteche imperiali e segretario redattore della
corrispondenza imperiale.
Nella
composizione dei suoi scritti attinse agli archivi imperiali e
verso il 120 d.C. scrisse le biografie dei primi imperatore
romani, da Augusto a Domiziano, precedute dalla biografia di Giulio Cesare.
Nel
suo libro Vita dei Cesari, scritto attorno al 115 d.C., si
legge:
«Poiché
i Giudei si sollevavano continuamente su istigazione di un certo Cresto,
li scacciò da Roma»27.
Lo
stesso episodio è accennato negli Atti degli Apostoli (cfr. At
18,2).
Per
quanto riguarda l’autenticità di questo passo si ignora quale fonte
d’informazione abbia utilizzato Svetonio, «forse per un’informazione
sbagliata o per un suo convincimento errato ritiene che a Roma sia presente un
certo Cresto, istigatore della rivolta»28,
scrive il biblista spagnolo J.M. Garcia.
Sempre Garcia,
prosegue così:
«In
realtà, si tratta solamente del motivo della disputa, quindi molto
probabilmente qui si allude a Cristo e alla predicazione
cristiana: la forma “Cresto” riferita a Gesù è sicuramente dovuta a una
deformazione dell’epoca. Due dati importanti supportano questa possibilità: il
fatto che il termine “cristiani” appare scritto in alcune opere romane come “chrestianos”
e l’assenza del nome di Cresto negli epitaffi delle tombe giudaiche del I
secolo»29.
Anche Tacito parla
di “chrestianos” invece che di “christianos”, lo studioso
dell’University of North Carolina B.D. Ehrman spiega infatti
che «quel genere di errore era diffuso»30.
R.E.
Brown, professore emerito
presso l’Union Theological Seminary di New York, riferisce che «tra le
diverse centinaia di nomi di giudei romani resi noti dalle catacombe giudaiche
e da altre fonti, non appare alcun caso di “Chrestus”»31.
C.A.
Evans, docente di Nuovo
Testamento presso l’Acadia Divinity College, riferendosi alla forma “Cresto”,
sostiene: «La variazione di ortografia era abbastanza comune ed
è anche documentato nel migliore dei manoscritti del Nuovo Testamento»32.
Robert
E. Van Voorst, docente di
New Testament Studies presso il Western Theological Seminar del Michigan,
scrive: «Concludiamo con la stragrande maggioranza di studiosi
moderni che questa frase è vera»33.
Secondo J.P.
Meier, «forse la fonte usata da Svetonio identificava Cresto con
Gesù, mentre Svetonio fraintese il nome come quello di qualche schiavo o
liberto ebreo che provocava scompiglio nelle sinagoghe romane durante il regno
di Claudio». Tuttavia, dal testo «non si ottiene alcuna
nuova conoscenza sul Gesù storico»34.
Lo
stesso pensa B.D. Ehrman: «Anche se Svetonio si riferisce a
Gesù sbagliando l’ortografia dell’epiteto, ciò non è di grande aiuto nella
nostra ricerca dei riferimenti non cristiani […]. E’ troppo ambiguo perché
possa essere di qualche utilità»35.
Svetonio non fornisce quindi nessuna
nuova informazione, si possono tuttavia rilevare due cose interessanti:
(1) Nel 49 d.C. (è l’anno del decreto che espulse i Giudei da Roma)
nella capitale dell’Impero c’era già una viva comunità cristiana;
(2) Gesù è già divenuto un «”segno di contraddizione”»,
come osserva il biblista R. Penna, «cioè motivo di contesta
all’interno dell’ebraismo romano. Questo Cristo sembra un sobillatore vivente e
contemporaneo ai fatti»36.
Svetonio
può essere stato indotto all’errore dal fatto che le comunità cristiane
parlavano di Gesù come un vivente, morto, risorto e ancora
presente. Lo testimoniano anche gli Atti degli Apostoli quando riportano il pensiero
del governatore romano Festo sulla denuncia degli ebrei di
Gerusalemme a Paolo: «Avevano solo con lui questioni riguardanti un
certo Gesù, morto, che Paolo sosteneva essere ancora in vita» (At
25,19).
Il
celebre oratore romano Marco Cornelio Frontone (100-168 d.C.)
fu maestro di retorica dell’imperatore Marco Aurelio e senatore e console
nell’anno 143 d.C.
Nel 162
(o 166) d.C. scrisse l’Orazione contro i cristiani di cui
ci sono pervenuti soltanto alcuni riferimenti citati nell’apologia di Minucio
Felice, Octavius:
«I
cristiani, raccogliendo dalla feccia più ignobile i più ignoranti e le
donnicciuole, facili ad abboccare per la debolezza del loro sesso, formano
una banda di empia congiura, che si raduna in congreghe notturne per celebrare
le sacre vigilie o per banchetti inumani, non con lo scopo di
compiere un rito, ma per scelleraggine; una razza di gente che ama nascondersi
e rifugge la luce, tace in pubblico ed è garrula in segreto. Disprezzano
ugualmente gli altari e le tombe, irridono gli dei, scherniscono i sacri riti;
miseri, commiserano i sacerdoti (se è lecito dirlo), disprezzano le dignità e
le porpore, essi che sono quasi nudi! […] Regna tra loro la licenza sfrenata,
quasi come un culto, e si chiamano indistintamente fratelli e sorelle,
cosicché, col manto di un nome sacro, anche la consueta impudicizia diventi
incesto. […] Ho sentito dire che venerano, dopo averla consacrata, una testa
d’asino, non saprei per quale futile credenza […] Altri raccontano che venerano
e adorano le parti genitali del medesimo celebrante e sacerdote […] E chi ci
parla di un uomo punito per un delitto con il sommo supplizio
e il legno della croce, che costituiscono le lugubri sostanze della loro
liturgia, attribuisce in fondo a quei malfattori rotti ad ogni vizio l’altare
che più ad essi conviene […] Un bambino cosparso di farina, per ingannare gli
inesperti, viene posto innanzi al neofita, […] viene ucciso. Orribile a dirsi,
ne succhiano poi con avidità il sangue, se ne spartiscono a gara le membra, e
con questa vittima stringono un sacro patto […] Il loro banchetto, è ben
conosciuto: tutti ne parlano variamente, e lo attesta chiaramente una orazione
del nostro retore di Cirta […] Si avvinghiano assieme nella complicità del
buio, a sorte»37.
Non
ci sono dubbi sull’autenticità del brano e, come facilmente si
nota, la descrizione utilizza testimonianze ricavate da conversazioni con la
gente, materiale di seconda mano.
Quelle
di Cornelio Frontone sono accuse grossolane, confuse e di scarso
valore (ricordiamo le parole di Giustino: «Veramente è ingiusto
ritenere per filosofo colui che, a nostro danno, rende pubblicamente
testimonianza di cose che non conosce, dicendo che i Cristiani sono atei e
scellerati; e dice ciò per ricavarne grazia e favore presso la folla, che resta
ingannata»38).
Le
notizie che riporta Cornelio Frontone sono comunque utili
come conferma di alcuni elementi interessanti:
(1) Si riferisce alla morte di Gesù sulla croce;
(2) I cristiani si chiamano reciprocamente fratello e sorella
(insegnamento di Gesù);
(3) I cristiani celebrano un banchetto sacro (la Messa).
Luciano
di Samosata (115
circa – 200 circa d.C.) fu uno scrittore satirico, scettico e ironico.
Nel
suo libro La morte di Peregrino, scritto attorno al 170
d.C., fa riferimento ai cristiani narrando la storia di un mascalzone
(Proteo) che vive ingannando e sfruttando la gente, compresi i cristiani che
descrive come sciocchi e ingenui.
Ecco il
riferimento a Gesù:
«Allora
Proteo venne a conoscenza della portentosa dottrina dei cristiani, frequentando
in Palestina i loro sacerdoti e scribi. E che dunque? In un batter d’occhio li
fece apparire tutti bambini, poiché egli tutto da solo era profeta, maestro del
culto e guida delle loro adunanze, interpretava e spiegava i loro libri, e ne
compose egli stesso molti, ed essi lo veneravano come un dio, se ne
servivano come legislatore e lo avevano elevato a loro protettore a somiglianza
di colui che essi venerano tuttora, l’uomo che fu crocifisso in
Palestina per aver dato vita a questa nuova religione […]. Si sono persuasi
infatti quei poveretti di essere affatto immortali e di vivere per
l’eternità, per cui disprezzano la morte e i più si consegnano di buon grado.
Inoltre il primo legislatore li ha convinti di essere tutti fratelli gli uni
degli altri, dopoché abbandonarono gli dei greci, avendo trasgredito tutto in
una volta, ed adorano quel medesimo sofista che era stato
crocifisso e vivono secondo le sue leggi. Disprezzano dunque ogni bene
indiscriminatamente e lo considerano comune, seguendo tali usanze senza alcuna
precisa prova. Se dunque viene presso di loro qualche uomo ciarlatano e
imbroglione, capace di sfruttare le circostanze, può subito diventare assai
ricco, facendosi beffe di quegli uomini sciocchi»39.
Alcune
espressioni di Luciano fanno pensare ad una diretta conoscenza di certi
ambienti cristiani, tanto che alcuni studiosi non la ritengono
una fonte indipendente dai vangeli (ad esempio J.P. Meier), altri invece sono a
favore dell’indipendenza argomentando l’utilizzo di vocaboli non contenuti nel
Nuovo Testamento (ad esempio R.E. Van Voorst40.
Le
informazioni utili fornite da Luciano non sono comunque molte:
(1) Conferma la collocazione dell’origine del cristianesimo in
Palestina;
(2) Conferma la crocifissione di Gesù da parte dei romani (il greco
della lettera in realtà parla di un uomo impalato, la crocifissione fu
un’evoluzione dell’impalatura «ma con molta probabilità il vocabolo da
lui scelto ha carattere derisorio»41;
(3) Conferma che i Cristiani veneravano Gesù come un dio;
(4) Conferma la convinzione dei cristiani della vita eterna e
l’amore fraterno che nutrono gli uni verso gli altri (insegnamento di Gesù);
(5) Cristo non viene mai nominato, è considerato un “sofista” ed il
“primo legislatore” dei Cristiani, le cui leggi sono da essi seguite;
f) Petronio
Petronio fu consigliere letterario e maestro
di stile alla corte dell’imperatore romano Nerone, succedendo a Seneca nel 62
d.C.
La
sua principale opera è il romanzo Satyricon, scritto tra il
54 e il 68 d.C. (più probabilmente negli anni 64-65). In esso viene
descritta a lungo una lussuriosa cena del liberto Trimalcione la
quale somiglia incredibilmente ad un brano del vangelo di Marco.
Trimalcione
si fa portare delle vesti preparate per la sua sepoltura invitando i convitati
a considerare il pasto come il suo banchetto funebre:
«”Porta
anche dell’unguento e un assaggio da quell’anfora, con cui voglio siano lavate
le mie ossa” […] Subito aprì l’ampolla del nardo, unse tutti noi e disse “Spero
che possa piacermi da morto quanto da vivo”. Poi comandò che fosse infuso
del vino in una brocca e disse “Fate come se foste stati invitati ai miei
funerali”»42.
Una
scena simile, come dicevamo, si svolge nel vangelo di Marco:
«Gesù
si trovava a Betània nella casa di Simone il lebbroso. Mentre stava a mensa,
giunse una donna con un vasetto di alabastro, pieno di olio profumato di nardo
genuino di gran valore; ruppe il vasetto di alabastro e versò l’unguento sul
suo capo […] “Essa ha fatto ciò ch’era in suo potere, ungendo in anticipo il
mio corpo per la sepoltura. 9 In verità vi dico che dovunque, in tutto il
mondo, sarà annunziato il vangelo, si racconterà pure in suo ricordo ciò che
ella ha fatto”» (Mc
14, 3-9).
C’è
un altro passo della cena descritta da Petronio che
sembra ricordare i racconti evangelici:
«Mentre
diceva queste cose, un gallo domestico cantò. Turbato da quella voce,
Trimalcione comandò che fosse versato del vino sotto la tavola e che anche la
lucerna ne venisse cosparsa. Poi passò l’anello nella mano destra e disse: “Non
senza ragione questo trombettiere ha dato il segnale; infatti o dovrà scoppiare
un incendio, o qualcuno dei vicini dovrà morire. Lungi da noi! Per cui, chi mi
porterà questo accusatore riceverà un premio”. In men che non si dica venne
portato un gallo da una casa vicina, che Trimalcione ordinò
venisse cotto in pentola»43.
Relativamente
al canto del gallo, nel resto della tradizione greco-romana è
preannunzio del giorno e della vittoria, mai presagio di morte, qui «è
invece ritenuto annuncio di una sciagura mortale -unico caso in tutta la
letteratura classica insieme al Vangelo- e il gallo è detto index,
denunciatore»44.
Effettivamente
la definizione petroniana del gallo come index, ovvero, in
linguaggio giuridico, come denunziatore, accusatore, sembra ricordare la
funzione che rivestì il gallo nel vangelo di Marco, cioè quella di
denunziare il triplice tradimento di Pietro (cfr Mc 14,30).
Sempre
nel Satyricon compare anche l’episodio della matrona
di Efeso, anch’esso pare avere reminiscenze evangeliche:
«Una
matrona di Efeso, […] avendo perso il marito, […] seguì il defunto persino nel
sepolcro. […] Nello stesso tempo il governatore della provincia comandò che
fossero crocifissi dei ladroni proprio accanto al sepolcro nel
quale la matrona piangeva il recente cadavere. La notte seguente, quando il
soldato che sorvegliava le croci affinché nessuno togliesse i corpi per
seppellirli, notò un lume splendere tra le tombe e udì il gemito di qualcuno
che piangeva […] volle sapere chi fosse e che cosa facesse. Scese quindi nella
tomba. […] Dunque giacquero assieme non solo quella notte nella quale fu
consumato il loro imene, ma anche il seguente ed il terzo giorno,
tenendo certamente chiuse le porte del sepolcro. […] Ma i parenti di un
crocifisso, come videro diminuita la sorveglianza, tirarono giù di notte
l’appeso e gli resero l’estremo ufficio. E quando il giorno successivo il
soldato […] vide una croce senza cadavere, atterrito dal supplizio raccontò
alla donna quello che era successo. […] Ella disse allora di togliere il corpo
del proprio marito dall’arca e di attaccarlo a quella croce che era vuota. Il
soldato approfittò dell’ingegno dell’avvedutissima donna, ed il giorno dopo il
popolo si meravigliava di come quel morto avesse potuto salire sulla croce»45.
La
citazione di un governatore provinciale (Pilato?), dei ladroni crocifissi,
della guardia sepolcrale e dei tre giorni nel sepolcro, e infine il tema del
trafugamento del cadavere (un’accusa rivolta ai cristiani già da tempo), «ci
farebbero pensare ad una parodia del racconto della morte e risurrezione del
Cristo»46 ha scritto lo
storico del cristianesimo primitivo Andrea Nicolotti.
Possibili
parodie dell’eucarestia cristiana potrebbero essere le allusioni di
Trimalcione al vino, durante la cena, e nell’affermazione di Eumolpo di
possedere un grande tesoro e volerlo lasciare in eredità agli amici «a
patto che taglino a pezzi il mio cadavere e se lo mangino alla presenza del
popolo […]. Perciò io esorto tutti i miei amici a non sottrarsi alla mia
volontà, invitandoli a mangiarsi il mio cadavere con lo stesso gusto con il
quale avranno di certo mandato a quel paese l’anima mia»47.
L’allusione
caricaturale dell’ultima cena di Gesù è evidente, riprendendo anche
l’accusa di cannibalismo affibbiata a lungo tempo ai cristiani.
Ma
ci sono altri legami tra Trimalcione e la storia di Gesù.
Il
protagonista del Satyricon afferma, ad esempio, di aver
consultato un astrologo che gli ha predetto la morte dopo altri trent’anni,
cosa della quale egli è persuaso. Trent’anni è anche l’età in cui morì Gesù.
Anche lo stesso nome del protagonista, il rozzo villano arricchito Trimalcione,
potrebbe essere una forma di parodia della Trinità cristiana: è di
origine semitica e significa “tre volte re” (mlk in ebraico
significa “re” ed è la parola che comparve nel cartiglio posto da Pilato sulla
croce di Gesù: “Re dei re”).
Diverso
tempo fa il teologo E. Preuschen, sottolineando le evidenti
somiglianze tra il vangelo di Marco e i brani del Satyricon,
sostenne (anche a causa dello stato degli studi sulla datazione dei vangeli del
tempo) una imitazione di Petronio da parte dell’evangelista
Marco48.
La
tesi venne presto respinta: è impossibile pensare che un
autore cristiano, determinato a testimoniare la vicenda di Gesù, copiasse da un
romanzo assai famoso e diffuso, senza contare la satira dissacrante ben poco
compatibile con la tragica morte di Gesù.
Più
recentemente, la storica e biblista Ilaria Ramelli ha ripreso
la tesi di Preusche ribaltandola: sarebbe stato Petronio a parodiare il
vangelo di Marco, e non viceversa49 50.
Bisognerebbe
dunque retrodatare la composizione di questo vangelo a
prima del 66 d.C., data della morte di Petronio, mentre oggi la maggior
parte degli studiosi fa risalire il testo di Marco al 70 d.C.
Analizzando
gli argomenti di Ramelli, ecco l’opinione dello storico del cristianesimo Andrea
Nicolotti:
«L’ipotesi
della parodia del racconto evangelico non pare così azzardata […].
Al di là di questi sviluppi assolutamente innovativi, qualora fosse anche solo
provato un collegamento tra gli avvenimenti evangelici ed il romanzo di
Petronio nel modo sopra esposto, saremmo di fronte alla prima velata testimonianza
non cristiana di Gesù e della sua Chiesa, redatta nel tempo in cui gli
apostoli Pietro e Paolo predicavano e subivano il martirio nella capitale
dell’impero romano. Fino a quel momento, possiamo solo considerare questa
chiave interpretativa come una interessante ipotesi che
necessita di ulteriore approfondimento»51.
I
testi di Petronio contribuiscono al dibattito sulla datazione dei Vangeli,
tuttavia non sono molto utili nel nostro percorso in quanto
non aggiungono nulla di nuovo e le informazioni offerte suggeriscono una dipendenza dai
testi evangelici, in particolare quello di Marco.
g) Tallo
All’interno
di una sua Cronaca in lingua greca, lo storico romano di
nome Tallo cita un fatto riguardante il giorno della morte di
Gesù, ovvero l’oscuramento del cielo di cui parlano anche i
vangeli (“Giunta l’ora sesta, si fece buio su tutta la terra fino all’ora
nona”, Mt 27,45 // Lc 23,44).
L’opera
di Tallo è andata perduta, ma la citazione è ripresa dallo scrittore Sesto
Giulio Africano (160/170 – 240 d.C.) nella sua Chronographia,
opera anch’essa purtroppo andata persa.
Il
riferimento è a noi noto in quanto è stato citato attorno all’anno 800 dallo
storico Giorgio Sincello nell’opera Ecloga
chronographica, dove asserisce di riportare un passo «tratto da
Africano, riguardo agli eventi associati con la passione» di Gesù.
Sesto
Giulio Africano avrebbe
infatti scritto:
«Una
terribile oscurità si abbatté su tutto il mondo, le rocce furono spezzate da un
terremoto e molti luoghi della Giudea e del territorio restante furono
abbattuti. Tallo, nel terzo libro delle Storie, definisce questa oscurità
come eclissi del sole, a mio parere irragionevolmente»52.
Africano
è solitamente ritenuto un autore affidabile e sull’autenticità della
sua citazione ci sono pochi dubbi.
Non
si conoscono invece le fonti dello storico Tallo, potrebbe aver
appreso l’evento dai vangeli oppure avrebbe potuto basarsi su altre fonti.
Se
Tallo è il Thallos samareus vissuto a Roma nella metà del I
secolo, citato da Flavio Giuseppe, allora la sua testimonianza potrebbe
essere il più antico riferimento non cristiano a Gesù, in
quanto risalente a vent’anni circa dopo la sua morte53.
2.2 Le
fonti pagane siro-palestinesi su Gesù di Nazareth
Tra
le testimonianze pagane siro-palestinesi l’unica che può avere
un’utilità è quella di Mara Bar Serapion, di cui parliamo qui
sotto.
Mara
Bar Serapion è il
nome di una persona che scrive una lettera al figlio per esortarlo a perseguire
sempre la sapienza, la lettera è raccolta in un manoscritto siriaco del secolo
VII (conservata oggi al British Museum).
Si
ritiene54 che la missiva sia
stata scritta agli inizi del II secolo o addirittura alla fine
del I, molto probabilmente è successiva all’anno 73 d.C. date
le circostanze storiche alle quali si fa riferimento (come la fuga da Samosata
di alcuni cittadini).
Il
testo di Mara Bar Serapion che ci interessa è il seguente:
«Quale
vantaggio trassero gli Ateniesi dall’aver ucciso Socrate? Ne ottennero carestia
e morte. O gli abitanti di Samo per aver bruciato Pitagora? In un momento tutto
il loro paese fu coperto dalla sabbia. O i Giudei, per il loro saggio
re? Da quel tempo fu sottratto loro il regno. Dio vendicò giustamente la
saggezza di questi tre uomini: gli Ateniesi morirono di fame, gli abitanti di
Samo furono travolti dal mare, i Giudei furono eliminati e cacciati fuori dal
loro regno, e sono ora dispersi per tutte le terre. Socrate non è morto, grazie
a Platone; né Pitagora, grazie alla statua di Hera, né il saggio re, grazie
alle nuove leggi che ha stabilito»55.
L’autore non
è certamente cristiano altrimenti non parlerebbe (come fa altrove nel
testo) dei «nostri dèi», né della permanenza in vita di Cristo in
questi termini, tanto meno porrebbe Cristo e i filosofi greci sullo stesso
piano.
Tra
gli studiosi c’è un consenso di massima nell’identificare il
“saggio re dei Giudei” con Gesù di Nazareth56.
Il
biblista Romano Penna ha scritto: «L’esecuzione di
un “re saggio” non può riferirsi da altri» se non a
Gesù, «poiché la storia non conosce alcun re d’Israele condannato a
morte dagli stessi ebrei: né davididi, né asmonei, né erodiadi»57.
Inoltre,
ha proseguito l’esimio biblista, «la qualifica ripetuta di “re saggio”
può riferirsi molto bene a Gesù di Nazareth» visto che «contiene
una doppia allusione: al motivo ufficiale della sua condanna come “re dei
giudei” (Mt 27,37//Mc 15,26//Lc 23,38 e Gv 19,19-21); e alla saggezza del suo
messaggio morale»58.
Significativa
l’informazione offerta sui motivi che hanno causato la morte di Gesù, dal
momento che attribuisce la sua condanna a morte ai giudei piuttosto che ai
romani. I tempi sono inoltre congruenti: la morte di Gesù è seguita
dopo alcuni decenni dalla caduta di Gerusalemme e dalla fine del regno. Il
documento potrebbe quindi costituire una delle prime, se non la
prima, testimonianza storica esterna all’ambiente cristiano o ebraico a Gesù
(scritta quarant’anni dopo la morte di Gesù).
2.3 Le
fonti ebraiche su Gesù di Nazareth
Gli
studiosi si sono divisi sull’importanza delle fonti ebraiche in rapporto alla
storicità del cristianesimo: a parte l’importante testimonianza di Flavio
Giuseppe, rimangono i testi del Talmud, uno dei libri sacri
dell’ebraismo.
Alcuni
storici negano completamente qualsiasi riferimento a Gesù nei
testi rabbinici, altri sostengono che i materiali rabbinici primitivi (compresa
la Mishnà) non parlano di Gesù, pur ammettendo l’esistenza di alcune
allusioni negli scritti tardivi ai quali però non attribuiscono alcun
valore storico.
Ad
esempio J.P. Meier afferma: «Al contrario di altri
studiosi non penso che il materiale rabbinico […] ci offra nuove informazioni
affidabili o detti autentici, indipendenti dal Nuovo Testamento»59.
Dello
stesso avviso anche C.A. Evans, docente di Nuovo Testamento presso
l’Acadia Divinity College: «Un serio problema nel fare uso di queste
tradizioni è che probabilmente nessuna di esse è indipendente
dalle fonti cristiane»60.
Un
terzo gruppo di studiosi, invece, rintraccia brevi accenni a
Gesù, comunque di scarso valore storico in quanto hanno un tono fortemente
polemico e di scarsa obiettività (ad esempio J. Klausner).
Lo
storico giudeo Flavio Giuseppe (37/38 d.C. – poco dopo il 100
d.C.) è autore di due grandi opere: La guerra giudaica (iniziata
dopo il 70 d.C.) e Antichità giudaiche (scritta nel 93-94
d.C.).
L.H.
Feldman, docente alla
Yeshiva University e tra i più importanti studiosi dello storico ebreo, ha
notato che per le fonti delle sue opere avrebbe avuto facilmente accesso
agli archivi degli amministratori provinciali, custoditi a Roma
nella corte imperiale61.
Entrambi
i libri di Flavio Giuseppe contengono passi che menzionano Gesù.
Ne La
guerra giudaica, il passo relativo a Gesù non è riconosciuto come
autentico, si tratta di una lunga interpolazione che si trova solo nell’antica
versione russa (slava), preservata in manoscritti russi e rumeni. Sono pochi
gli studiosi a sostenerne l’autenticità (tra essi ad esempio R. Eisler o, più
recentemente, G.A. Williamson62.
Nelle Antichità
giudaiche, al contrario, vi è un passaggio meno discusso e compare nel
libro XX. Racconta un episodio accaduto nel 62 d.C., prima della rivolta
ebraica:
«Essendo
questo tipo di persona [cioè,
un sadduceo senza cuore], Anano, ritenendo di avere una favorevole
opportunità, poiché Festo era morto e Albino era ancora in viaggio, convocò un
sinedrio di giudici e vi trascinò un uomo di nome Giacomo, fratello di
Gesù, chiamato Messia, e alcuni altri. Li accusò di aver trasgredito la
legge e li consegnò perché fossero lapidati»63.
Questo
passo si trova nella principale tradizione manoscritta greca delle Antichità,
senza alcuna variante di rilievo, accenna a Gesù per qualificare meglio
Giacomo, essendo quest’ultimo un nome molto comune nell’uso giudaico e negli
scritti di Flavio Giuseppe.
Il
riferimento a Gesù non proviene da mano cristiana e neppure da
fonte cristiana, né il Nuovo Testamento né i primi scrittori cristiani, Paolo
compreso, parlavano di Giacomo come “fratello di Gesù” ma più solennemente
“fratello del Signore” o “fratello del Salvatore”. Senza contare, poi, che il
racconto di Flavio Giuseppe del martirio di Giacomo differisce, per il tempo e
per il modo, da quello di Egesippo (il quale parla di caduta dal pinnacolo del
tempio di Gerusalemme prima dell’assedio alla città).
L.H.
Feldman osserva
che «pochi hanno dubitato della genuinità di questo passo su Giacomo»64.
Nelle Antichità
giudaiche è presente anche un secondo brano interessante, noto
come Testimonium Flavianum. Da secoli la sua autenticità è
oggetto di discussione dal momento che in essa troviamo espressioni tipiche di
Flavio Giuseppe ma anche tre frasi chiaramente cristiane.
Nella
citazione seguente sottolineiamo le tre espressioni controverse:
«Verso
questo tempo visse Gesù, uomo saggio ammesso che lo si possa chiamare
uomo. Egli infatti compiva opere straordinarie, ammaestrava gli uomini che
con piacere accolgono la verità e convinse molti Giudei e Greci. Egli
era il Cristo. E dopo che Pilato, dietro accusa dei maggiori responsabili
del nostro popolo, lo condannò alla croce, non vennero meno coloro che fin
dall’inizio lo amarono. Infatti apparve loro il terzo giorno, di nuovo
vivo, avendo i divini profeti detto queste cose su di lui e moltissime altre
meraviglie. E ancora fino al giorno d’oggi continua a esistere la tribù dei
cristiani che da lui prende il nome»65.
La
posizione degli studiosi sull’autenticità del brano è varia: alcuni
lo considerano essenzialmente autentico (come L. von Ranke, F. K. Burkitt e A.
von Harnack), altri preferiscono considerare l’intero passo come
l’interpolazione di un copista cristiano (come Ken Olson, Paul Hopper e pochi
altri tra gli studiosi qualificati) mentre un terzo gruppo parla di
semi-autenticità considerando l’innegabile presenza di interpolazioni cristiane
(delle glosse cristiane molto antiche, dato che anche Eusebio di Cesarea
trasmette la versione greca citata66),
ma non così determinanti da inficiare la paternità del testo a
Flavio Giuseppe.
Quest’ultimo
gruppo di studiosi e ricercatori è il maggioritario, tanto che L.H.
Feldman ha rilevato che tra il 1937 e il 1980, su 52 studiosi
che si sono occupati approfonditamente della questione, 39 hanno
giudicato il Testimonium Flavianum come autentico; 10 studiosi
lo hanno considerato del tutto o in gran parte autentico; 20 studiosi
lo hanno accettano con alcune interpolazioni, 9 studiosi con
diverse interpolazioni, e solo 13 studiosi lo hanno
considerato totalmente un’interpolazione cristiana67.
Tra
i sostenitori dell’autenticità ci sono anche diversi studiosi
ebrei, come Paul Winter, Shlomo Pinès68 e
lo stesso Feldman69, studiosi
cristiani non confessionali, come S.G. Brandon e Morton Smith, studiosi
non credenti come B.D. Ehrman, studiosi protestanti, come
J.H. Charlesworth, studiosi evangelici, come Edwin M. Yamauchi70 e studiosi cattolici come
J.P. Meier, C.M. Martini, Wolfgang Trilling e A.M. Dubarle.
Senza
indagare la loro posizione religiosa, si possono inoltre citare Steven Mason,
Lane Fox, Michael Grant, Paula Fredrikson, EP Sanders, SGF Brandon, Geza
Vermes, John D. Crossan, Robert Van Voorst, RT France, FF Bruce, Craig L.
Blomberg, Ben Witherington III, James DG Dunn, Darrell L. Bock, Alice Whealey,
Luke Y. Johnson, J. Carleton Paget, Graham Stanton, Borg, Tabor, Thiessen,
Flusser ecc.
«La maggioranza
degli studiosi del giudaismo antico, e gli esperti di Giuseppe Flavio», osserva B.D. Ehrman, «ritengono
che uno o più copisti cristiani avrebbero leggermente “ritoccato” il passo»71.
Tra
essi anche J.M. Garcia, direttore della Cattedra di Teologia
dell’Università Complutense e docente di Sacra Scrittura dell’Università
Ecclesiastica di San Damaso, il quale scrive:
«Questa
terza ipotesi sembra essere la più probabile per tre motivi.
In primo luogo il testo, con vari rimaneggiamenti, appare in tutti i
manoscritti greci, arabi e siriaci. In seconda istanza, lo stile e il
linguaggio del brano, eliminate le chiare interpolazioni cristiane, sono tipici
di Giuseppe Flavio. Infine, la concezione di Cristo che trasmette non è
cristiana, in quanto Gesù viene considerato come un saggio, un predicatore di un
certo successo»72.
Ecco
invece cosa scrive lo storico italiano Andrea Nicolotti:
«I
critici moderni sono ormai concordi nel ritenere il passo del
Testimonium come sostanzialmente autentico nella sua
testimonianza storica di Gesù, sebbene per molti esso ha aver subito prima del
secolo IV delle interpolazioni cristiane. E non manca chi, diversamente
spiegando le parti cosiddette “cristiane”, ritiene che queste interpolazioni
non esistano, e che il testo sia interamente autentico (Étienne Nodet, per
esempio). L’importante monografia di Serge Badet (favorevole all’autenticità
completa) affronta tutti questi problemi ed è un riferimento imprescindibile»73.
Si
è così giunti a ricostruire quello che potrebbe essere stato il brano
originale, eliminando le tre interpolazioni cristiane:
«In
quel tempo comparve Gesù, un uomo saggio. Si diceva che compisse delle opere
straordinarie, insegnava alla gente che con piacere riceve la verità: e attirò
a sé molti discepoli sia fra Giudei che fra gente di origine Greca. E quando
Pilato, a causa di un’accusa fatta dai maggiori responsabili del nostro popolo,
lo ha condannato alla croce, coloro che lo amarono fin dall’inizio non
cessarono di farlo e fino a oggi la tribù dei cristiani (che da lui prende il
nome) continua ad esistere».
Il
testo è molto simile a quello tradizionalmente riportato anche
perché le piccole aggiunte cristiane non avevano lo scopo di
modificare il pensiero di Giuseppe, ma piuttosto essere note
chiarificatrici.
«Il
Testimonium», scrive B.D.
Ehrman, contiene «soltanto un paio di frasi tutto
sommato prudenti inserite qua e là, non sembra proprio un racconto cristiano
apocrifo scritto per l’occasione. Piuttosto, è molto simile agli interventi
reperibili in tutta la tradizione amanuense dei testi antichi: il lavoro
di ritocco che un copista avrebbe potuto eseguire con facilità».
Gli amanuensi, «aggiunsero qualche parola qua e là per
essere certi che il lettore capisse il senso»74.
Il
biblista americano J.P. Meier ha studiato a fondo la diatriba
accademica sul Testimonium Flavianum, giungendo a questa
conclusione: «C’è una ragione sufficiente per sostenere che tale brano
provenga da Flavio Giuseppe? La risposta è affermativa»75.
Gli
argomenti a favore dell’autenticità sono:
(1) Il “Testimonium Flavianum” è presente
in tutti i manoscritti greci e latini ed è ben difficile immaginare che
l’invenzione di una scriba cristiano possa apparire identica su tutti i codici
pervenutici;
(2) La conferma di autenticità deriva dal brano già citato sul
martirio di Giacomo, come ha spiegato il biblista J.M. Garcia: «Senza
dubbio tutti gli studiosi considerano autentico il racconto sul martirio di
Giacomo e, di conseguenza, anche il riferimento a Gesù, giacché non è il modo
cristiani di alludervi. Orbene, il fatto che Giuseppe Flavio non si soffermi a
specificare chi sia questo Gesù ci porta a supporre che lo abbia già fatto in
un brano precedente. L’unico possibile è quello denominato Testimonium
Flavianum»76;
(3) Il vocabolario e la grammatica del passo (senza interpolazioni)
è molto coerente e caratteristico dello stile e della lingua di Flavio
Giuseppe, al contrario dello stile del Nuovo Testamento;
(4) La descrizione di Gesù, spogliata dai tre passaggi cristiani, è
concepibile sulla bocca di un giudeo che non è particolarmente ostile al
cristianesimo ma non sulla bocca di un cristiano antico o medioevale (si parla
di “tribù” ed esprime una cristologia insufficiente): «Se un copista
avesse voluto introdurre negli scritti di Giuseppe una solida testimonianza
delle qualità di Gesù (facendo del Testimonium una tarda interpolazione),
l’avrebbe fatto senz’altro con più fervore e in modo più scontato»77;
(5) Flavio Giuseppe sembra ignorare materiale e affermazioni
fondamentali nei quattro vangeli canonici, addirittura contrastando le
informazioni evangeliche (secondo Giuseppe, Gesù convinse molti giudei e molti
pagani, al contrario di quanto dicono i vangeli, inoltre tratta distintamente
Giovanni Battista da Gesù senza alcun collegamento tra loro), questo «è
uno dei tanti motivi per cui gli studiosi ritengono la fonte di Flavio Giuseppe
indipendente dal Nuovo Testamento»78;
Per
questi motivi, conclude il biblista statunitense J.P. Meier, «una
regola metodologia fondamentale è che, a parità di condizioni, si deve
preferire la spiegazione più semplice, che comprende anche la più ampia
quantità di dati. Perciò sostegno che la spiegazione più probabile del
Testimonium è che, privato delle tre affermazioni ovviamente cristiane,
contiene quanto Flavio Giuseppe scrisse»79.
Gli
studiosi meno convinti hanno avanzato alcune obiezioni all’autenticità del Testimonium,
la più frequente è lo strano silenzio su questo brano da parte dei padri della
chiesa prima di Eusebio. Se non lo hanno citato, dicono, è perché ancora nessun
cristiano lo aveva inventato e attribuito a Flavio Giuseppe.
Il
biblista J.P. Meier ha risposto a questa critica
scrivendo: «I padri della chiesa non erano interessati a
citarlo, infatti non sostiene minimamente il contenuto principale della
fede cristiana in Gesù come Figlio di Dio che è risorto da morte. Questo
spiegherebbe perché Origine nel III sec. affermava che Giuseppe non credeva che
Gesù fosse il Messia».
Il
testo posseduto da Origene del Testimonium era privo delle
interpolazioni, agli occhi dei cristiani il brano attestava semplicemente
l’incredulità di Flavio Giuseppe. Semplicemente, prosegue J.P. Meier, «non
era un utile strumento apologetico per rivolgersi ai pagani o un utile
strumento polemico nelle controversie cristologiche tra i cristiani»80.
Se
Origine possedeva la copia originale del Testimonium, priva d
interpolazioni, cosa lo spinse ad affermare apoditticamente che Flavio Giuseppe
non credeva che Gesù fosse il Cristo?
Sempre
secondo l’eminente biblista J.P. Meier, «il tono
distaccato, o ambiguo, o forse di considerazione abbastanza scarsa,
del Testimonium, è probabilmente la ragione per cui i primi scrittori
cristiani (specialmente gli apologisti del II sec.) lo passarono sotto
il silenzio, per cui Origene si dolse che Flavio Giuseppe non credesse che
Gesù era il Cristo, e per cui un (alcuni) interpolatore(i) aggiunse(ro) le
affermazioni cristiane verso la fine del III sec»81.
Anche B.D.
Ehrman usa la stessa contro-argomentazione per rispondere alle
obiezioni dei non-autenticisti:
«La
versione ridotta di Giuseppe -quella ritenuta originale da altri studiosi,
senza le integrazioni cristiane- contiene ben poche informazioni di cui i primi
scrittori cristiani avrebbero potuto servirsi per difendere Gesù e i suoi
seguaci dagli attacchi degli intellettuali pagani. E’ un’esposizione
assai neutrale. Il fatto che Gesù fosse ritenuto un saggio o che avesse
compiuto opere straordinarie non avrebbe fatto molta strada nel repertorio
degli apologeti cristiani»82.
In
ogni caso, conclude lo studioso dell’Università del North Carolina, «la
mia opinione sulla storicità di Gesù non dipende dall’affidabilità della
testimonianza di Giuseppe, anche se ritengo sostanzialmente autentico il
brano»83.
Nel
2015 in un lungo articolo84 sul Testimonium
Flavianum, anche il ricercatore (ateo) Tim O’Neill,
specializzato in storia del cristianesimo, ha replicato in maniera interessante
all’obiezione più potente contro l’autenticità del brano, ovvero al lungo
silenzio da parte dei cristiani verso lo scritto di Flavio Giuseppe nonostante
la popolarità dei suoi testi.
Questa
obiezione portò sorprendentemente J.L. Feldman, alla fine della sua
carriera, a cambiare posizione sulla questione dell’autenticità, cadendo in un
errore talmente evidente da essere criticato apertamente da J. Carleton
Paget, ordinario di Studi sul Nuovo Testamento dell’Università di Cambridge85).
Nel
2021 l’eminente filologo italiano (marxista) Luciano Canfora ha
pubblicato uno studio approfondito sul Testimonium Flavianum e
sul suo autore, concludendo a sua volta che tolte le due interpolazioni
cristiane (“sempre che si debba definirlo ‘uomo’” e “il
Cristo egli era!”), il resto del documento non solo è da considerarsi autentico ma «mirabile
e intenzionale capolavoro», perché parlando di Gesù in modo «rispettoso
ma distante», Flavio Giuseppe riesce ad aprirsi ai cristiani senza
sbilanciarsi però troppo86 87.
Robert
E. Van Voorst, docente di
New Testament Studies presso il Western Theological Seminar del Michigan, ha
sottolineato che Flavio Giuseppe era nato a Gerusalemme nel 37 d.C. da
una famiglia sacerdotale che fece parte dell’élite del Tempio durante la vita
pubblica, il processo e la condanna di Gesù. Disponeva pertanto di informazioni
di prima mano su quanto testimoniava e ci si aspetterebbe da lui una
confutazione di quanto affermavano i seguaci di Gesù, una negazione dei
miracoli, un commento scettico alla notizia della resurrezione. Invece il
ritratto di Gesù è segnato dal rispetto, riconoscendone con
realismo l’eccezionalità.
«In
sintesi», scrive Van
Voorst, «Giuseppe offre in questi due passi qualcosa di
unico tra tutte le antiche fonti non cristiane su Gesù: un testimone
neutrale, indipendente e molto attendibile ci riferisce che Gesù fu un uomo
saggio che i suoi seguaci chiamavano “il Cristo”»88.
L’indipendenza di
Flavio Giuseppe dalle fonti evangeliche è attestata in modo certo,
infatti «non c’è nessuna attestazione probante che conoscesse uno
qualsiasi dei quattro vangeli»89.
Sintetizzando
il contributo di Flavio Giuseppe, si può affermare90:
(1) La mera esistenza di Gesù è già dimostrata nel racconto
sicuramente autentico della morte di Giacomo (libro 20);
(2) Il brano chiamato Testimonium Flavianum (libro
18) indica che Flavio Giuseppe era informato almeno di alcuni fatti salienti
della vita di Gesù;
(3) Il Testimonium Flavianum è considerato
autentico dalla maggior parte degli studiosi (a parte due piccole
interpolazioni cristiane), è indipendentemente dai quattro
vangeli ma conferma la loro presentazione fondamentale:
durante il governo di Ponzio Pilato, tra il 26 e il 36 d.C., apparve sulla
scena religiosa della Palestina un uomo chiamato Gesù. La sua reputazione
nacque dalla sapienza che manifestò nell’operare miracoli e nell’insegnare.
Conquistò un ampio seguito, ma (o perciò?) i capi giudei lo accusarono davanti
a Pilato. Pilato lo fece crocifiggere, ma i suoi ferventi seguaci rifiutarono
di abbandonare la loro devozione a lui, nonostante la sua morte disonorevole;
c) Talumd
Babilonese (Trattato bSanhedrin 43a)
Un baraitha del
II secolo, conservata nel Trattato Sanhedrin del Talmud di
Babilonia, recita così:
«Viene
tramandato: alla vigilia (del sabbat e) della pasqua si appese Jesu (il
nazareno). Un banditore per quaranta giorni andò gridando nei suoi
confronti: “Egli esce per essere lapidato, perché ha praticato la magia e ha
sobillato e deviato Israele. Chiunque conosca qualcosa a sua discolpa, venga e
l’arrechi per lui”. Ma non trovarono per lui alcuna discolpa, e lo
appesero alla vigilia della pasqua. Disse Ulla: “Credi tu che egli sia
stato uno per il quale si sarebbe potuto attendere una discolpa? Egli fu invece
un istigatore all’idolatria, e il Misericordioso ha detto “Tu non devi avere
misericordia e coprire la sua colpa!”. Con Ješu fu diverso, perché egli stava
vicino al regno»91.
Alcuni
studiosi, il più radicale è certamente Johann Maier92, si sono rifiutati di identificare
questo reo con Gesù, ritenendo l’appellativo “il nazareno” un’aggiunta
posteriore.
A
loro giudizio si farebbe riferimento a un certo Yeshu, discepolo di
un rabbino del 100 a.C., nominato in Sanh. 107b, reo di aver praticato la
stregoneria e di aver esortato Israele al peccato.
Altri
storici la pensano diversamente, il biblista J.M. Garcia, direttore
della Cattedra di Teologia dell’Università Complutense e docente di Sacra
Scrittura dell’Università Ecclesiastica di San Damaso, spiega ad esempio
che «l’appellativo “il nazareno” è molto ben testimoniato. D’altra
parte, sembra molto probabile che in origine il nome di Yeshu non figuri nel
passo di bSanh 107b, considerato che la stessa notizia appare priva di nomi in
altri due posti (cfr bSot47a e pHag77d)»93.
Inoltre,
ecco come prosegue lo studioso spagnolo J.M. Garcia sulle
coincidenze con Gesù:
«Accuse
analoghe contro Gesù appaiono nel Nuovo Testamento (Mt 12,24; Lc 23,2),
l’essere appeso va sicuramente interpretato in riferimento alla crocifissione
visto che è un fato ben noto. E’ molto improbabile che questo termine qui stia
ad indicare un’esposizione del cadavere dopo la lapidazione. Di fatto il testo
non dice nulla sull’esecuzione della lapidazione: il che risulta sorprendente,
qualora proprio quello sia stato il metodo di esecuzione. Singolare la
coincidenza relativa al giorno della morte di Gesù in questo testo
rabbinico e nel vangelo di Giovanni (19,14)»94.
Jaqueline
Genot-Bismuth, docente di
Ebraismo antico presso l’Università di Parigi, ha sottolineato come il
riferimento a Yeshu (=Gesù) concorda con la cronologia della
passione del quarto vangelo, «così in qualche modo i due testi si
autenticano a vicenda e ci fanno dedurre che la tradizione a cui fanno capo
risalga bene a dei testimoni oculari»95.
Anche J.
Klausner, importante storico israeliano, accettò questo riferimento a Gesù
di Nazareth96..
Il
biblista J.P. Meier sembra concordare sul fatto che il brano
alluda effettivamente a Gesù ma non lo ritiene indipendente dai vangeli: «Qui
non c’è niente che non sappiamo dai vangeli e molto verosimilmente il testo
talmudico è semplicemente una reazione alla tradizione evangelica»97..
d) Talumd
Babilonese (Trattato pTa’anit 65b)
Un
altro possibile riferimento a Gesù di Nazareth nel Talmud babilonese è
contenuto nel trattato sul digiuno.
«Abbahu
dice: “Se qualcuno ti dice “Io sono Dio”, egli è un mentitore; (se ti dice) “Io
sono il figlio dell’uomo”, alla fine dovrà pentirsene; (se ti dice) “Io
ascenderò al cielo”, lo dice e non lo può fare»98.
Il
testo sembra polemizzare su quanto affermato da Gesù davanti al
Sinedrio (Mc 14,62).
Tenendo
però presente la convinzione del polemista anticristiano Celso,
secondo cui diversi falsi profeti avrebbero utilizzato espressioni simili, il
testo rabbinico potrebbe anche alludere a tali personaggi e non necessariamente
a Gesù.
e) Talumd
Babilonese (Trattato b’Aboda zara 16b)
Un
terzo brano rabbinico che si riferisce a Gesù è quello contenuto nel trattato dedicato
all’idolatria e agli idoli:
«Rabbi
Eliezer disse: una volta camminavo al mercato superiore di Sepporis e incontrai
uno dei discepoli di Ješu ha-nôserî (Gesù il nazareno), chiamato
Giacobbe del villaggio di Sekhanjaa. Egli mi disse: “Nella vostra Torah è
scritto: ‘Non porterai il denaro di una prostituta nella casa del Signore’ (Dt.
23,19). Com’è? Non si può con esso costruire una latrina per il sommo
sacerdote? Io non gli risposi. Egli mi disse: “Così mi ha insegnato Gesù
il nazareno (Ješu ha-nôserî): ‘Fu raccolto a prezzo di prostitute e in
prezzo di prostitute tornerà’ (Mi 1,7); da un luogo di sozzura è venuto e in un
luogo di sozzura andrà”. La parola mi piacque; perciò io fui arrestato di
eresia».
Secondo
alcuni studiosi (ad esempio J. Jeremias), le versioni più antiche del racconto
parlano di un detto eretico attribuito a questo discepolo di Gesù senza
specificarne il contenuto, il detto sarebbe stato inventato
successivamente per soddisfare la curiosità dei lettori e per
screditare lo stesso Gesù.
Anche
il biblista J.P. Meier si dichiara scettico sull’autenticità
del passo, ritenendo che sia «un’invenzione polemica per mettere in
ridicolo Gesù»99.
Lo
studioso ebreo J. Klausner ha sostenuto invece l’affidabilità del
brano100.
f) Talumd
Babilonese (Sinedrio 67a)
Un
ultimo riferimento cristiano all’interno dei testi rabbinici è quello contenuto
nel Sinedrio 67a del Talmud.
«E
lo hanno fatto a Ben Stada a Lidda, essi lo appesero alla vigilia della
Pasqua ebraica Ben Stada era Ben Padira Rabbi Hisda ha detto: “Il
marito è Stada, la madre di l’amante Panthera era sposato con
Stada. Sua madre era Miriam, una lavandaia o dal parrucchiere”».
Secondo
lo studioso americano B.D. Ehrman, «da tempo gli studiosi
hanno ammesso che tale tradizione sembra rappresentare un ingegnoso
attacco all’idea cristiana della nascita di Gesù quale “figlio di una
vergine”. Il termine greco che traduce la parola vergine è parthenos, la cui
pronuncia è assai simile a quella di Panthera»101.
Quasi
certamente non si tratta di un brano indipendente dai vangeli.
2.3 Conclusione
sulle fonti non cristiane
Il risultato
finale dello studio sulle varie fonti non cristiane su
Gesù di Nazareth è abbastanza scarso, soprattutto risultano controverse le
fonti rabbiniche.
E’
però interessante sottolineare che, come riflette J.P. Meier, «la
tendenza generale di antiche fonti giudaiche» è quella di non
negare «l’esistenza e l’esecuzione di Gesù. In verità, neppure i
miracoli di Gesù sono negati, ma sono piuttosto interpretati come atti di
stregoneria»102.
Tuttavia «quando
possiamo realmente trovare tali riferimenti nella letteratura rabbinica
posteriore, essi sono molto probabilmente reazioni ad affermazioni
cristiane, orali o scritte», dunque fonti non indipendenti. In ogni
caso, «anche se accettassimo tutte le affermazioni, queste non
aggiungerebbero niente di nuovo all’informazione che già abbiamo dal Nuovo
Testamento»103.
Per
quanto riguarda le altre fonti non cristiane su Gesù, dobbiamo riconoscere
che non forniscono informazioni nuove ma, semmai, confermano
-quasi sempre in maniera indipendente dai vangeli- l’esistenza storica
di Gesù e diversi eventi della sua vita pubblica di cui parlano le
fonti cristiane.
Non
è poco constatare che non esistono grandi differenze o
contraddizioni con i Vangeli e con le fonti cristiane in generale.
Affidiamo
a J.M. Garcia, direttore della Cattedra di Teologia dell’Università
Complutense e docente di Sacra Scrittura dell’Università Ecclesiastica di San
Damaso, la conclusione sul contributo delle fonti non cristiane sul
Gesù storico:
«Queste
fonti si oppongono categoricamente a ogni tentativo, passato e recente, di
ridurre Gesù di Nazareth a pura finzione. Gesù non è il risultato della
fantasia di alcuni falsari, che hanno creato questo personaggio fondendo tra di
loro racconti mitici e informazioni derivanti dalle religioni pagane. A
differenza dei miti, le notizie su Gesù e il cristianesimo nascente precisano
tempi e luoghi, parlano di avvenimenti storici. Va pertanto dedotto che le
concezioni pagane non stanno alla base della fede cristiana»104.
Sintetizzando
possiamo così elencare cronologicamente le testimonianze
principali degli autori non cristiani:
- 50
d.C. testimonianza
di Tallo: conosciuta tramite fonti secondarie è un tentativo
di spiegare naturalmente l’oscuramento del cielo alla morte di Gesù,
episodio citato anche dai Vangeli. Non è né dimostrata né confermata
l’indipendenza dai Vangeli;
- 64-65
d.C. testimonianza
di Petronio: parodia degli scritti cristiani, non è una fonte
indipendente;
- dopo
il ’73 d.C. testimonianza
di Mara Bar Serapion: autentica e indipendente, conferma
l’omicidio di Gesù (chiamato “re”) attribuendolo ai Giudei;
- 93-94
d.C. testimonianza
di Flavio Giuseppe: il Testimonium Flavianum, in
particolare, epurata dalle piccole interpolazioni è una conferma autentica
e indipendente di diversi fatti salienti della vita di Gesù;
- 112
d.C. testimonianza
di Plinio il Giovane: autentica e indipendente, conferma che
verso la fine del I secolo i cristiani adoravano Cristo «come se
fosse un dio»;
- 115
d.C. testimonianza
di Svetonio: autentica e indipendente, a metà del I sec. si
rileva che i cristiani parlano di Cristo come ancora vivente tra loro;
- 115-117
d.C. testimonianza
di Tacito: autentica e indipendente, conferma la morte di Gesù
come la descrivono i vangeli;
- 162
d.C. testimonianza
di Marco Cornelio Frontone : autentica e indipendente
(dai Vangeli), conferma la morte di Gesù come la descrivono i vangeli;
- 170
d.C. testimonianza
di Luciano di Samosata: autentica ma forse non indipendente
dalle fonti cristiane, conferma in particolare la morte di Gesù;
3. LE
FONTI CRISTIANE SU GESU’ DI NAZARETH
Oltre
alle fonti non cristiane e oltre ai quattro vangeli canonici (Marco, Matteo,
Luca e Giovanni e le loro relative fonti Q, L e M) esistono diversi altri testi
cristiani, precedenti e successivi ai vangeli, che confermano in
modo indipendente diverse informazioni.
Alcuni
di questi testi compaiono all’interno del Nuovo Testamento (chiamate
fonti extra-canoniche) mentre altre no (fonti extra-testamentarie).
Non
sempre vengono tenute in considerazione perché si cade nel tranello della scarsa
imparzialità.
Lo
studioso agnostico prof. B.D. Ehrman ha spiegato che «la
maggior parte delle fonti è parziale: se gli autori non avessero opinioni
sull’argomento, non ne parlerebbero»105.
E’
un commento sorprendentemente superficiale, bisognerebbe allora
accantonare anche i resoconti sulla Guerra di indipendenza, in
quanto testi “di parte” scritti dagli americani, si dovrebbero criticare le
cronache coeve a George Washington dato che sono scritte dai
suoi seguaci, si dovrebbe dubitare dei dati biografici di Socrate,
trasmessi dai suoi discepoli Senofonte e Platone o della veridicità delle gesta
compiute da Cesare, narrate da lui stesso.
Paradossalmente
non dovremmo nemmeno prendere in considerazione i testi dello stesso B.D.
Ehrman o di coloro che escludono le fonti cristiane in quanto, essendo
interessati all’argomento, anch’essi sono di parte. Se la storia
accettasse solo fonti di testimoni disinteressati non esisterebbe più alcun
documento storico credibile.
«Qualunque
cosa scritta viene scritta da un certo punto di vista», osserva giustamente J.P. Meier. «Il
rigetto di una posizione di fede tradizionale non significa neutralità,
significa semplicemente una differente prospettiva filosofica che è essa stessa
una “posizione di fede”, nel senso ampio dell’espressione. Chiunque scrive sul
Gesù storico scrive da qualche punto di vista ideologico, nessun critico ne è
esente»106.
Non
dobbiamo aspettarci di trovare nelle fonti cristiane informazioni aggiuntive
rispetto a quanto già sappiamo nei quattro vangeli sinottici: per il Gesù
storico, questo materiale «fa poca differenza, poiché non
aggiunge nulla di sostanziale all’insieme dei dati disponibili nei
quattro vangeli». Al massimo sono documenti preziosi per confermare e
controllare «la tradizione sinottica, non come fonti di nuova
informazione»107.
3.1 Le
fonti cristiane extra-canoniche
Le fonti
extra-canoniche corrispondono ai libri del Nuovo Testamento che non
contengono una vera e propria biografia di Gesù, non hanno lo scopo di
regredire una cronaca ma di servire all’annuncio della fede. Le descriviamo
molto sinteticamente.
Gli Atti
degli Apostoli raccontano la diffusione del cristianesimo nell’Impero
romano negli anni successivi alla morte di Gesù.
Gli
studiosi considerano tale opera indipendente dai Vangeli, scritta
dallo stesso autore del Vangelo di Luca ma «rappresentano non una
variazione redazionale di Luca, ma un’altra tradizione» indipendente108.
Ecco
invece la visione di B.D Ehrman, studioso di Nuovo Testamento presso
l’Università del North Carolina:
«Gli
Atti degli Apostoli sono scritti dall’autore del Vangelo di Luca e conservano
alcune tradizioni sulla vita di Gesù indipendenti da quanto
riportato nei vangeli e, secondo la valutazione di quasi tutti gli esponenti della
critica storica, si basa su tradizione che circolavano prima della
stesura del vangelo […]. Il libro degli Atti offre un’altra
dimostrazione, autonoma dai vangeli, che i cristiani delle origini erano
persuasi che Gesù fosse stato un ebreo e un maestro di morale, ucciso a
Gerusalemme dopo essere stato tradito da Giuda, uno dei suoi seguaci»109
La datazione della
redazione degli Atti viene fatta risalire da Ehrman agli anni
80 d.C., anche se essi «conservano tradizioni primitive che
sembrano risalire ai primissimi anni del movimento cristiano»110.
Altri
studiosi, tuttavia, hanno considerato vari aspetti (che non tratteremo qui) e
datano la redazione di Atti molto prima, attorno agli anni
60 d.C.111.
La
maggior parte delle lettere di San Paolo è autentica e
da lui scritta: l’epistola più antica è la Prima lettera ai Tessalonicesi,
scritta nel 49 d.C., mentre quella più recente è la Lettera ai
Romani, scritta nel 61-62 d.C.112.
Oltre
a confermare i dati sulla vita e la morte di Gesù, nelle sue
lettere Paolo conferma anche gli insegnamenti che ha ricevuto personalmente da
Pietro e Giacomo nel 35-36 d.C., dopo la sua conversione, ereditando le
tradizioni che «risalivano probabilmente a un paio di anni circa dopo
la morte di Gesù»113,
scrive Ehrman.
Le
informazioni fornite da Paolo «combaciano perfettamente con
i dati forniti dalle tradizioni evangeliche, le cui fonti orali risalgono quasi
certamente alla Palestina romana degli anni Trenta del I secolo»114.
Secondo J.P.
Meier diversi brani delle lettere paoline «offrono una
fonte indipendente per controllare i sinottici», ma non aggiungono
nulla da quanto già sappiamo: «Sono paralleli al materiale presente
anche nei sinottici, al massimo potrebbero servire solo come controlli per la
tradizione sinottica, non come fonti di nuova informazione»115.
C’è
ormai un consenso scientifico sul fatto che Paolo non
sia il vero autore di questa epistola, il quale sarebbe un «cristiano
anonimo molto colto del I sec»116.
La
fonte dello scritto, datato non oltre il 69 d.C., è tuttavia basata
su tradizioni orali indipendenti117,
le quali confermano diverse affermazioni contenute nei vangeli
canonici.
E’
ancora in corso un vivace dibattito accademico sul fatto se le
due epistole siano state scritte o meno da Pietro.
In
ogni caso entrambe le lettere mostrano di non avere familiarità con
i vangeli pur confermandone le informazioni: «Siamo di fronte a
una testimonianza indipendente della vita di Gesù e della sua
morte»118, riferisce B.D.
Ehrman.
p
style=”text-align: justify;”>La prima lettera, quasi certamente autentica, è
probabilmente stata scritta vicino alla morte di Pietro (64 d.C.),
mentre la seconda (quasi sicuramente pseudoepigrafica) è stata composta
all’inizio del II secolo (100-160 d.C.).
Il libro
dell’Apocalisse è ritenuto un’altra fonte indipendente alla
tradizione cristiana e alla vita di Gesù, datata negli anni 90 d.C.
Probabilmente non
è stato scritto da Giovanni e certamente non ha tratto il materiale
dal vangelo di Giovanni119.
La Lettera
di Giuda è solitamente datata tra l’80 e il 90 d.C. e
tradizionalmente attribuita all’apostolo Giuda Taddeo. Anch’essa
mostra di non prelevare le informazioni dai vangeli e si dimostra essere
una fonte cristiana indipendente.
3.2 Le
fonti cristiane extra-testamentarie
Oltre
alle fonti extra-canoniche (cioè i testi cristiani contenuti nel Nuovo Testamento
al di fuori dei quattro vangeli canonici), vi sono anche fonti
extra-testamentarie (al di fuori del Nuovo Testamento) prodotte da
autori cristiani nel I e II secolo d.C. Questi testi trasmettono informazioni
sul Gesù storico e sono riconosciuti come fonti indipendenti (cioè
non ricavano tutte le informazioni dalle fonti evangeliche).
a) Papia
Uno
dei padri della Chiesa è stato Papia, vissuto all’inizio del II
secolo, autore di cinque volumi intitolati Esposizione degli oracoli
del Signore”, scritti tra il 120 e il 130 d.C..
Questi
brani sono noti grazie alle citazioni riportate da autori cristiani di epoca
successiva120.
Ecco
perché secondo lo studioso B.D. Ehrman, Papia viene ritenuto un
testimone importante:
«Era personalmente
in contatto con persone che avevano conosciuto gli apostoli o i loro
compagni. Quando essi si recavano nella città di Gerapoli in Asia Minore, in
qualità di capo della Chiesa, Papia chiedeva loro cosa sapessero di Gesù e dei
suoi apostoli […]. Si tratta di una testimonianza indipendente dai
vangeli stessi e una testimonianza che si richiama in modo esplicito, credibile
e diretto ai discepoli di Gesù»121.
Uno
degli autori più importanti del cristianesimo primitivo è Ignazio,
vissuto dal 35 d.C. (circa) al 107 d.C. (circa), i cui scritti non compaiono
nel Nuovo Testamento.
Fu
vescovo dell’importante comunità di Antiochia (Siria) e autore di numerose
lettere, datate nei primi anni del II secolo, molte delle quali «contestano
i cristiani convinti che Gesù non fosse stato un essere umano in carne ed ossa»122.
In
queste epistole, Ignazio conferma diversi fatti della
vita di Gesù, ad esempio:
«E’
della stirpe di Davide secondo la carne, figlio di Dio per volere e potenza di
Dio, generato veramente da una vergine, battezzato da Giovanni affinché da lui
fosse compiuta ogni giustizia. Sotto Ponzio Pilato e il tetrarca Erode è stato
veramente inchiodato per noi nella carne […] per sollevare il suo stendardo nei
secoli in forza della sua resurrezione […]. Io so e credo che anche dopo la
risurrezione egli era nella carne»123.
E’
una fonte indipendente dai vangeli?
Ecco
l’opinione dello studioso statunitense B.D. Ehrman:
«Nulla
suggerisce che Ignazio abbia tratto le proprie idee dai libri che
sarebbero entrati a far parte del Nuovo Testamento […], perciò costituisce
un’ennesima testimonianza indipendente della vita di Gesù.
Anche nel suo caso non si può obiettare che i suoi scritti siano troppo tardivi
per essere di qualche utilità nella nostra ricerca. Non si può
dimostrare che abbia fatto affidamento sui vangeli. Ed era vescovo di
Antiochia, la città dove Pietro e Paolo avevano trascorso molto tempo, come ci
comunica lo stesso Paolo nella Seconda lettera ai Galati»124.
c) La
Prima lettera ai Corinti di Clemente Romano
La Prima
lettera ai Corinti fu scritta attorno al 95 d.C. dai
cristiani di Roma alla comunità ecclesiale di Corinto per sanare una situazione
difficile.
L’epistola
è tradizionalmente attribuita al quarto vescovo di Roma, Clemente,
benché nella missiva non se ne sostenga la paternità. Ci sono ottime ragioni
per ritenere che sia stata scritta nell’ultimo decennio del I secolo125.
In
essa si cita espressamente la Prima lettera ai Corinzi di
Paolo mentre non fa alcun riferimento ai Vangeli e non sostiene di aver tratto
alcuni detti di Gesù da alcun testo scritto.
Per B.D.
Ehrman si tratta di «un’ennesima testimonianza
indipendente non solo della vita di Gesù come figura storica, ma anche
di alcune delle sue azioni e dei suoi insegnamenti»126.
d) Didaché
(o Dottrina dei dodici apostoli)
La Didaché è
un testo cristiano datato alla fine del I secolo, in particolare attorno
al 70 d.C.127.
Secondo Mauro
Pesce, ordinario di Storia del Cristianesimo all’Università di Bologna, la
sua stesura «è probabilmente indipendente dai vangeli
canonici»128, seppur citi più
volte direttamente un «vangelo» preesistente, confermando diverse
informazioni dei canonici.
Abbiamo
osservato che gli storici, quando affrontano il tema del Gesù storico non fanno
affidamento soltanto sui quattro vangeli (e alle fonti presinottiche: Q, M e L
e altre).
Si
è infatti in presenza di 8 testimonianze non cristiane, provenienti
dal mondo ebraico, pagano e romano. Sono riconosciute come autentiche e
in gran parte indipendenti dalle fonti cristiane. Tutte confermano le
informazioni contenute nei vangeli senza alcuna contraddizione o
tentativo di smentire i dati salienti della vita di Gesù di Nazareth.
Oltre
ad esse, abbiamo anche elencato 10 testimonianze cristiane indipendenti
(Atti degli Apostoli, le tredici lettere paoline, la Lettera agli Ebrei, le due
lettere di Pietro, l’Apocalisse, la Lettera di Giuda, gli scritti di Papia, di
Ignazio, la Prima lettera di Clemente e la Didaché), che «forniscono
un’ampia varietà di fonti che convalidano molti resoconti su
Gesù senza dar prova di aver collaborato. Senza contare tutte le tradizioni
orali in circolazione prima dei testi scritti che ci sono pervenuti»129.
Sintetizzando
possiamo elencare in ordine cronologico le fonti
indipendenti cristiane e non cristiane sul Gesù storico:
- 50
d.C. testimonianza
di Tallo: conosciuta tramite fonti secondarie è un tentativo
pagano di spiegare naturalmente l’oscuramento del cielo alla morte di
Gesù, episodio citato anche dai Vangeli. Non è né dimostrata né confermata
l’indipendenza dai Vangeli;
- 49-62
d.C. testimonianza
di San Paolo: le tredici lettere di Paolo sono (quasi tutte)
autentiche e certamente indipendenti dai vangeli, confermano la vita di
Gesù e i suoi insegnamenti;
- 64
d.C. testimonianza
della Prima lettera di Pietro: dubbi sull’autenticità,
comunque è certamente una fonte cristiana indipendente della vita e della
morte di Gesù;
- 60-80
d.C. testimonianza
degli Atti degli Apostoli: libro cristiano indipendente dai
vangeli di cui conferma molte informazioni, riporta antiche tradizioni
sulla vita di Gesù (anni 30);
- 68
d.C. testimonianza
della Lettera agli Ebrei: si basa su tradizioni cristiane
orali indipendenti che confermano i vangeli;
- 70
d.C. testimonianza
della Didaché: fonte cristiana indipendente dai vangeli,
conferma diverse informazioni;
- dopo
il 73 d.C. testimonianza
di Mara Bar Serapion: fonte pagana autentica e indipendente
dai vangeli, conferma l’omicidio di Gesù (chiamato “re”) attribuendolo ai
Giudei;
- 80-90
d.C. testimonianza
della Lettera di Giuda: fonte cristiana indipendente dai
vangeli sulla vita di Gesù;
- 90
d.C. testimonianza
dell’Apocalisse: fonte cristiana indipendente dai vangeli, conferma
vari aspetti della vita di Gesù;
- 93-94
d.C. testimonianza
di Flavio Giuseppe: il Testimonium Flavianum, in
particolare, epurata dalle piccole interpolazioni è una conferma ebraica
autentica e indipendente di diversi fatti salienti della vita di Gesù;
- 95
d.C. testimonianza
della Prima lettera ai Corinti di Clemente Romano:
testimonianza cristiana indipendente dai vangeli, conferma la vita di Gesù
e i suoi insegnamenti;
- 100
d.C. testimonianza
della Seconda lettera di Pietro: dubbi sull’autenticità,
comunque è certamente una fonte cristiana indipendente della vita e della
morte di Gesù;
- 100-107
d.C. testimonianza
di Ignazio di Antiochia: testimonianza cristiana indipendente
dai vangeli, conferma diversi fatti della vita di Gesù;
- 112
d.C. testimonianza
di Plinio il Giovane: fonte romana autentica e indipendente,
conferma che verso la fine del I secolo i cristiani adoravano Cristo «come
se fosse un dio»;
- 115
d.C. testimonianza
di Svetonio: autentica e indipendente, a metà del I sec. si
rileva che i cristiani parlano di Cristo come ancora vivente tra loro;
- 115-117
d.C. testimonianza
di Tacito: fonte romana autentica e indipendente, conferma la
morte di Gesù come la descrivono i vangeli;
- 120-130
d.C. testimonianza
di Papia: testimonianza cristiana indipendente dai vangeli;
- 162
d.C. testimonianza
di Marco Cornelio Frontone : fonte romana autentica e
indipendente (dai Vangeli), conferma la morte di Gesù come la descrivono i
vangeli;
- 170 d.C. testimonianza di Luciano di
Samosata: fonte greca autentica ma forse non indipendente dalle fonti
cristiane, conferma in particolare la morte di Gesù;
Gesù
di Nazareth fu, per i motivi che abbiamo spiegato, un personaggio
marginale tra i suoi contemporanei. Eppure è incredibile come i dati
salienti della sua vita abbiano lasciato numerose tracce in
diversi documenti, cristiani e non.
Questa
mole di informazioni sul suo conto «forniscono allo storico una dovizia
di materiali su cui lavorare, un fatto piuttosto insolito per
le testimonianze sulla vita di chiunque, letteralmente chiunque, sia vissuto
nel mondo antico»130.
Non
solo, dunque, non è più possibile metterne in dubbio la storicità (e
nessuno più lo fa), ma è anche d’obbligo ritenere i vangeli -le fonti più
complete che abbiamo sulla vita di Gesù- dei documenti storici, la cui attendibilità
è confermata da quasi 20 documenti indipendenti, cristiani e non
cristiani, risalenti ai primi due secoli dell’era cristiana.
https://www.uccronline.it/2015/04/19/gesu-di-nazareth-citato-nelle-fonti-non-cristiane/
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