Il titolo che ho dato al presente post NON vuole affatto
essere OFFENSIVO NÉ,
quindi, tacciare di <<fascismo>> nessuno, men che meno Marco Cavaioni, autore del post.
Tuttavia, parresìa vuole che non me ne esima…
il
post di Marco Cavaioni è intitolato:
<<25 APRILE METAFISICO>>.
Esso recita:
<<Premesso che io sarei stato senza esitazione tra i
partigiani (sebbene di una inesistente brigata metafisica, tipo "Brigata
Parmenide" o qualcosa del genere), e questo per una semplicissima ragione:
la consapevolezza che la mia vita non è il valore ( = la verità, che rende vera
anche la libertà a cui aspiro) e, quindi, non posso non essere sempre pronto a
sacrificarla, facendomi "funzione" del valore. Peraltro, mettere in
pratica questo atteggiamento (cioè per essere davvero liberi, per liberarsi in
vista della libertà) non c'è bisogno di avere sopra la testa un regime politico
illiberale. Nondimeno, ciò detto, mi sento di dover fare un paio di rilievi,
nel tentativo di non fermarsi a ciò su cui non si può che essere tutti
d'accordo (salvo i cretini, il cui disaccordo va benissimo), guardando, se
possibile, al cuore delle questioni, domandandosi cioè quale ne sia la radice,
l'essenza. Ebbene, la radice del "fascismo" a me sembra sia il
dogmatismo. E dogmatico non può non essere qualsiasi sistema, chiaramente anche
politico. Ogni sistema si fonda su (meglio: postula) premesse indiscusse e
indiscutibili: discuterle sarebbe la sua morte, la sua dissoluzione. Il
sistema, per sopravvivere, deve "uccidere" la stessa possibilità di
questionarlo, di revocarne in dubbio le basi. Potere è esercizio di potere ed è
tale – ed opera con efficacia – proprio perché e se non tollera opposizione,
cioè critica. Discuterlo sarebbe esserne già usciti, rendendolo così impotente.
Per questo l'ideale del potere è di non apparire tale: il potere è
essenzialmente dissociazione tra essere (imposizione) e apparire (necessità,
idealmente natura, legge fisica, evidenza: tutto ciò, insomma, che non avrebbe
senso mettere in discussione). Il dogmatico è un problema in sé, indubbiamente,
ed è ogni presupposto o pretesa di sottrarsi a
discussione, dunque di avere ragione, dunque di farsi intero da parte che si è.
Ma il vero è solo l'intero, che non ha parti. Il dogmatico è, oltre che
"in sé", più tangibilmente un problema "in me" (in ciascuno
di noi). Di più: sono io (ciascuno di noi), che non essendo l'intero o la
verità, sono un problema, sono problematico. Ed è precisamente questo il punto:
riconoscere che ciò che è problematico non può mai venire scambiato per
improblematico (appunto dogmatico), assunto come vero senza che lo sia. Lo
spazio, il luogo di ogni fascismo, è allora da individuarsi proprio qui: nel
non-intero e nella tendenza naturale di ciò che non è l'intero (la parte) a
farsi intero, a "totalizzare" tutto il resto. In conclusione: sono
certamente gli uomini e gli uomini di valore a liberare (liberarsi e liberare
gli altri), ma lo possono fare veramente solo in virtù del riconoscimento di
non essere portatori di libertà, ma solo suoi strumenti. Con tutto quello che
ciò comporta. Confido di non aver detto cose sbagliate. Il che, poi, significa
non credere di aver mai completato definitivamente la "liberazione"
dalle pretese di aver ragione: una ragione "posseduta" non è ragione,
ma estensione di sé, prolungamento del primo fra i dogmi e fra le certezze:
l'ego del soggetto>>.
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Dunque, stante il titolo del presente post, non sarà
azzardato accostare il fascismo
(ma poi qualsiasi totalitarismo)
ad una determinata metafisica, cioè due ordini di realtà completamente
diversi?
Mi riferisco all’intero ( = totalità, essere, assoluto…) della metafisica parmenidea,
che Marco Cavaioni ha ben compendiato così:
<<il vero è solo l'intero, che non ha parti>>.
In esso la PARTE ( = ogni determinazione) è NULLA, INESSENTE,
INESISTENTE, meramente APPARENTE/ILLUSORIA.
Perciò quale valore assegneremo a ciò che neppure ha dignità di ESSERE?
<<[...] per il fascista tutto è nello Stato e
nulla di umano e
spirituale esiste e tantomeno ha valore fuori dallo Stato. In tal senso il fascismo è totalitario...>>.
– (Giovanni Gentile: Enciclopedia Italiana, voce "Fascismo (dottrina
del)", Istituto dell'Enciclopedia Italiana, Roma, 1932, vol. XIV, pp.
835-840);
trasponiamo ciò alla metafisica parmenidea:
per il metafisico parmenideo tutto (ma in realtà NIENTE) è
nell’intero-senza-parti (cioè senza individui) e
perciò nulla di umano
e di spirituale esiste e tantomeno ha valore IN (e FUORI da) esso. In tal senso l’intero metafisico parmenideo
è totalitario…
Ed anche:
<<il punto centrale della dottrina fascista è che
"lo Stato è un assoluto,
davanti al quale individui
e gruppi sono il relativo">>. - (Arturo Marpicati, Benito
Mussolini, Gioacchino Volpe: “Fascismo”, in Enciclopedia Italiana, Roma,
Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1932).
Traduciamolo sempre in termini metafisici:
il punto centrale della metafisica parmenidea è che l’intero-senza-parti è l’assoluto, davanti al
quale individui e
gruppi sono il relativo; relativo, però, nell’accezione PEGGIORE:
relativo = non-essere/illusione, appunto perché,
ricordiamolo ancora, <<il vero è solo l'intero, che non ha parti>>.
Pertanto, l’intero-senza-parti TOTALIZZA ontologicamente, ovvero impone-sé (si
è da sempre imposto) e ha da sempre TOLTO le parti cioè gli individui che solo illusoriamente ritengono di
ESSERE.
A mio parere, il luogo metafisico <<di ogni fascismo>>
è da ravvisarsi NON tanto <<nel non-intero e nella tendenza naturale
di ciò che non è l'intero
(la parte) a farsi intero, a "totalizzare" tutto
il resto>>, giacché la parte ‘totalizza’
sempre parzialmente e si può sempre porvi rimedio, bensì nello stesso intero che è totalitario PER
ESSENZA e che perciò NON
può tollerare PER SUA NATURA NÉ in sé NÉ fuori di sé alcuna ALTERITÀ.
Altrove, Marco Cavaioni ebbe a scrivere: <<"Negare" si sa viene da
"necare":
uccidere. Chi crede
di detenere il criterio del vero,
non solo si sente legittimato ma, anzi, si sente in dovere di
"negare" la negazione del vero (di quel che egli crede sia il vero),
cioè di sopprimere l'errore intollerabile>>.
Siccome <<il vero>> a cui egli si
riferisce consiste proprio nell’intero parmenideo, ecco che quest’ultimo ha già da sempre METAFISICAMENTE
UCCISO/NEGATO ogni
DISSENSO ( =
ogni parte) a
guisa dell’Apeiron anassimandreo che abbandona al proprio destino di nascita/morte-inessenza
la parte in quanto
tale, perché rea di aver osato infrangere (dissentire da) la sua pura indeterminatezza-senza-parti.
Roberto Fiaschi
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