venerdì 3 febbraio 2023

18)- L’ERRORE-SEVERINO


Prosegue l’ossessione contro la fede da parte di un estimatore di Severino, nei seguenti termini:

<<Severino è proprio colui il quale ci fa apparire incontrovertibilmente che il mondo vero non è quello in cui abbiamo fede e che per fede consideriamo sicuro. ci fa vedere chiaramente che questo nostro mondo che rappresenta la caverna di Platone non è affatto sicuro come pensiamo anzi, è stracolmo di insicurezze/contraddizioni. Si pensi alle infinite contraddizioni della fede che abbiamo nelle cose che facciamo, nelle infinite menzogne che ogni attimo percorrono il mondo, la malvagità, l'odio lun con l'altro, le ingiustizie, le incomprensioni l'ipocrisia, ecc. La felicità in questo nostro mondo illusorio è brevissima e illusoria anch'essa. Più caverna di così, come potrebbe essere? Ci dice, quindi, Severino, che la gioia avverrà dopo la nostra morte (non per questo egli ci sta dicendo che è meglio morire che vivere né tantomeno come dobbiamo vivere). E lui la chiama Gioia perché è la risoluzione di tutte le contraddizioni. Un saluto>>.

Chiedo:

in che cosa si differenzia il contenuto del suddetto post, da un discorso cristiano?

In niente, visto che i temi sono i medesimi, come ad esempio:

(a)- il <<mondo vero>> severiniano consiste nella <<gioia>> che <<avverrà dopo la nostra morte>>;

togliamo “severiniano” e sostituiamolo con “cristiano”, ed abbiamo una perfetta identità.

(b)- <<questo nostro mondo che rappresenta la caverna di Platone>> e che perciò è un <<mondo illusorio>> dominato da <<infinite menzogne>> ed in cui vige la <<malvagità, l'odio l un con l'altro, le ingiustizie, le incomprensioni l'ipocrisia, ecc.>>;

togliamo <<mondo illusorio>> e sostituiamolo con “mondo peccatore”, ed anche qui abbiamo una perfetta identità.

Eppure, il nostro estimatore non sarà d’accordo su tale perfetta identità, giacché per lui, la differenza c’è e sarebbe abissale:  

tra il discorso di Severino ed il discorso cristiano passerebbe la stessa differenza che passa tra verità e fede

Davvero?

L’estimatore si rende le cose troppo facili, e lo si può capire, giacché ‘fa gola’ a tutti pretendere di estromettersi dall’ambito della fede (evenienza impossibile) per approdare a quello della verità incontrovertibile.

Dunque, perché ho enfatizzato: impossibile?

Perché, sulle fondamenta della stessa teoresi severiniana, ciascuno di noi, ogni individuo, è fede cioè (nell’accezione negativa severiniana) è errore, non-verità.

All’errore potrà mai apparire (esser consapevole de) la verità?

No, riconosce lo stesso Severino:

(1)- <<non è l'individuo che testimonia, cioè pensa esplicitamente la verità. Se fosse l'individuo a testimoniare la verità, allora la testimonianza sarebbe per definizione individuale, cioè ridotta allo spazio, al tempo e ai limiti dell'individuo. Bisogna vedere l'errore del concetto che "Io vado verso la verità" e che "se mi va bene, a un certo momento la vedrò". No! Perché se "Io" è ad esempio il sottoscritto, con questa struttura fisica determinata, allora sarebbe come dire che un occhio cieco può vedere la verità. Perché un occhio cieco? Appunto in quanto dominato dai condizionamenti che costituiscono l'individuo. L'apparire della verità non è la mia coscienza della verità>> -

(Severino: La legna e la cenere);

(2)- <<proprio perché è fede, [l’io individuale] è destinato a non sentire la verità: in quanto ascoltata da “me”, cioè dalla fede in cui “io” come individuo mortale consisto, la verità non può essere verità, e io sono destinato ad essere soltanto il desiderio, in indefinitum, della verità>>. –

(Severino: La struttura originaria, pag. 89).

(3)- Nicoletta Cusano: <<La testimonianza attuale del destino è affermazione della impossibilità che l’io mortale [l’io dell’individuo] comprenda la verità del destino porta con sé la necessità di abbandonare ogni velleità veritativa in relazione alla propria coscienza individuale>>. (N. Cusano: Emanuele Severino. Oltre il nichilismo, pag. 437);

(4)- il <<linguaggio (esso stesso mortale) che testimonia il destino della verità>> non è possibile che <<risuoni in modo che sia possibile sentire nelle sue parole qualcosa di radicalmente diverso _ addirittura il destino della verità>>, giacché <<nel mortale quella presenza [della verità] è e non può che essere inconscia. La verità nella non verità è presente in modo indiretto. Se fosse presente direttamente, sarebbe posta e saputa come verità, e dunque non saremmo nella non verità [quindi, poiché siamo <<nella non verità>>, allora la verità non può esser <<posta e saputa come verità>> né, perciò, potrà mai esser testimoniata da Severino]. La presenza, necessaria, del destino [cioè della verità] nel mortale [nell’errore/individuo] non può che essere inconscia proprio perché non è diretta: sarebbe saputa come tale, solo [segue citazione di Severino tratta da La Gloria, pag. 69 ->] “se la verità _ che è necessario che sia in qualche modo presente nella non verità _ fosse direttamente presente nella non verità”>>. (N. Cusano: idem, pag. 444).

Basta così, è tutto molto chiaro.

Qual è la replica di Severino (e severiniani) a tutto ciò?

(5)- Essa consiste nel far notare come la verità del destino appaia sempre, anche nell’errore (cioè nell’individuo) seppur indirettamente, altrimenti la verità, apparendo direttamente,  

<<sarebbe posta e saputa come verità>>, di modo tale che sia proprio grazie all’intramontabile apparire della verità, che l’errore sia visto come errore

(6)- Unitamente a ciò, egli replica altresì che l’essenza di ogni essere umano sia costituita dall’io del destino, cioè che non sia meramente errore, sì che nel suo petto pulsino due ‘anime’ in conflitto: l’io individuale e appunto, l’io del destino.

Senonché, tali repliche da parte di Severino (e severiniani) sono, appunto, le repliche di Severino e dei severiniani, non certo della verità, appunto perché, se fosse la replica della verità, questa <<sarebbe posta e saputa come verità>> e quindi l’individuo non sarebbe affatto errore fede (nel senso negativo conferitole dall’errore-fede- Severino).

Per cui, nonostante i due supposti io-individuale ed io del destino quale essenza del primo, l’io del destino è conscio (sa) dell’io-individuale, ma questi non lo è (non sa) di quello, altrimenti, verrebbero smentiti i punti 1, 2, 3, 4.

Essendo perciò la replica affermata da parte di un errore ( = Severino) il quale, proprio perché tale, <<è destinato a non sentire la verità>>, segue che:

- Aut i punti 1, 2, 3, 4, 5 e 6 sono affermati con verità in quanto sono affermazioni del destino o che appaiono come destino;

ma allora è impossibile che siano affermazioni dell’io individuale-Severino cioè dei suoi scritti, conferenze…, giacché egli non può saperne niente, altrimenti la verità <<sarebbe posta e saputa come verità>> dall’io individuale o errore-Severino (il che è escluso da quell’individuo-errore cui è Severino; ciò vuol dire _ bizzarria delle bizzarrie _ che l’errore-Severino esclude senza-errore che la verità sia <<posta e saputa come verità>> dall’errore-Severino!), cosicché non esistano suoi scritti sue conferenze , perciò, alcun filosofo-Severino (neppure alcun suo estimatore) a cui riferire le su riportate tesi 1, 2, 3, 4, 5 e 6 le quali, a quanto sembra, sono direttamente palesate dall’io del destino o verità (ma palesate a chi? A nessuno, risponde Severino, perché la verità appare/si palesa soltanto a se stessa).

- Aut i punti 1, 2, 3, 4, 5 e 6 sono affermati dall’io individuale-Severino cioè dai suoi scritti, conferenze…;

ma allora essi non sono affatto la voce dell’io del destino o della verità, bensì di un individuo il quale, a questo punto, non è neppure errore o fede, perché per esser ritenuto tale, deve apparire la verità del destino al cui confronto l’io dell’individuo è visto come errore; ma siccome all’io dell’individuo la verità (nonché la verità che egli sia un errore-fede) <<è contraddittorio che appaia>> (Severino), non gli resterà che considerarsi un individuo tra milioni d’altri senza alcun appiglio ad un ‘destino’ che egli, in quanto errore, non può in alcun modo testimoniare (vedasi post n° 3)…

Pertanto, la scelta di un aut comporta il sacrificio dell’altro.

Concludendo:

con buona pace del suddetto estimatore, non è affatto vero che

<<Severino [sia] proprio colui il quale ci fa apparire incontrovertibilmente che il mondo vero non è quello in cui abbiamo fede>>,

come è appena emerso…

 

Roberto Fiaschi

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