Vige, in alcuni ambiti
filosofici, la convinzione che la fede, in quanto tale, sia errore tout court, quindi avente un
contenuto impossibile.
Propongo un esempio empirico tratto
dalla vita di tutti i giorni.
Il giorno ‘x’ dovrò sottopormi ad
una rischiosa operazione chirurgica; può accadere a chiunque, prima o poi.
L’esito positivo _ la mia sopravvivenza _
è ciò in cui credo
( = fides quae creditur) ma che, proprio per questo, attualmente non appare,
cioè non è affatto evidente.
La probabilità di riuscita
dell’operazione è pari alla probabilità che non mi risvegli dall’operazione,
essa infatti può fallire.
Devo scegliere, devo decidermi se
operarmi o meno, e così scelgo
di sottopormi all’operazione (sbloccando perciò una situazione di stallo,
equipotente tra fede e dubbio in favore della fede) perché adesso credo/ho fiducia che ciò che
attualmente non appare, ossia l’esito positivo dell’operazione apparirà,
accadrà.
Sebbene ora io sia pervenuto alla
fede/fiducia nella sua
riuscita e creda
che risponda a verità il fatto che tornerò a casa con le mie gambe,
l’esito positivo dell’operazione quale oggetto (fides quae) di tale fiducia (fides qua)
non appare, essendo l’operazione ancora futura, per cui, ripeto, l’esito
creduto e sperato non è affatto una verità evidente e incontrovertibile:
in sé, costitutivamente, esso è negabile, quindi, sempre secondo
Severino, è non-verità, errore, è perciò oggetto di fiducia privo di evidenza nonché di fondamento
incontraddittorio che, in quanto tale, sarebbe perciò inseparabile dall’ombra
del dubbio (che io possa non risvegliarmi)…
Perciò la fiducia/fede ( = fides qua
creditur) mi fa dire che sopravvivrò all’operazione, senza che tale
sopravvivenza sia un’evidenza.
Ripeto, pur essendo possibile che
l’operazione fallisca (e quindi che l’esito sperato si riveli un errore), giacché
l’oggetto della fides qua, ossia la riuscita dell’operazione (fides quae)
non è una
verità (o una realtà) evidente né incontrovertibile, per alcuni filosofi
(Severino), ogni, qualsiasi verità (realtà) non-evidente e non-incontraddittoria
è fede cioè sempre errore.
…Il fatidico giorno ‘x’ è
passato, e con esso l’operazione.
Oggi, giorno ‘y’, sono vivo e
vegeto, l’operazione si è conclusa positivamente, con successo.
La mia fede/fiducia (fides qua) che mi ha
indirizzato nelle mani del chirurgo non è stata una fede commista al dubbio
(altrimenti starei ancora decidendo sul da farsi) ma soltanto fede,
cosicché il dubbio, da un certo punto in poi non ha più avuto luogo
dove sostare.
Ho così avuto fiducia che ciò che
ancora non appariva (l’esito dell’operazione) apparisse già (appunto nella fede) positivo anziché negativo.
Ho cioè assunto (utilizzo le stesse parole di Severino):
<<come indubitabile il
dubitabile, come certo l’incerto, come visibile l’invisibile, come chiaro
l’oscuro>>.
Per meglio dire:
- ciò che nel dubbio appariva
<<dubitabile>>, nella fede appariva già senza dubbio reale;
- ciò che appariva <<incerto>>,
nella fede appariva già <<certo>>;
- ciò che appariva <<invisibile>>,
nella fede
appariva già <<visibile>>;
- ciò che appariva <<oscuro>>,
nella fede
appariva già <<chiaro>>;
- ho trattato ciò che non appariva come se già apparisse!
Incontrovertibilmente?
No,
perché l’operazione poteva fallire.
Ciò nonostante, apparendo la fiducia nell’esito
positivo, non
appariva il dubbio nel medesimo esito positivo!
Dunque non è vero che il dubbio sia inscindibile dalla fede.
Pertanto, in questa fede, qualcuno è forse
in grado di scorgervi il sia pur minimo errore o contraddizione?
Roberto Fiaschi
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