giovedì 11 maggio 2023

53)- LA CONTRADDITTORIETÀ NORMALE DELLA «CONTRADDIZIONE C»

 

Nella filosofia di Emanuele Severino, la contraddizione C

<<è la contraddizione del cerchio finito dell’apparire del destino della verità. Consiste nella manifestazione finita del Tutto, ossia nel non essere, tale manifestazione, l’apparire del Tutto che d’altra parte, come significato formale, è manifesto nel cerchio del destino ed è il luogo semantico in cui appaiono tutte le determinazioni che appaiono. In relazione al non apparire del Tutto, la contraddizione della verità [ = la contraddizione C] è contraddizione infinita, ed è contraddizione finita in relazione al non apparire di una certa parte del Tutto. Tuttavia il toglimento della contraddizione della verità non è la negazione del suo contenuto, ma è l’affermazione concreta di esso, ossia è l’apparire di ciò che con la sua assenza provoca la contraddizione della verità>>. (Severino: La Gloria; pag. 52).  

La contraddizione C _ secondo Severino _ differisce dalla contraddizione normale, giacché quest’ultima indica l’impossibile che va perciò negato, mentre la prima indica il NON MANIFESTARSI MAI, da parte di qualsiasi ente, di ciò che esso VERAMENTE È, cioè nella sua CONCRETA VERITÀ giacché, affinché accada, sarebbe necessario che apparisse la totalità di tutto ciò che quell’ente non è e che, sola, ne determina la verità ( = il CHE COSÈ), il che, nell’apparire finito, è impossibile. La contraddizione C, secondo Severino, è invece da sempre risolta nell’apparire infinito, ove appare la totalità degli enti e dove perciò ogni ente appare nella sua verità poiché è in relazione necessaria con ogni altro.

Per cui, secondo Severino, se l’apparire infinito ( = la Gioia) è il toglimento già da sempre realizzatosi di tale contraddizione, nell’apparire finito tale toglimento è costituito dall’infinito incremento dell’apparire diacronico degli essenti ( = la Gloria), restringendo sempre di più (ma senza mai concludersi) la non-verità di ciò che appare a favore dell’aumento della concretezza ( = della verità) di ciò che va via via apparendo.

Tuttavia, tale incremento, per quanto prolungantesi all’infinito nel cerchio finito, non consentirà MAI che appaia la verità sic et simpliciter di ciò che in esso si mostra, perché il cerchio finito MAI diventerà l’apparire infinito (né l’astratto mai diverrà concreto).

Pertanto, CIÒ CHE APPARE, NON È MAI CIÒ CHE ESSO, APPARENDO, DICE DI ESSERE:

la verità concreta di ogni ente che appare resta perciò _ nel cerchio finito _ infinitamente CELATA, in quanto non potrà mai apparire la totalità concreta ed infinita dell’altro da x il quale, perciò, appare privo dell’apparire della propria concreta verità.

Osserva ancora Severino:

<<La contraddizione [ = la contraddizione C] dell’originario [ = cerchio finito], in quanto esso è contraddizione [ = contraddizione C], non è autonegazione in quanto essa è il toglimento concreto della contraddizione originaria, cioè in quanto essa nega l’originario non in quanto l’originario è dire _ non per quello che esso dice _, ma in quanto esso è un non dire, per quello che esso non dice, in quanto cioè esso non dice il Tutto, ma una parte, dice il Tutto solo in modo formale; sì che il toglimento della contraddizione dell’originario sarebbe lo stesso svelarsi, in esso, del Tutto>>. (Severino: La struttura originaria; pag. 74).  

Direi, però, che la contraddizione C sarebbe <<il toglimento concreto della contraddizione originaria>>, o anche, il <<toglimento della contraddizione dell’originario sarebbe lo stesso svelarsi, in esso, del Tutto>> soltanto SE il Tutto, nell’originario, si svelasse TUTTO cioè concretamente quindi sincronicamente, come nell’apparire infinito, il che è negato da Severino poiché il finito non può diventare infinito, né questo può apparire concretamente nel finito.

Quindi, la contraddizione C non può esser <<l’affermazione concreta>> del suo contenuto, perché svelandosi diacronicamente all’infinito, il toglimento completo della contraddizione è RINVIATO all’infinito, ossia non è MAI COMPIUTO, per cui non è neppure MAI AFFERMATO concretamente ciò che MAI può essere tolto, cosicché, ciò che l’essente veridicamente è NON APPARE MAI compiutamente, resta sempre un’ipotesi, una parvenza, un’astrazione, un’intenzione, una fede (nel senso negativo conferito a quest’ultimo termine da Severino).

O anche: <<l’apparire di ciò che con la sua assenza provoca la contraddizione della verità>> non riesce ad essere <<il toglimento della contraddizione della verità>>, perché tale assenza dovrebbe colmarsi integralmente mediante l’impossibile apparire dell’infinito nel finito.  

Un toglimento diacronico/graduale (quindi parziale) <<della contraddizione della verità>> non equivale ad un’<<affermazione concreta>> della verità, ma sempre e soltanto ad una sua ‘concretezzaparziale, ovvero ad una sua completa astrazione, considerando l’infinita concretezza che nel finito non apparirà mai.

Inoltre, e soprattutto, il <<non dire>> ciò ( = la verità) che deve esser detto da parte dell’essente affinché si presenti nella sua verità, è non-dire la (sua) verità.

Ossia il <<non dire>> ( = il non apparire de) il Tutto CONCRETO che ne costituisce VERITATIVAMENTE la determinatezza (e che per Severino non rende la contraddizione C una negazione di <<quello che esso [ = l’originario] dice>>), comporta che, di x, si dica il suo esser non-x, appunto perché la infinita concretezza del non-x viene TACIUTA ossia NON-APPARE MAI, per via dell’impossibilità che (nel finito) essa appaia concretamente.

Venendo taciuta, di x NON viene detto ( = non appare) ciò che lo renderebbe VERIDICAMENTE x.

Che il Tutto appaia formalmente, infatti, non toglie che x NON SIA ciò (x) che dice di essere ma ne ribadirà l’INDETERMINATEZZA, perché il Tutto formale è a sua volta una parte, e come tale soggetta anch’essa alla (o espressione della) contraddizione C:

Neppure il Tutto formale dice con verità ciò che dice di essere.

Per cui, il <<non dire>> ( = il non apparire di) ciò ( = la totalità infinita del non-x) senza il quale x non sarebbe x, costituisce una CONTRADDIZIONE NORMALE perché x, dicendo di sé di esser soltanto x ( = ossia apparendo come ciò che esso non è, giacché la concretezza del non-x non può mai apparire), È (x) ED INSIEME NON È CIÒ (x)  CHE DICE DI ESSERE.

Pertanto, e contrariamente a quanto sopra precisato da Severino, dobbiamo concludere che la contraddizione C sia AUTO-NEGANTESI (secondo ciò che Severino chiama: “contraddizione normale”), giacché essa ritiene di mostrare con verità che nessun ente che appare (nell’apparire finito) si mostri con verità, tale tesi essendo essa stessa un ente che appare nel cerchio finito e che, perciò, appare senza quella verità che dovrebbe accompagnarla nelle vesti del Tutto concreto, negando perciò il proprio contenuto che dice (mostra) di esser ciò ( = contraddizione C) che in verità non è.

Per questo nemmeno la contraddizione C (come qualsiasi altro ente) dice veridicamente ciò che dice di essere, ossia NON È MAI la manifestazione della sua verità, giacché, ripeto,  il suo DIRE appare privo della concreta totalità infinita che ne determini la verità in sé.

È palese, dunque, come tutto ciò investa anche il concetto di “verità”:

infatti, CHE COS’È la verità, se la verità di ciò che appare, per esser tale, deve rinviare al non-apparire della verità concreta ( = della totalità) soltanto la quale potrebbe rispondere a questa domanda?

Se non appare la concretezza del non-x che determinerebbe veridicamente la verità di x, allora non apparirà neppure la verità di x, cosicché x (nel finito) resti infinitamente (diacronicamente) indeterminato, non-vero.

Quindi, ne va di mezzo anche l’élenchos (e tutto ciò che si presenta finitamente)…

 

Roberto Fiaschi

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2 commenti:

  1. Eccellente argomentazione.

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  2. Il non manifestarsi mai è d'altra parte il già manifesto da sempre e per sempre. Il manifestarsi mai è la terra e la terra è l'apparire del finito all'infinito: l'apparire della terra o cerchio finito dell'apparire appare all'infinito perché è l'apparire dello sfondo sulla terra o apparire del finito all'infinito. Quando la terra si crede tutto ciò che appare allora è contraddizione normale. Tutto qui

    Alessandro Vaglia

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