Leggiamo che <<il
termine [memoria]
indica sia la capacità di ritenere
traccia di informazioni relative a
eventi, immagini, sensazioni, idee, ecc. di cui si sia avuto esperienza e di
rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato riconoscendole come stati
di coscienza trascorsi, sia i contenuti stessi dell’esperienza in quanto sono
rievocati, sia l’insieme dei meccanismi psicologici e neurofisiologici che
permettono di registrare
e successivamente di richiamare informazioni>> (https://www.treccani.it/vocabolario/memoria/).
Anche una fotografia ha la
capacità di ritenere traccia di informazioni nonché <<i contenuti
stessi dell’esperienza in quanto sono>> in essa immortalati.
Per il filosofo Emanuele Severino,
invece, la memoria testimonierebbe l’impossibilità che l’oggetto
ricordato sia divenuto nulla, altrimenti non potremmo ricordare il nulla,
cosicché per lui la memoria sia il ripresentarsi dell’oggetto passato
nella sua eterna integrità (nel suo non esser divenuto un nulla).
Di questa tesi, ne riporto un
riassunto tratto da un estimatore di Severino:
<<perche il passato
possa apparire alla memoria,il passato deve essere,e non essere un
niente.quando ci appare qualcosa alla memoria,è il passato in carne ed
ossa,essente,che si presenta come memoria (quel modo particolare di apparire che
chiamiamo memoria. se il passato fosse niente ,in virtu di cosa diremmo che cio
che ci appare alla memoria è il passato? si puo replicare che la memoria ha a
che fare col passato.ma se il passato è niente la memoria ha a che fare col
niente.se il passato è niente allora abbiamo memoria di niente>>.
Al discorso di cui sopra, sostituisco
adesso la <<memoria>> con la (o una) fotografia:
<<perche il passato possa apparire in una fotografia, il passato
deve essere, e non essere un niente. Quando ci appare qualcosa in una fotografia, è il passato
in carne ed ossa, essente, che si presenta come fotografia (quel modo particolare di apparire che
chiamiamo fotografia.
Se il passato fosse niente, in virtu di cosa diremmo che ciò che ci appare nella fotografia è il passato? Si
può replicare che una
fotografia ha a che
fare col passato. Ma se il passato è niente la fotografia ha a che fare col niente. Se il passato è niente
allora abbiamo una fotografia
di niente>>.
Ora, Severino deve
scartare la possibilità che la memoria sia la registrazione di informazioni (eventi
ed immagini), altrimenti dovrebbe ammettere che sia possibile ricordare
anche ciò che ormai è nulla e che perciò l'ente passato non sia eterno.
Consideriamo la memoria
come se fosse una sorta di traccia mnestica
di un oggetto/evento passato, simile ad una fotografia quale traccia di informazioni ormai
passate.
In quest’ultima, un oggetto passato continua ad apparire anche se esso
è ormai nulla.
Pertanto, riformuliamo la domanda <<se
il passato fosse niente, in virtu di cosa diremmo che cio che ci appare alla
memoria è il passato?>>
così:
se il passato fosse niente, in
virtu di cosa diremmo che ciò che ci appare nella fotografia è il passato?
Rispondiamo che ciò che ci appare nella fotografia è il passato in virtù del fatto che l’oggetto (qualsiasi esso sia) impresso in essa è stato fotografato prima che venisse presentato in fotografia. Che poi esso esista ancora o non più, nulla cambia al fatto che esso, una volta fotografato, continui ad apparire come passato.
Il sostenitore della memoria come
attestazione dell’eternità del passato osserva:
<<si puo replicare che
la memoria ha a che fare col passato.ma se il passato è niente la memoria ha a
che fare col niente.se il passato è niente allora abbiamo memoria di niente>>;
anche qui, l’insensatezza
di tale ‘teoria’ viene completamente meno se affermiamo:
<<si può replicare che una fotografia abbia a che fare
col passato>>;
- certo, sempre.
<<Ma se il passato è niente la fotografia ha a che fare
col niente>>;
- essa ha a che fare col
niente soltanto nel senso che l’oggetto fotografato-passato potrebbe non
esistere più.
<<Se il passato è niente allora
abbiamo una fotografia
di niente>>;
- ecco il sofisma.
Non esistono fotografie <<di
niente>> in quanto niente, in esse vi è sempre qualcosa
e tale qualcosa, anche se attualmente è ormai niente, continua pur sempre ad apparire nella
fotografia come ciò che esso ERA quando ancora era (qualcosa), altrimenti, se applicassimo la
‘logica’ della tesi severiniana, nessuna fotografia potrebbe contenere ciò che ormai
non è più perché, se lo contenesse, vorrebbe dire che tale fotografia sarebbe una
fotografia di
niente. Come se la fotografia immortalasse qualcosa nel suo
esser niente, anziché nel suo offrirsi all’apparecchio fotografico come un qualcosa!
Lo stesso dicasi per la memoria:
non vi è alcuna necessità che l’essente passato-ricordato
sia eterno, affinché possa apparire come ricordato; è sufficiente che
esso (ancora esistente o ormai inesistente che sia) si ripresenti alla
coscienza quale traccia
mnestica di ciò
che esso fu.
Roberto Fiaschi
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Non mi pare proprio che Severino abbia utilizzato la memoria e il ricordo per sostenere l'eternità dell'essente. In prima battuta, tramite la struttura originaria, Severino deduce l'eternità dell'essente, e dopo, in seconda battuta, ne deduce che se l'essente è eterno, il ricordo non può essere quel che la neuro-fisiologia e la psicologia (e con esse il senso comune e l'intuizione) ci dicono che esso sia, e, in conseguenza, reinterpreta il "fenomeno" che viene definito come "ricordo" alla luce dell'eternità dell'essente. Come il divenire deve essere reinterpretato in un modo che sia compatibile con l'eternità dell'essente così anche "fenomeni" come il "ricordare" e il "dimenticare" devono essere reinterpretati.
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