venerdì 19 maggio 2023

55)- SEVERINO: “MEMORIA” COME ATTESTAZIONE DELL’ETERNITÀ DELL’ENTE?

 

Leggiamo che <<il termine [memoria] indica sia la capacità di ritenere traccia di informazioni relative a eventi, immagini, sensazioni, idee, ecc. di cui si sia avuto esperienza e di rievocarle quando lo stimolo originario sia cessato riconoscendole come stati di coscienza trascorsi, sia i contenuti stessi dell’esperienza in quanto sono rievocati, sia l’insieme dei meccanismi psicologici e neurofisiologici che permettono di registrare e successivamente di richiamare informazioni>> (https://www.treccani.it/vocabolario/memoria/).

Anche una fotografia ha la capacità di ritenere traccia di informazioni nonché <<i contenuti stessi dell’esperienza in quanto sono>> in essa immortalati.

Per il filosofo Emanuele Severino, invece, la memoria testimonierebbe l’impossibilità che l’oggetto ricordato sia divenuto nulla, altrimenti non potremmo ricordare il nulla, cosicché per lui la memoria sia il ripresentarsi dell’oggetto passato nella sua eterna integrità (nel suo non esser divenuto un nulla).

Di questa tesi, ne riporto un riassunto tratto da un estimatore di Severino:

<<perche il passato possa apparire alla memoria,il passato deve essere,e non essere un niente.quando ci appare qualcosa alla memoria,è il passato in carne ed ossa,essente,che si presenta come memoria (quel modo particolare di apparire che chiamiamo memoria. se il passato fosse niente ,in virtu di cosa diremmo che cio che ci appare alla memoria è il passato? si puo replicare che la memoria ha a che fare col passato.ma se il passato è niente la memoria ha a che fare col niente.se il passato è niente allora abbiamo memoria di niente>>.

Al discorso di cui sopra, sostituisco adesso la <<memoria>> con la (o una) fotografia:

<<perche il passato possa apparire in una fotografia, il passato deve essere, e non essere un niente. Quando ci appare qualcosa in una fotografia, è il passato in carne ed ossa, essente, che si presenta come fotografia (quel modo particolare di apparire che chiamiamo fotografia. Se il passato fosse niente, in virtu di cosa diremmo che ciò che ci appare nella fotografia è il passato? Si può replicare che una fotografia ha a che fare col passato. Ma se il passato è niente la fotografia ha a che fare col niente. Se il passato è niente allora abbiamo una fotografia di niente>>.

Ora, Severino deve scartare la possibilità che la memoria sia la registrazione di informazioni (eventi ed immagini), altrimenti dovrebbe ammettere che sia possibile ricordare anche ciò che ormai è nulla e che perciò l'ente passato non sia eterno.

Consideriamo la memoria come se fosse una sorta di traccia mnestica di un oggetto/evento passato, simile ad una fotografia quale traccia di informazioni ormai passate.

In quest’ultima, un oggetto passato continua ad apparire anche se esso è ormai nulla.

Pertanto, riformuliamo la domanda <<se il passato fosse niente, in virtu di cosa diremmo che cio che ci appare alla memoria è il passato?>>

così:

se il passato fosse niente, in virtu di cosa diremmo che ciò che ci appare nella fotografia è il passato?

Rispondiamo che ciò che ci appare nella fotografia è il passato in virtù del fatto che l’oggetto (qualsiasi esso sia) impresso in essa è stato fotografato prima che venisse presentato in fotografia. Che poi esso esista ancora o non più, nulla cambia al fatto che esso, una volta fotografato, continui ad apparire come passato.

Il sostenitore della memoria come attestazione dell’eternità del passato osserva:

<<si puo replicare che la memoria ha a che fare col passato.ma se il passato è niente la memoria ha a che fare col niente.se il passato è niente allora abbiamo memoria di niente>>;

anche qui, l’insensatezza di tale ‘teoria’ viene completamente meno se affermiamo:

<<si può replicare che una fotografia abbia a che fare col passato>>;

- certo, sempre.

<<Ma se il passato è niente la fotografia ha a che fare col niente>>;

- essa ha a che fare col niente soltanto nel senso che l’oggetto fotografato-passato potrebbe non esistere più.

<<Se il passato è niente allora abbiamo una fotografia di niente>>;

- ecco il sofisma.

Non esistono fotografie <<di niente>> in quanto niente, in esse vi è sempre qualcosa e tale qualcosa, anche se attualmente è ormai niente, continua pur sempre ad apparire nella fotografia come ciò che esso ERA quando ancora era (qualcosa), altrimenti, se applicassimo la ‘logica’ della tesi severiniana, nessuna fotografia potrebbe contenere ciò che ormai non è più perché, se lo contenesse, vorrebbe dire che tale fotografia sarebbe una fotografia di niente. Come se la fotografia immortalasse qualcosa nel suo esser niente, anziché nel suo offrirsi all’apparecchio fotografico come un qualcosa!

Lo stesso dicasi per la memoria:

non vi è alcuna necessità che l’essente passato-ricordato sia eterno, affinché possa apparire come ricordato; è sufficiente che esso (ancora esistente o ormai inesistente che sia) si ripresenti alla coscienza quale traccia mnestica di ciò che esso fu.  

 

Roberto Fiaschi

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1 commento:

  1. Non mi pare proprio che Severino abbia utilizzato la memoria e il ricordo per sostenere l'eternità dell'essente. In prima battuta, tramite la struttura originaria, Severino deduce l'eternità dell'essente, e dopo, in seconda battuta, ne deduce che se l'essente è eterno, il ricordo non può essere quel che la neuro-fisiologia e la psicologia (e con esse il senso comune e l'intuizione) ci dicono che esso sia, e, in conseguenza, reinterpreta il "fenomeno" che viene definito come "ricordo" alla luce dell'eternità dell'essente. Come il divenire deve essere reinterpretato in un modo che sia compatibile con l'eternità dell'essente così anche "fenomeni" come il "ricordare" e il "dimenticare" devono essere reinterpretati.

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