Egon Key (d’ora in poi: EK),
sostiene che
<<L'"esser uomo" è l'apparire della
contesa tra destino e isolamento!>>
Per cui, secondo lui,
<<Il discorso che fa Roberto Fiaschi non regge,
perché lui, ipostatizzando l'"esser uomo" come errore (e non invece
come l'apparire della contesa tra destino e isolamento), intende peraltro la
coscienza come un prodotto dell'individuo, "a cui", appunto,
apparirebbe qualcosa (quando, invece l'apparire può apparire solo a sé
medesimo, ossia al destino stesso). L'apparire, NELL' Io finito del destino, è
il mostrarsi di tutto ciò che appare, quindi anche della corporeità umana, che,
nel contesto spazio-temporale in cui si mostra, è la "traccia" che i
cerchi si lasciano a vicenda del loro essere luoghi del contrasto tra verità e
isolamento. A revoir>>.
in Essenza del nichilismo, a pag. 201, Severino scrive:
<<l’uomo [ = l’individuo empirico-errore: io,
tu, egli…] vive solitamente nella non verità
[infatti <<l'individuo
è errore. Se ci si
rende conto che l'individuo è errore,
allora la verità non ha il compito di rendere verità l'errore>>.
(Severino: La legna e la cenere)]. Ma la vita dell’uomo [ =
dell’individuo-errore] è, nella sua essenza, l’eterno apparire dell’essere [
= ossia tale essenza è l’Io del destino-verità]. […] Per quanto
profonda possa risultare la non
verità in cui vive
l’uomo [ = l’io empirico-errore], egli è pur sempre l’eterna
manifestazione della verità dell’essere [ = cioè dell’Io del destino o
cerchio finito dell’apparire]. Non si può dunque pensare che il vivere [da parte dell’unico
che può vivere: l’io individuale-errore] nella non verità sia un oblio che porti alla sparizione della verità
dell’essere. Ciò vuol dire che la non verità
[ = l’individuo empirico: io, tu, egli…] è possibile solo all’interno
della verità [ = cioè all’interno dell’Io del destino-verità]
dell’essere>>. (Parentesi quadre mie: RF).
E a pag. 203, sempre Severino:
<<In quanto vive nella non
verità, l’uomo [ = l’io empirico-errore] è allora l’apparire di
una contesa: tra la verità [ = l’Io del destino-verità], che
eternamente appare [ma NON appare consapevolmente all’errore], e l’errore [ = l’io
empirico-errore], che accompagna l’accadimento della terra e vede in essa [sempre
l’io empirico-errore] il terreno sicuro>>.
Com’è evidente <<anche ai moscerini>> (parole di EK), tale contesa è tra due protagonisti:
l’errore-io empirico il
cui apparire all’interno dell’Io del destino-verità, contende (senza saperlo!)
a quest’ultimo la scena, la quale altro non è che l’essenza dell’uomo inteso
nella sua verità, cioè l’Io del destino-verità.
Dunque, essendo CERTO che <<l'individuo è errore. Se ci si rende conto
che l'individuo è errore,
allora la verità non ha il compito di rendere verità l'errore>>
(Severino), allora è palese come EK, scrivendo:
<<L'"esser uomo" è l'apparire della
contesa tra destino e isolamento!>>
prenda una solenne cantonata,
perché tale <<"esser uomo">> NON È l’individuo
empirico-errore, giacché, ripeto:
<<l'individuo è errore>> (Severino), per cui, intanto, non ho effettuato alcuna IPOSTATIZZAZIONE dell'<<"esser uomo" come errore>>,
bensì, tale <<"esser uomo">> è l’Io del destino, al cui
interno appunto sorge (appare) l’io individuale-errore che con la sua presenza
FA PREVALERE <<la non
verità in cui vive
l’uomo [ = l’io empirico-errore]>>.
Chiaro?
Ora, per AGEVOLARE la tesi di EK, concediamo però che la faccenda
stia nei termini da lui esposti.
Bene; sulla scorta di tutto ciò, si tratta adesso di
RAGIONARE, giacché la filosofia non si accontenta di innumerevoli citazioni
mandate giù a memoria e RIPETUTE a valanga ad ogni piè sospinto, ma
richiede di ARGOMENTARE in proprio.
E cosa ne esce?
Ne esce un bel disastro, perché se la situazione stesse nei
termini descritti da EK, allora avremmo che <<L'"esser uomo">>
sia lo stesso individuo empirico-errore il quale sarebbe IN SÉ <<l'apparire
della contesa tra destino e isolamento!>>, cioè l’individuo sarebbe
in sé sia ERRORE ( = io empirico) che VERITÀ ( = Io del destino), tra loro in
contesa all’interno del medesimo soggetto!
Ebbene, NULLA CAMBIEREBBE rispetto all’APORETICITÀ del
rapporto errore-verità, giacché avremmo nell’<<"esser uomo">>
(cioè nell’io empirico) un aspetto _ l’errore _ che non saprebbe di esser tale,
visto che, come dice Severino, l’errore (l’io empirico) NON SA di esser ERRORE
_, per cui NON
CONTENDEREBBE ALCUNCHÉ CON NESSUNO; ed avremmo, sempre nel medesimo <<"esser
uomo">> cioè sempre nell’io individuale, l’altro aspetto
costituito dal destino-verità, il quale, invece, è l’UNICO dei due contendenti
a SAPERE di ( = ad apparirgli) tale contesa, sì che questa sia, in
realtà, una pseudo-contesa, poiché uno dei due _ l’io individuale-errore _ LA
IGNORA DEL TUTTO…
Peccato, perciò, che di tale destino quale VERITÀ
insita nell’<<"esser uomo">> com’è inteso da EK,
si debba dire che esso, il destino, che nel linguaggio del mortale <<suona identico a
quello che testimonia il destino>>, sia però <<necessariamente
un affiorare ROVESCIATO (e
dunque SVIANTE) DELL’INCONSCIO DELL’INCONSCIO (e che sia rovesciato significa
che sono impossibili lampi
di comprensione autentica)>>. (Nicoletta Cusano: Emanuele
Severino. Oltre il nichilismo. Morcelliana 2011. Maiuscoli miei: RF).
Il che vuol dire RETROCEDERE l’APORIA (lasciandola
perciò intatta) nell’<<"esser uomo">> (cioè nell’io empirico),
anziché lasciarla al livello che originariamente le compete ovvero internamente
all’Io del
destino-verità, il quale rappresenta l’essenza autentica dell’<<"esser
uomo">> rettamente inteso e sempre nel quale accade (appare) la CONTESA
cui è l’io individuale-errore, il sorgere della cui presenza OBLÌA la verità
del destino per far PREDOMINARE <<la non verità in cui vive l’uomo [ = l’io empirico-errore]>>.
Infatti, non solo nell’<<"esser uomo">>
come inteso da EK, il lato dell’errore NON SA di esser errore e
quindi nulla può sapere di una verità da esso contesa, ma altresì il lato della
verità del destino è l’<<INCONSCIO DELL’INCONSCIO>>, per cui, quand’anche
nell’individuo EMERGESSE DALL’<<INCONSCIO DELL’INCONSCIO>> la verità del destino, l’errore _ cioè l’altro
aspetto presente nell’<<"esser uomo">> (cioè nell’io individuale)
_ nulla potrebbe saperne, appunto perché tale destino emergerebbe <<rovesciato>>, perciò
<<sviante>>,
tale da dover concludere:
<<sono impossibili lampi
di comprensione autentica>> del destino nell’<<"esser uomo">> (N. Cusano, op.
cit.)…
Roberto Fiaschi
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