lunedì 7 agosto 2023

74)- TERZO DIALOGO CON EGON KEY SULLA “CONTESA TRA VERITÀ ED ERRORE”

 

Egon Key (d’ora in poi: EK), sostiene che

<<L'"esser uomo" è l'apparire della contesa tra destino e isolamento!>>

Per cui, secondo lui,

<<Il discorso che fa Roberto Fiaschi non regge, perché lui, ipostatizzando l'"esser uomo" come errore (e non invece come l'apparire della contesa tra destino e isolamento), intende peraltro la coscienza come un prodotto dell'individuo, "a cui", appunto, apparirebbe qualcosa (quando, invece l'apparire può apparire solo a sé medesimo, ossia al destino stesso). L'apparire, NELL' Io finito del destino, è il mostrarsi di tutto ciò che appare, quindi anche della corporeità umana, che, nel contesto spazio-temporale in cui si mostra, è la "traccia" che i cerchi si lasciano a vicenda del loro essere luoghi del contrasto tra verità e isolamento. A revoir>>.

in Essenza del nichilismo, a pag. 201, Severino scrive:

<<l’uomo [ = l’individuo empirico-errore: io, tu, egli…] vive solitamente nella non verità [infatti <<l'individuo è errore. Se ci si rende conto che l'individuo è errore, allora la verità non ha il compito di rendere verità l'errore>>. (Severino: La legna e la cenere)]. Ma la vita dell’uomo [ = dell’individuo-errore] è, nella sua essenza, l’eterno apparire dell’essere [ = ossia tale essenza è l’Io del destino-verità]. […] Per quanto profonda possa risultare la non verità in cui vive l’uomo [ = l’io empirico-errore], egli è pur sempre l’eterna manifestazione della verità dell’essere [ = cioè dell’Io del destino o cerchio finito dell’apparire]. Non si può dunque pensare che il vivere [da parte dell’unico che può vivere: l’io individuale-errore] nella non verità sia un oblio che porti alla sparizione della verità dell’essere. Ciò vuol dire che la non verità [ = l’individuo empirico: io, tu, egli…] è possibile solo all’interno della verità [ = cioè all’interno dell’Io del destino-verità] dell’essere>>. (Parentesi quadre mie: RF).

E a pag. 203, sempre Severino:

<<In quanto vive nella non verità, l’uomo [ = l’io empirico-errore] è allora l’apparire di una contesa: tra la verità [ = l’Io del destino-verità], che eternamente appare [ma NON appare consapevolmente all’errore], e l’errore [ = l’io empirico-errore], che accompagna l’accadimento della terra e vede in essa [sempre l’io empirico-errore] il terreno sicuro>>.

Com’è evidente <<anche ai moscerini>> (parole di EK), tale contesa è tra due protagonisti: 

l’errore-io empirico il cui apparire all’interno dell’Io del destino-verità, contende (senza saperlo!) a quest’ultimo la scena, la quale altro non è che l’essenza dell’uomo inteso nella sua verità, cioè l’Io del destino-verità.

Dunque, essendo CERTO che <<l'individuo è errore. Se ci si rende conto che l'individuo è errore, allora la verità non ha il compito di rendere verità l'errore>> (Severino), allora è palese come EK, scrivendo:

<<L'"esser uomo" è l'apparire della contesa tra destino e isolamento!>>

prenda una solenne cantonata,

perché tale <<"esser uomo">> NON È l’individuo empirico-errore, giacché, ripeto:

<<l'individuo è errore>> (Severino), per cui, intanto, non ho effettuato alcuna IPOSTATIZZAZIONE dell'<<"esser uomo" come errore>>,

bensì, tale <<"esser uomo">> è l’Io del destino, al cui interno appunto sorge (appare) l’io individuale-errore che con la sua presenza FA PREVALERE <<la non verità in cui vive l’uomo [ = l’io empirico-errore]>>.

Chiaro?

Ora, per AGEVOLARE la tesi di EK, concediamo però che la faccenda stia nei termini da lui esposti.

Bene; sulla scorta di tutto ciò, si tratta adesso di RAGIONARE, giacché la filosofia non si accontenta di innumerevoli citazioni mandate giù a memoria e RIPETUTE a valanga ad ogni piè sospinto, ma richiede di ARGOMENTARE in proprio.

E cosa ne esce?

Ne esce un bel disastro, perché se la situazione stesse nei termini descritti da EK, allora avremmo che <<L'"esser uomo">> sia lo stesso individuo empirico-errore il quale sarebbe IN SÉ <<l'apparire della contesa tra destino e isolamento!>>, cioè l’individuo sarebbe in sé sia ERRORE ( = io empirico) che VERITÀ ( = Io del destino), tra loro in contesa all’interno del medesimo soggetto!

Ebbene, NULLA CAMBIEREBBE rispetto all’APORETICITÀ del rapporto errore-verità, giacché avremmo nell’<<"esser uomo">> (cioè nell’io empirico) un aspetto _ l’errore _ che non saprebbe di esser tale, visto che, come dice Severino, l’errore (l’io empirico) NON SA di esser ERRORE _, per cui NON CONTENDEREBBE ALCUNCHÉ CON NESSUNO; ed avremmo, sempre nel medesimo <<"esser uomo">> cioè sempre nell’io individuale, l’altro aspetto costituito dal destino-verità, il quale, invece, è l’UNICO dei due contendenti a SAPERE di ( = ad apparirgli) tale contesa, sì che questa sia, in realtà, una pseudo-contesa, poiché uno dei due _ l’io individuale-errore _ LA IGNORA DEL TUTTO

Peccato, perciò, che di tale destino quale VERITÀ insita nell’<<"esser uomo">> com’è inteso da EK, si debba dire che esso, il destino, che nel linguaggio del mortale <<suona identico a quello che testimonia il destino>>, sia però <<necessariamente un affiorare ROVESCIATO (e dunque SVIANTE) DELL’INCONSCIO DELLINCONSCIO (e che sia rovesciato significa che sono impossibili lampi di comprensione autentica)>>.  (Nicoletta Cusano: Emanuele Severino. Oltre il nichilismo. Morcelliana 2011. Maiuscoli miei: RF).

Il che vuol dire RETROCEDERE l’APORIA (lasciandola perciò intatta) nell’<<"esser uomo">> (cioè nell’io empirico), anziché lasciarla al livello che originariamente le compete ovvero internamente all’Io del destino-verità, il quale rappresenta l’essenza autentica dell’<<"esser uomo">> rettamente inteso e sempre nel quale accade (appare) la CONTESA cui è l’io individuale-errore, il sorgere della cui presenza OBLÌA la verità del destino per far PREDOMINARE <<la non verità in cui vive l’uomo [ = l’io empirico-errore]>>.

Infatti, non solo nell’<<"esser uomo">> come inteso da EK, il lato dell’errore NON SA di esser errore e quindi nulla può sapere di una verità da esso contesa, ma altresì il lato della verità del destino è l’<<INCONSCIO DELLINCONSCIO>>, per cui, quand’anche nell’individuo EMERGESSE DALL’<<INCONSCIO DELLINCONSCIO>> la verità del destino, l’errore _ cioè l’altro aspetto presente nell’<<"esser uomo">> (cioè nell’io individuale) _ nulla potrebbe saperne, appunto perché tale destino emergerebbe <<rovesciato>>, perciò <<sviante>>, tale da dover concludere:

<<sono impossibili lampi di comprensione autentica>> del destino nell’<<"esser uomo">> (N. Cusano, op. cit.)…

 

Roberto Fiaschi

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