lunedì 7 agosto 2023

75)- QUARTO DIALOGO CON EGON KEY SULLA PRESUNTA IMPOSSIBILITÀ DI UN “MIO, INDIVIDUALE ATTO DI COSCIENZA”

 

In risposta al post n° 73, Egon Key (EK) riporta un passaggio di Severino:

<<L'io empirico (cosa già detta), come qualsiasi altro contenuto, appare NELL'Io finito del destino, e tale mostrarsi NON è un mio atto di coscienza, perché il ‘mio’ atto di coscienza è esso stesso UNA DELLE COSE CHE SI MOSTRANO">>.

Premesso che <<il ‘mio’ atto di coscienza>> è ciò grazie al quale si mostrano le cose che MI si mostrano (incluso il mio atto di coscienza, che mostra sé stesso come fondamento dell’apparire _ della consapevolezza _ delle cose che appaiono), per il resto vedasi qui sotto, ove EK prosegue riportando il brano di Nicoletta Cusano (in grassetto) unitamente al mio precedente commento:

<<Quindi, siccome “Si deve pertanto concludere che nel pensiero dell’isolamento un lampo di comprensione autentica [del destino] è IMPOSSIBILE (nello stesso senso e per lo stesso motivo per cui lo si deve escludere in relazione all’io dell’individuo): è necessario che, all’interno del suo isolamento dalla verità del destino, il pensiero mortale [dell’io individuale, dunque] FRAINTENDA, SEMPRE E INEVITABILMENTE, le tracce della Gioia. Se dunque “anche nell’isolamento della terra il destino lascia la propria traccia”, questa “non può non essere ambigua, sviante, cioè NON PUÒ CONDURRE GLI ABITATORI DELLA TERRA ISOLATA ALLA LUCE DEL DESTINO. ALTRIMENTI LA TERRA NON SAREBBE ISOLATA”. – (Nicoletta Cusano: Emanuele Severino. Oltre il nichilismo. Morcelliana 2011, pag. 447. Maiuscoli miei: RF), allora, si dovrà altrettanto concludere con l’IMPOSSIBILITÀ che EK (ma poi qualsiasi altro io empirico) SAPPIA ( = gli APPAIA) quel tratto del destino secondo cui viene NEGATO che vi sia un "soggetto empirico", cioè di un "qualcuno" a cui una certo qualcosa debba apparire. cit. Roberto Fiaschi>>.

Quindi EK risponde:

<<Peccato che sia la stessa Cusano che in questo stesso libro dedichi un'ampia trattazione all'apparire che appare a sé medesimo, non potendo darsi un "apparire a qualcuno" (citando testualmente dei passaggi di "Oltrepassare", in cui il filosofo stesso dice di ciò). Per cui, non penso minimamente che l'autrice che citi stia sostenendo quello che sostieni tu>>.

Certamente la Cusano la pensa COME Severino, ovviamente, infatti NON ho affatto detto che ella abbia sostenuto ciò che sostengo io, ci mancherebbe… La citazione era finalizzata a mostrar l’IMPOSSIBILITÀ che EK (ma poi qualsiasi altro io empirico) SAPPIA ( = gli APPAIA) quel tratto del destino secondo cui viene NEGATO che vi sia un "soggetto empirico", cioè di un "qualcuno" a cui una certo qualcosa debba apparire.

Comunque, la suddetta teoria è SMENTITA dal suo stesso autore, Severino (nonché dalla Cusano), perché nel loro RICONOSCIMENTO che <<nel pensiero dell’isolamento un lampo di comprensione autentica [del destino] è IMPOSSIBILE (nello stesso senso e per lo stesso motivo per cui lo si deve escludere in relazione all’io dell’individuo)>>,

e perciò nel loro RICONOSCIMENTO che l’io dell’individuo NON può comprendere il destino, giacché, se lo comprendesse, <<LA TERRA NON SAREBBE ISOLATA>> e quindi l’io empirico NON sarebbe errore, essi smentiscono la loro su riportata tesi (e fatta propria da EK), perché se NON vi fosse alcun <<mio atto di coscienza>>, allora NON AVREBBE NESSUN SENSO affermare che <<in RELAZIONE all’io dell’individuo>> sia <<IMPOSSIBILE>> <<un lampo di comprensione autentica [del destino]>>!

Sì, <<in RELAZIONE all’io dell’individuo>>, giacché se il mostrarsi di ciò che si mostra non fosse <<in RELAZIONE>> ad un <<mio atto di coscienza>> cioè all’io individuale ma si mostrasse SOLTANTO <<NELL'Io finito del destino>>, NON AVREBBE NESSUN SENSO, ripeto, sostener che <<in RELAZIONE>> al <<mio atto di coscienza>> l’io individuale <<FRAINTENDA, SEMPRE e INEVITABILMENTE, le tracce della Gioia>>.

Infatti, CHI fraintenderebbe, se non l’io individuale-errore?

Per fraintenderle <<SEMPRE e INEVITABILMENTE>>, è necessario che almeno tale fraintendimento APPAIA e quindi STIA <<in RELAZIONE>> al <<mio atto di coscienza>>, altrimenti le parole della Cusano e di Severino sarebbero ARIA FRITTA…  

Se tale fraintendimento stesse <<in RELAZIONE>> SOLTANTO all’Io finito del destino, questi sarebbe PERSUASO DELL’ERRORE, ma la qual cosa è INSOSTENIBILE, se davvero l’Io del destino è <<la struttura originaria del destino>> il quale <<non crede di essere l’apparire del destino della verità, non crede in nessuno dei contenuti del destino che il linguaggio testimoniante il destino va indicando […]. Non crede in nulla perché [l’Io del destino] è l’apparire della verità>> (Severino: Intorno al senso del nulla, pag. 211).

Sarebbe alquanto curiosa, infatti, una verità (l’Io del destino) che si PERSUADESSE dell’ERRORE cui è la terra isolata della <<non verità>>!

A questo punto EK potrebbe nuovamente richiamare la CONTESA tra errore e verità quale ragione del prevaler della <<non verità>> internamente all’Io del destino.

E sbaglierebbe clamorosamente, perché se l’Io del destino <<non crede in nessuno dei contenuti del destino che il linguaggio testimoniante il destino va indicando […]. Non crede in nulla perché [l’Io del destino] è l’apparire della verità>>,

a maggior ragione NON sarà neppure PERSUASO DELL’ERRORE, sebbene <<l’uomo [ = l’individuo empirico-errore: io, tu, egli…] viv[a] solitamente nella non verità>> (Severino: Essenza del nichilismo, pag. 201) quale SMENTITA della non persuadibilità dell’Io del destino.

E quand’anche <<Non si [possa] dunque pensare che il vivere nella non verità sia un oblio che porti alla sparizione della verità dell’essere>>, tale verità NON sarà neppure conosciuta all’Io del destino, in quanto al suo interno vige la PERSUASIONE che <<l’errore [ = l’io empirico-errore], che accompagna l’accadimento della terra>> isolata, vede in questa <<il terreno sicuro>> (Severino: Essenza del nichilismo, cit.).

Pertanto, che <<L’apparire della verità non [sia] un atto individuale>>, cioè <<che la verità non [sia] un atto soggettivo>>, CONFERMA come all’<<atto individuale>> o all’<<atto soggettivo>> COMPETA UNICAMENTE L’APPARIRE DELLERRORE, cioè del nichilismo/la terra isolata, NON CHE NON GLI APPAIA NULLA DI NULLA!

Poi, al seguito della mia domanda:

perché l’Io del destino ( = la struttura originaria) è testimoniata dal (o mediante il) <<linguaggio dell’errare>>?

EK risponde:

<<Qui c'è il tema dell'alienazione della verità ecc. La condizione della possibilità della contraddizione è l'apparire della contraddizione come negata - è per questo che l'apparire dell'esistenza dell'errare appartiene alla struttura originaria del destino: la fede non può che apparire nella verità. Cose già dette pure queste>>.

Sì, <<cose già dette>> ma che NON C’ENTRANO molto con la mia domanda.

Se <<Qui c'è il tema dell'alienazione della verità>>, allora vuol dire che questa è testimoniata dall’<<alienazione della verità>>, cioè NON È AFFATTO testimoniata o lo è in modo ALTERATO, FRAINTESO, appunto ALIENATO.

E se la <<condizione della possibilità della contraddizione è l'apparire della contraddizione come negata>> è una verità non-alienata testimoniata dall’<<alienazione della verità>> _ cioè dal <<linguaggio dell’errare>> _, allora anche quell’affermazione sarà un’ <<alienazione della verità>>, perché se l’alienazione o <<la fede non può che apparire nella verità>>, e se però la verità è testimoniata dall’<<alienazione della verità>>, allora la verità che l’alienazione o <<la fede non può che apparire nella verità>> è a sua volta una fede, quanto meno la sua verità è indecidibile.  

Poi, alla mia precedente considerazione:

<<proprio perché tale linguaggio è nascosto ed ancora indecifrabile, ciò lascia intatto il mio rilievo critico (nel post 68) in base al quale “il destino può apparire NON-ALTERATO soltanto se vi è un dirlo che NON si costituisca come un’ulteriore sua ALTERAZIONE, altrimenti, come potremmo veridicamente dirlo (ritenerlo) NON-ALTERATO?”>>

EK osserva:

<<...un linguaggio (nascosto) che infatti lascia le sue tracce indecifrate, ossia ciò delle cui determinazioni ecc non sappiamo, né possiamo dire, perché il dire o la volontà di darne testimonianza è pur sempre espressione dell'isolamento. Quindi il tuo rilievo non porta acqua al tuo mulino, ma il contrario>>.

Eh no, EK non mi ha capito; la testimonianza del destino non-alterato necessita di un DIRLO (di una testimonianza) che non sia anch’esso(a) alterato(a), altrimenti sarebbe impossibile ritenerlo, appunto, destino NON-alterato.

Se però il destino non-alterato <<lascia le sue tracce indecifrate>> e perciò, come tali, IMPOSSIBILI DA RICONOSCERE come tracce non-alterate, allora si RICONFERMA che <<le sue tracce indecifrate>> NON POSSONO ESSERE SAPUTE come tracce NON-ALTERATE del destino NON-ALTERATO, appunto perché <<indecifrate>>, mi pare elementare…

 

Roberto Fiaschi

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