giovedì 10 agosto 2023

78)- SULL’APPARIRE “A ME” E ALL’IO DEL DESTINO


Proseguo lo stimolantissimo (per me) dialogo con Egon Key ( = EK), che scrive:

<<E teniamo sempre presente la tesi che quando qualcosa "mi" appare, non può apparire a "me" (io empirico o uomo o individuo), ma appare all'apparire stesso (come abbiamo ripetuto fino alla nausea): infatti, come si è detto altrove, la "mia" coscienza di qualcosa E' ESSA STESSA UN CONTENUTO CHE APPARE NEL CERCHIO DELL'APPARIRE. In tal senso, l'individuo o uomo o io empirico è inilluminabile, perché la verità non ha nulla a che fare con un atto soggettivo: la verità non è atto individuale, ma IL MOSTRARSI DI CIO' CHE APPARE (e questo mostrarsi ripetiamo non è un mio atto di coscienza, perchè anche tale atto di coscienza appare nel cerchio finito dell'apparire come suo contenuto)>>.

Chiarissimo e perciò non aggiungo altri passaggi.

Adesso riporto alcuni brani di Severino, pochi, giacché mi paiono più che sufficienti ed alquanto esplicativi (maiuscoli tutti miei: RF):

(1) <<Il patire è l’apparire del dolore; e tutto ciò che appare – e quindi anche il dolore CHE APPARE NELLA COSCIENZA CHE L’IO DELLINDIVIDUO HA DEL MONDO – può apparire solo come contenuto del cerchio dell’apparire in cui l’Io del destino consiste>>. (Severino: La Gloria, pag. 62).

(2) <<CHI PROVA sconcerto e si turba È L’IO DELL’INDIVIDUO. E non può che esser così, perché l’io dell’individuo, in quanto non verità, non può vedere la verità del destino, in cui appare il concerto di tutto con tutto; e anche quando tentasse di comprenderla e di allearvisi, non potrebbe scorgerla – appunto perché LO SGUARDO DELLA NON VERITÀ È DESTINATO A NON VEDERE ALTRO CHE NON VERITÀ anche quando tenta di volgersi verso la verità>> (Severino: idem, pag. 65).

Pausa.

Nel brano (1), Severino riconosce che <<L’IO DELLINDIVIDUO HA>> una <<COSCIENZA>>, <<NELLA>> quale egli <<PROVA sconcerto e si turba>>.

Pertanto vi è una chiara DISTINZIONE tra la <<COSCIENZA>> dell’io dell’individuo ed il <<cerchio dell’apparire in cui l’Io del destino consiste>>, ove la prima <<può apparire solo come contenuto del cerchio dell’apparire in cui l’Io del destino consiste>>.

Poiché <<CHI PROVA sconcerto e si turba È L’IO DELL’INDIVIDUO>>, è allora consequenziale come il PROVARE sconcerto e turbamento debba implicare un <<apparire a "me">> io individuale, altrimenti NON AVREBBE ALCUN SENSO affermare che <<CHI PROVA sconcerto e si turba È L’IO DELL’INDIVIDUO>>, giacché se NIENTE apparisse <<a "me">> io individuale, allora NON proverei neppure sconcerto e turbamento.

Inoltre <<l’io dell’individuo, in quanto non verità>>, è (o ha) altresì uno <<SGUARDO>> (cioè una COSCIENZA) il quale, però, <<è destinato a NON VEDERE altro che non verità>>, ossia l’io dell’individuo VEDE soltanto <<non verità>>, e non: NON vede nulla, non gli appare nulla.  

Per VEDERE soltanto <<non verità>>, lo <<SGUARDO>> dell’io individuale deve costituirsi come un <<apparire a "me">> (cioè all’io individuale), al cui "me" appaia, perciò, soltanto <<non verità>>.

Dunque, l’io dell’individuo è (o ha) uno SGUARDO differente da (anzi: OPPOSTO a) l’Io del destino, quindi, ad egli QUALCOSA APPARE, il che vuol dire che qualcosa appare a "me", altrimenti sarebbe FALSO che l’io individuale sia <<destinato a NON VEDERE altro che non verità>>.

Aggiungerei quest’altro brano di Severino:

(3) <<L’io dell’individuo può illudersi di “capire” l’Io del destino. Ma egli è l’io della terra che si è isolata dal destino E ALL’INTERNO DELLA QUALE IL DESTINO NON PUÒ APPARIRE>>. (Idem, pag. 76).

Anche qui, la possibilità di ILLUDERSI, presuppone l’<<apparire a "me">> della MIA illusoria comprensione del destino, e questo <<apparire a "me">> NON può essere detto del, o trasferito all’Io del destino, di modo da ELIMINARE (NEGARE) che esso sia <<apparire a "me">>, perché se sussistesse SOLTANTO <<L'apparire, in senso severiniano, cioè come coscienza dell'autocoscienza, appare a sé medesimo>> (cit. di EK), quest’ultimo NON potrebbe persuadersi dello spettacolo del nichilismo al quale tutti noi io individuali accordiamo consenso, perché, anche ammettendo per un attimo l’esistenza dell’Io del destino quale <<coscienza dell'autocoscienza>> o apparire <<a sé medesimo>>, ebbene, poiché in esso, nella contesa, PREVALE L’ILLUDERSI dell’io dell’individuo il quale è <<l’io della terra che si è isolata dal destino e ALL’INTERNO DELLA QUALE IL DESTINO NON PUÒ APPARIRE>>, allora all’io dell’individuo non potrà nemmeno apparire (sapere de) l’esistenza dell’Io del destino, giacché in tale PREVALERE di sé, altro non potrà apparire se non <<lo SGUARDO della NON VERITÀ>> il quale, perciò, <<È DESTINATO A NON VEDERE ALTRO CHE NON VERITÀ anche quando tenta di volgersi verso la verità>>.

Per questo sostengo l’inutilità di ribadire <<la tesi che quando qualcosa "mi" appare, non può apparire a "me" (io empirico o uomo o individuo), ma appare all'apparire stesso (come abbiamo ripetuto fino alla nausea)>> perché, per quanto l’autentica essenza dell’uomo sia la CONTESA tra l’errore e la verità, allora, PREVALENDO l’errore, PREVALE SOLTANTO <<lo SGUARDO della NON VERITÀ>>, senza peraltro NEPPURE POTER SAPERE, da parte dell’errore, che a PREVALERE sia <<lo SGUARDO della NON VERITÀ>> giacché, se lo sapesse, saprebbe già la verità del destino _ saprebbe di sé come Io del destino _ e per essa l’errore TRAMONTEREBBE.

Invece, l’errore NON TRAMONTA, come risulta ben evidente, e ritener che in alcuni cerchi del destino ALBEGGI la verità, è SMENTITO dal fatto che colui che afferma ciò è colui (chiunque sia) che, non essendo ancora tramontato proprio perché è un “colui” ( = un io individuale-errore) che afferma ciò, <<È DESTINATO A NON VEDERE ALTRO CHE NON VERITÀ anche quando tenta di volgersi verso la verità>> o anche quando crede che nel suo cerchio COMINCI ad ALBEGGIARE la verità…

D’altronde, se così non fosse, non si spiegherebbero gli ERRORI filosofici (vedasi post n° 70) commessi da Severino in alcune fasi del suo discorso.

Scrive Severino in Oltrepassare, pag. 453:

<<Nelle pagine che precedono viene mostrata l’impossibilità di tener ferma la tesi, sostenuta nella Gloria, che tutte le terre entrano nei cerchi della costellazione infinita in un unico evento, non contenente in sé alcuna successione di altri eventi. Il linguaggio che afferma di testimoniare il destino NEGA CIOÈ SÉ STESSO. E non solo in questa circostanza. Accade sin dalla Struttura originaria, rispetto ai precedenti scritti dello stesso autore, e poi anche negli scritti successivi. Che il percorso da essi compiuto risulti complessivamente compatto non esclude che al suo interno esso si proponga più volte come NEGAZIONE di alcuni dei propri passi precedenti>>.

Nel libro: Intorno al senso del nulla, pag. 191 ss., osserva nuovamente Severino:

<<il linguaggio che testimonia la terra isolata precede il sopraggiungere del linguaggio che testimonia il destino […]. Il linguaggio che testimonia la terra isolata è il LINGUAGGIO DELL’ERRARE[…] Per quanto compatto tale linguaggio si presenti nel suo testimoniare il destino e per quanto addietro nel tempo sia sopraggiunto il suo inizio, ANCHE QUESTO LINGUAGGIO È STATO UN ERRARE. L’esempio più recente riguarda _ come si è mostrato nella prima parte di questo scritto [Intorno al senso del nulla_ il modo in cui nella Morte e la terra è stata considerata l’aporia determinata dalla contraddizione del significato non è (la contraddizione Un)>>...

Ciò, invece, si spiega perfettamente soltanto al seguito del riconoscimento che tale errare sia <<lo SGUARDO della NON VERITÀ>>, giacché  

<<L’Io in cui appare il destino – l’Io del destino – NON è l’io che si illude di agire e che PUÒ ILLUDERSI DI CAPIRE IL DESTINO e decidere di fare la sua volontà. “Chi” decide e agisce […] non è il destino della verità. “CHI” CONOSCE IL DESTINO È IL DESTINO STESSO. […] Il destino non “illumina” l’io della terra isolata – la verità non può illuminare la non verità ->>. (La Gloria, pag. 77). 

Per cui è chiaro:

se “CHI” CONOSCE IL DESTINO È IL DESTINO STESSO, ma se al suo interno PREVALE la testimonianza dell’errore o l’io individuale, allora, ripeto:

<<L’io dell’individuo PUÒ ILLUDERSI di “CAPIRE” L’IO DEL DESTINO. Ma egli è l’io della terra che si è isolata dal destino e ALL’INTERNO DELLA QUALE IL DESTINO NON PUÒ APPARIRE>>,

, perciò, l’io dell’individuo può sapere di essere <<L’IO DELLA TERRA CHE SI È ISOLATA DAL DESTINO>> e tantomeno può sapere della (può apparirgli la) esistenza dell’Io del destino…

   

 

Roberto Fiaschi

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