A volte (spesso) capita di imbattersi in persone che si
concedono spiritosaggini gratuite, credendo di saperla lunga ma, in realtà, arrecandosi
del male da sé…
È il caso di Stefano
Mancini il quale, in riferimento ai miei post sul rapporto severiniano
verità-errore, scrive quanto segue:
<<Approfitto per dirti che il nostro roberto fiaschi
bè è un fiasco circa Severino. Non ha capito nulla di ciò che hai scritto.
Eppure Aristotile docet: una mano (sola) su un banco, non è una mano. Poichè la
mano sta col tutto, e non è una porzione del tutto. La gran questione è
chiaro che è l'apparire. Sviluppato è l'apparire dell'apparire dell'apparire,
dove "a chi" non ha significato=nulla. Il fiaschi non capisce che
apparire "a me" è come la mano (sola) sul banco, che non è una mano>>.
Bene, allora io approfitto per rispondere alla sua acutissima
analisi.
Per giustificare il nostro esser <<l'apparire
dell'apparire dell'apparire>> o Io del destino, Stefano
Mancini adduce l’esempio della mano:
<<una mano (sola) su un banco, non è una mano.
Poichè la mano sta col tutto, e non è una porzione del tutto>>.
Quindi, prosegue il Nostro:
<<Il fiaschi non capisce che apparire "a
me" è come la mano (sola) sul banco, che non è una mano>>.
Che dire dinanzi al fulgore di simile ‘argomentazione’?
C’è da restarne abbagliati.
Tuttavia, indosserò un bel paio di occhiali scuri al fine di
non smarrirmi in cotanta Luce.
Ecco, egli ci illumina facendoci sapere che
<<la mano sta col tutto, e non è una porzione
del tutto>>.
Straordinaria scoperta.
Quindi, siccome la mano <<non è una porzione del tutto>>, allora sarà
necessariamente IL TUTTO, giacché tra il TUTTO e la PARTE Tertium non datur.
Sì, perché, ripeto, NON essendo essa <<una porzione del tutto>>,
non potrà che costituirsi come IL TUTTO STESSO, ovvero IL TUTTO È (LA)
MANO, LA MANO È IL TUTTO, dato che l’alterità tra PARTE e TUTTO (il
quale, in quanto distinto
dalla PARTE è a sua volta PARTE) esaurisce la totalità dell’esistente,
non essendovi, perciò, un TERZO tra/oltre essi.
Quindi, ove Stefano
Mancini osserva:
<<Il fiaschi non capisce che apparire "a
me" è come la mano (sola) sul banco, che non è una mano>>,
intende sostener che l’<<apparire "a me">>,
essendo <<come la mano (sola) sul banco che non è una mano>>,
NON è l’<<apparire
"a me">>.
Ciò perché, sempre secondo lui, così come <<la mano
sta col tutto, e non è una porzione del tutto>>,
parimenti,
l’<<apparire "a me">> <<sta
col tutto e non è una porzione del tutto>>, quindi l’<<apparire
"a me">> NON sarebbe un <<apparire "a me">>…
Ed invece, guarda un po’, l’Io del destino è FINITO, NON è l’apparire INFINITO o TUTTO.
Essendo FINITO,
anche l’Io del destino <<è una porzione
del tutto>>, sì che, ciò che Stefano
Mancini sottrae o nega all’<<apparire "a me">>,
lo RIVERSA sull’Io finito del destino!
Inoltre, vi è da chiedersi, quando egli scrive che <<la
mano (sola) sul banco, che non è una mano>>, come faccia ad affermare
che appunto << LA
MANO (sola) sul
banco, che non è
una mano>>.
Infatti, se essa NON fosse una mano, il Nostro illuminato NON potrebbe esordire
affermando che essa NON sia una mano, giacché, per NEGARLA COME MANO,
essa deve innanzitutto APPARIRE
COME MANO!
Altrimenti, DI CHE
COSA direbbe (a
che cosa si riferirebbe dicendo) <<che non è una mano>>?
Concludendo:
se <<la mano (sola) sul banco>> <<non
è una mano>>, per le ‘ragioni' (!?) addotte dal buon Stefano
Mancini,
allora NEPPURE
l’Io del destino è
l’Io del destino,
visto che anch’esso <<è una porzione del tutto>> o dell’apparire infinito…
Roberto Fiaschi
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