martedì 22 agosto 2023

84)- CRITICA ALLE CONSIDERAZIONI DI ANGELO SANTINI SUL NON-APPARIRE ALL’IO EMPIRICO

 

Tenendo presente il tema discusso nel precedente post n° 83 e restando in linea con esso, dal gruppo Officina di filosofia teoretica traggo questo interessante intervento di Angelo Santini (AS):

<<Secondo quanto dimostrato da Severino, é impossibile che l'apparire del mondo appaia a un corpo. Il corpo che appare nella esperienza é un contenuto dell'apparire e non può esserne anche contenitore: se lo fosse, anche questa condizione (quella per la quale io mondo appare al corpo) sarebbe, daccapo, una condizione nota che, per essere tale (cioè saputa) dovrebbe apparire. <<L'apparire del mondo a io un empirico>> sarebbe dunque qualcosa di vero e saputo solo se apparisse, sicché <<l'apparire del mondo a io un empirico>>, implicando lo stesso apparire dell'io empirico come soggetto a cui il mondo appare, sarebbe da esso spostato indefinitivamente, con la conclusione assurda per la quale non si arriverebbe mai a porre ciò a cui effettivamente appare il mondo. Se si sostenesse che il mondo possa apparire solo ad un io empirico, risulterebbe negato lo stesso apparire del mondo, il che é immediatamente smentito dall'esperienza. Severino ha concluso che, siccome l'io empirico é un contenuto che appare e attribuire ad altro dall'apparire l'apparire del mondo, porterebbe a una conseguenza impossibile, l'apparire del mondo non possa che apparire all'apparire stesso (inteso ovviamente non come semplice ma come struttura originaria dell'apparire, formata dall'apparire dell'apparire dell'apparire di tutto ciò che si manifesta). Severino ha mostrato che ogni essente è necessariamente eterno (tale per cui la realtà é come se fosse una pellicola di fotogrammi eterni e immutabili che appaiono da sempre in una forma di coscienza infinita, di cui le nostre sono parti in cui essi appaiono processualmente, senza permanervi) [etc., etc…]>>.

Dunque, Angelo Santini ha scritto che

<<Secondo quanto dimostrato da Severino […]>>;

<<Severino ha concluso che […]>>;

<<Severino ha mostrato che […]>>…

Bene.

Ora, Severino è esattamente quel <<corpo>> a cui sarebbe impossibile che il mondo appaia (in realtà si parla dell’io individuale, NON già del corpo, che è termine improprio; ciò nonostante, verrà considerato come sinonimo di “io empirico”).

Quindi Severino è quel corpo ( = io empirico) che, avendo dimostrato l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia a un corpo>>,

ha altresì dimostrato L’IMPOSSIBILITÀ che A LUI APPAIA l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia>> A LUI,

cosicché, essendo impossibile che GLI sia apparsa tale impossibilità, allora Severino NON PUÒ AFFATTO aver dimostrato l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia a un corpo>> e quindi A LUI,

perché se lo avesse dimostrato LUI, come ha scritto chiaramente AS,

allora A Severino sarebbe apparso almeno quell’<<apparire del mondo>> consistente nella dimostrazione DA LUI effettuata.

Pertanto, NON vi è MAI stata alcuna dimostrazione di alcunché, visto e considerato l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia a un corpo>> che possa dimostrare ciò.

Per converso, se essa vi è stata, allora è NEGATA l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia>> A COLUI che ne avrebbe dimostrato l’impossibilità.

D’altronde, che <<l'apparire del mondo appaia a un corpo>> cioè ad una persona o io empirico, è nuovamente testimoniato dallo stesso AS, laddove, rispondendo ad un interlocutore, scrive:

<<Da commenti come il suo si denota come minimo assenza di uno studio approfondito [etc…]>>;

<<come detto, questa é una tua opinione fideistica [etc…]>>;

ma soprattutto:

<<Se [tu] non argomenti nel merito degli argomenti illustrati da Severino, ma nonostante ciò ritieni che esse siano tesi dogmatiche, sei tu che dimostri di avere un atteggiamento fideistico e di mancare di esibire la prova del tuo dire (io invece non devo dimostrare che la filosofia severiniana sia veritiera per giustificare il mio giudizio)>>.

Infatti, com’è evidente, l’io empirico-AS si rivolge A quell’altro io empirico qual è il suo interlocutore, considerandolo un tu (empirico) cioè, appunto, un ALTRO io individuale AL QUALE è indirizzata la replica, il che presuppone che essa APPAIA A quel tu, esattamente come AD AS è APPARSA la critica dell’interlocutore, tant’è vero che AS, replicando in qualità di <<io>> (empirico), precisa che <<io invece non devo dimostrare che la filosofia severiniana sia veritiera per giustificare il mio giudizio)>>,

dove <<il mio giudizio>> è ovviamente riferito al giudizio espresso DALL’io empirico-AS affinché APPAIA AL <<tu>>-interlocutore.

Infine, per quanto riguarda la (per me soltanto presunta) dimostrazioneDI Severino (vedasi anche post n° 82), l’io empirico (e NON già il suo <<corpo>>) è come un lampione che illumina ANCHE SÉ STESSO, oltre a tutto ciò che esso illumina.

Al che AS obietta:

<<se lo fosse [cioè se l’io individuale fosse <<anche contenitore>> di ciò che appare], anche questa condizione (quella per la quale io mondo appare al corpo) sarebbe, daccapo, una condizione nota che, per essere tale (cioè saputa) dovrebbe apparire>>.

Ma infatti, tale condizione è nota (saputa da) all’io empirico in questione, in virtù della sua auto-coscienza, ossia della consapevolezza che io sono ciò grazie al quale tutto mi appare, unitamente all’auto-consapevolezza che ciò che mi appare, appare A ME, dove l’A ME indica l’auto-consapevolezza di essere ANCHE contenitore e non soltanto il contenuto che MI appare.

Con ciò NON resta <<negato lo stesso apparire del mondo>>, perché, che il mondo appaia A ME (io empirico), è la stessa auto-consapevolezza di essere, io, sia un contenuto che il contenitore (o contenente) primo ed ultimo, senza necessità di ricorrere ad un ulteriore Io (del destino).

Quindi, direi da parte mia, che <<l'io empirico é un contenuto che appare>>, sì, ma NON accade di <<attribuire ad altro dall'apparire l'apparire del mondo>>, appunto perché l’io empirico è quell’apparire consistente nell’esser sia contenuto che contenitore mediante l’auto-coscienza o apparire di sé A .

 

Roberto Fiaschi

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