Tenendo presente il tema discusso nel precedente post n° 83 e restando in linea
con esso, dal gruppo Officina di filosofia teoretica traggo questo
interessante intervento di Angelo Santini (AS):
<<Secondo quanto dimostrato da Severino, é impossibile che l'apparire del mondo appaia a un
corpo. Il corpo che appare nella esperienza é un contenuto dell'apparire e non
può esserne anche contenitore: se lo fosse, anche questa condizione (quella per
la quale io mondo appare al corpo) sarebbe, daccapo, una condizione nota che,
per essere tale (cioè saputa) dovrebbe apparire. <<L'apparire del mondo a
io un empirico>> sarebbe dunque qualcosa di vero e saputo solo se
apparisse, sicché <<l'apparire del mondo a io un empirico>>,
implicando lo stesso apparire dell'io empirico come soggetto a cui il mondo
appare, sarebbe da esso spostato indefinitivamente, con la conclusione assurda
per la quale non si arriverebbe mai a porre ciò a cui effettivamente appare il
mondo. Se si sostenesse che il mondo possa apparire solo ad un io empirico,
risulterebbe negato lo stesso apparire del mondo, il che é immediatamente
smentito dall'esperienza. Severino
ha concluso che,
siccome l'io empirico é un contenuto che appare e attribuire ad altro
dall'apparire l'apparire del mondo, porterebbe a una conseguenza impossibile,
l'apparire del mondo non possa che apparire all'apparire stesso (inteso
ovviamente non come semplice ma come struttura originaria dell'apparire,
formata dall'apparire dell'apparire dell'apparire di tutto ciò che si
manifesta). Severino ha mostrato che ogni
essente è necessariamente eterno (tale per cui la realtà é come se fosse una
pellicola di fotogrammi eterni e immutabili che appaiono da sempre in una forma
di coscienza infinita, di cui le nostre sono parti in cui essi appaiono
processualmente, senza permanervi) [etc., etc…]>>.
Dunque, Angelo Santini ha scritto che
<<Secondo quanto dimostrato da Severino […]>>;
<<Severino
ha concluso che
[…]>>;
<<Severino
ha mostrato che […]>>…
Bene.
Ora, Severino
è esattamente quel <<corpo>> a cui sarebbe impossibile
che il mondo appaia (in realtà si parla dell’io individuale, NON
già del corpo, che è termine improprio; ciò nonostante, verrà
considerato come sinonimo di “io empirico”).
Quindi Severino è quel corpo ( = io empirico) che,
avendo dimostrato
l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia a un corpo>>,
ha altresì dimostrato L’IMPOSSIBILITÀ che A LUI APPAIA
l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia>> A LUI,
cosicché, essendo impossibile che GLI sia apparsa tale impossibilità, allora
Severino NON
PUÒ AFFATTO aver dimostrato l’impossibilità <<che l'apparire
del mondo appaia a un corpo>> e quindi A LUI,
perché se lo avesse dimostrato LUI, come ha scritto chiaramente AS,
allora A
Severino sarebbe
apparso almeno quell’<<apparire del mondo>> consistente
nella dimostrazione DA
LUI effettuata.
Pertanto, NON vi è MAI stata alcuna dimostrazione di
alcunché, visto e considerato l’impossibilità <<che l'apparire del
mondo appaia a un corpo>> che possa dimostrare ciò.
Per converso, se essa vi è stata, allora è NEGATA
l’impossibilità <<che l'apparire del mondo appaia>> A COLUI che ne avrebbe
dimostrato l’impossibilità.
D’altronde, che <<l'apparire del mondo appaia a un
corpo>> cioè ad una persona o io empirico, è nuovamente testimoniato
dallo stesso AS, laddove, rispondendo ad un interlocutore, scrive:
<<Da commenti come il suo si denota come minimo assenza di uno studio
approfondito [etc…]>>;
<<come detto, questa é una tua opinione fideistica [etc…]>>;
ma soprattutto:
<<Se [tu] non argomenti nel merito degli argomenti
illustrati da
Severino, ma nonostante ciò ritieni che esse siano tesi dogmatiche, sei tu che dimostri di avere un
atteggiamento fideistico e di mancare di esibire la prova del tuo dire (io invece non devo dimostrare
che la filosofia severiniana sia veritiera per giustificare il mio giudizio)>>.
Infatti, com’è evidente, l’io empirico-AS si rivolge A quell’altro io
empirico qual è il suo interlocutore, considerandolo un tu (empirico) cioè,
appunto, un ALTRO io individuale AL QUALE
è indirizzata la replica, il che presuppone che essa APPAIA A quel tu, esattamente come AD AS è APPARSA la
critica dell’interlocutore, tant’è vero che AS, replicando in qualità di
<<io>>
(empirico), precisa che <<io invece non devo dimostrare che la filosofia severiniana sia
veritiera per giustificare il mio
giudizio)>>,
dove <<il mio giudizio>> è ovviamente riferito al giudizio
espresso DALL’io
empirico-AS affinché APPAIA AL <<tu>>-interlocutore.
Infine, per quanto riguarda la (per me soltanto presunta)
‘dimostrazione’ DI
Severino (vedasi anche post n° 82), l’io empirico (e NON già il suo <<corpo>>)
è come un lampione che illumina ANCHE SÉ STESSO, oltre a tutto ciò che
esso illumina.
Al che AS obietta:
<<se lo fosse [cioè se l’io individuale fosse
<<anche contenitore>> di ciò che appare], anche questa
condizione (quella per la quale io mondo appare al corpo) sarebbe, daccapo, una
condizione nota che, per essere tale (cioè saputa) dovrebbe apparire>>.
Ma infatti, tale condizione è nota (saputa da) all’io
empirico in questione, in virtù della sua auto-coscienza, ossia della consapevolezza che
io sono ciò
grazie al quale tutto mi appare, unitamente all’auto-consapevolezza che ciò che mi appare, appare A ME, dove l’A ME indica l’auto-consapevolezza di essere ANCHE contenitore e non
soltanto il contenuto che MI
appare.
Con ciò NON resta <<negato lo stesso apparire del
mondo>>, perché, che il mondo appaia A ME (io empirico), è la stessa auto-consapevolezza di essere, io, sia un contenuto che
il contenitore (o contenente) primo ed ultimo, senza necessità di ricorrere ad
un ulteriore Io (del destino).
Quindi, direi da parte mia, che <<l'io empirico é un
contenuto che appare>>, sì, ma NON accade di <<attribuire
ad altro dall'apparire
l'apparire del mondo>>, appunto perché l’io empirico è quell’apparire
consistente nell’esser sia contenuto che contenitore mediante l’auto-coscienza o
apparire di sé A
SÉ.
Roberto Fiaschi
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