Scrive Severino ne La Gloria, Pag. 475:
<<[…] per
vedere che il destino sia nella parola è cioè necessario che la volontà [ =
l’io empirico-errore] veda
il destino; ma, si
è rilevato, è impossibile
che ciò che appare all’interno di una fede sia il destino della verità. Ma questo non significa che, dunque, la verità sia
impossibile. Infatti la volontà [ = l’io empirico-errore] può voler assegnare la parola al destino – e, innanzitutto, può isolare
la terra – solo in quanto il destino appare già da sempre al di fuori dell’isolamento
della terra e del linguaggio>>. (Parentesi quadre mie: RF; corsivo nel testo).
In primo luogo, è
bene notare come Severino RICONOSCA che ‘qualcosa’ appaia <<all’interno di una fede>>
cioè ALL’io
empirico, anzi, addirittura afferma <<che la volontà [ = l’io
empirico-errore] VEDE
il destino>> e gli assegna pure <<la parola>>!
Quindi, vi è da
domandarsi:
colui che rileva ( =
che ha scritto) tutto ciò, è forse <<al di
fuori dell’isolamento
della terra e del linguaggio>>?
Evidentemente NO, visto che tale brano <<appare all’interno di una fede>>
( = la terra isolata) <<nella parola>> DI Severino.
Se infatti il destino <<appare già da sempre AL DI FUORI dell’isolamento della terra e del linguaggio>>,
vuol dire ovviamente che esso NON può apparire all’INTERNO della terra
isolata o ALL’io
empirico-errore:
Severino dice che ciò <<è impossibile>>.
Perciò, se il suddetto brano tratto
da La Gloria intende esser un tratto della verità del destino, allora
esso è ERRORE, appunto perché anch’esso è proferito (appare) laddove <<è impossibile che ciò che
appare all’interno
di una fede sia il destino della verità>>.
In secondo luogo, la tematica in oggetto innesca il seguente CIRCOLO
VIZIOSO:
(1) <<per vedere che il destino sia nella parola è
necessario che la volontà [ = l’io empirico-errore] veda il destino>> in
modo NON-ROVESCIATO e NON-SVIATO, onde poter cogliere la
differenza tra destino AUTENTICO e destino SVIATO;
(2) ma per vedere il
destino in modo NON-ROVESCIATO e NON-SVIATO è
altresì necessario esser <<già da sempre AL DI
FUORI dell’isolamento
della terra e del linguaggio>>;
(3) invece, <<che il destino sia nella parola>> implica
che esso debba apparire <<ALL’INTERNO
di una fede>> cioè internamente all’<<isolamento della terra e del
linguaggio>>;
(4) <<ma, si è rilevato, è impossibile che ciò che appare all’interno di una fede sia il destino della verità>>;
(5) e quand’anche <<all’interno di una fede>> apparisse (o
l’io empirico vedesse)
<<il destino della verità>>, questi non potrebbe che
apparire <<ROVESCIATO (e
dunque SVIANTE) […]
e che sia ROVESCIATO significa che
sono IMPOSSIBILI LAMPI di COMPRENSIONE AUTENTICA>>
del destino (N. Cusano);
per cui _ E VIA DACCAPO _:
(1) <<per vedere che il destino sia nella parola è
necessario che la volontà [ = l’io empirico-errore] veda il destino>> in
modo NON-ROVESCIATO
e NON-SVIATO,
onde poter cogliere la differenza tra destino AUTENTICO e destino SVIATO;
(2) ma…
Roberto Fiaschi
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