Un’altra osservazione di Marco Cavaioni ( = MC), sempre in riferimento all’<<essere
parmenideo>> o «uno senza distinzione» quale ESCLUSIONE, dettata
dal principio di non-contraddizione ( = PdNC), del determinato (e del
molteplice):
<<Del resto, ad abundantiam: se vuoi tener
fermo il determinato, sia pure, in seno all'assoluto, esso dovrà essere qualcosa di non-assoluto
nell'assoluto medesimo, dunque l'assoluto sarebbe in sé assoluto e non-assoluto>>.
Qui viene evidenziato una volta di più _ ma CONTRO le
intenzioni di MC _ come il concetto di assoluto a cui egli fa riferimento sia
assoggettato interamente al PdNC, o anche, come il PdNC sia egemone proprio
<<in seno all'assoluto>> laddove questo sia concepito come ESCLUSIONE del
molteplice.
Per MC <<tener fermo il determinato, sia pure, in seno all'assoluto>>
comporterebbe quella contraddizione _ da lui stesso indicata _ per la quale
<<l'assoluto sarebbe in sé assoluto e non-assoluto>>.
Ciò perché _ in piena conformità al PdNC _, l’assoluto NON
può essere sé, cioè assoluto, ed al contempo non-assoluto.
Per cui, ovviamente, l’assoluto parmenideo/bacchiniano deve ESCLUDERE ( =
TOGLIERE) <<il determinato […] in seno all'assoluto>>,
esattamente come impone il PdNC.
La conclusione è sempre la medesima dei precedenti post:
l’assoluto parmenideo (nonché neoplatonico, bacchiniano…) NON
può esser l’assoluto ( = l’«uno senza distinzione») giacché, dove vige
il PdNC, sarà quest’ultimo ad assumere le vesti dell’assoluto, sì, ANCHE (ed
innanzitutto) <<in
seno all'assoluto>>.
A questo punto è chiaro che l’assoluto, per non ridursi alla legge del PdNC, debba oltrepassarlo pur restandovi interno, costituendosi perciò come in sé MOLTEPLICE (come DIFFERENTE) e restando
perfettamente UNO ed INDISTINTO, IDENTICO.
Riguardo a ciò, il filosofo MASSIMO DONÀ (si) domanda:
<<quale Uno è capace di tanto?>>
E risponde: <<Di certo, non l’Uno dei neoplatonici>>
(“Il tempo della verità”, Mimesis 2010, pagg. 347-8).
Roberto Fiaschi
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