Spero che il seguente articolo di Raymond Ibrahim possa contribuire a mettere in chiaro le DIFFERENZE vigenti tra «religione e violenza» e tra «religione è violenza».
Roberto Fiaschi
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Original
Article: Are Judaism and Christianity as Violent as
Islam? By: Raymond Ibrahim
https://www.meforum.org/middle-east-quarterly/ebraismo-cristianesimo-violenti-come-islam
Translated by: Paolo Mantellini
“C’è molta più violenza nella Bibbia che nel Corano; l’idea
che l’islàm si sia imposto con la spada è una fantasia Occidentale, inventata
al tempo delle Crociate, quando, in realtà, furono i Cristiani dell’Occidente a
scatenare una brutale “guerra santa” contro l’islàm”.
Così dichiara la ex suora che si definisce “monoteista
indipendente”, Karen Armstrong.
Questa citazione riassume il principale e più autorevole
argomento usato per rintuzzare le accuse che l’islàm sia intrinsecamente
violento e intollerante. Tutte le religioni monoteiste, e non solamente l’islàm
– sostengono i propugnatori di questa tesi – hanno la loro quota di scritture
violente e intolleranti, e condividono storie cruente. Così, ogni qual volta le
sacre scritture dell’islàm – in primo luogo il Corano, seguito dai racconti
delle parole e delle azioni di Maometto (gli ahadith) – vengono utilizzate come
dimostrazione della innata aggressività di questa religione, scatta l’immediata
risposta che anche altre sacre scritture, specialmente quelle Giudeo-Cristiane,
sono infarcite di episodi violenti.
Purtroppo, troppo spesso questa affermazione interrompe ogni
ulteriore discussione sul problema se violenza e intolleranza siano connaturate
all’islàm. E quindi, la risposta normale diventa che non è l’islàm ad essere
violento per sé, ma sono piuttosto le rimostranze e la frustrazione dei
musulmani – sempre aggravate da fattori economici, politici e sociali – a
scatenare la violenza. La perfetta aderenza di questa opinione con la
gnoseologia laica e “materialista” dell’Occidente, la rende immune da ogni
critica.
Pertanto, prima di condannare il Corano e le parole e le
azione storiche del profeta dell’islàm, Maometto, come istigatori di violenza e
intolleranza, si dovrebbe consigliare agli Ebrei di considerare le atrocità
storiche commesse dai loro antenati Israeliti, così come sono state registrate
dalle loro stesse scritture; bisognerebbe poi raccomandare ai Cristiani di
considerare i cicli di brutali violenze compiute dai loro antenati nel nome
della loro fede sia contro non Cristiani che contro Cristiani. In altre parole
bisogna ricordare ad Ebrei e Cristiani che chi abita case di vetro deve evitare
di scagliare pietre.
Ma questa è proprio la
verità? L’analogia con le altre
scritture è proprio legittima? E’ possibile confrontare la violenza degli Ebrei
dell’antichità e la violenza dei Cristiani nel Medio Evo con la persistenza
della violenza musulmana nell’era moderna?
La violenza nella storia di Ebrei e Cristiani
In accordo con la Armstrong, un gran numero di eminenti
scrittori, storici e teologi hanno sostenuto questa tesi “relativista”. Per
esempio, John Esposito, direttore del Centro del Principe Alwaleed bin Talal
per la Comprensione Cristiano-islamica, all’Università di Georgetown, si
domanda:
“Ma come mai continuiamo a porci la stessa domanda [a
proposito della violenza nell’islàm] e invece non ce la facciamo a proposito di
Ebraismo e Cristianesimo? Sia Ebrei che Cristiani hanno compiuto atti di
violenza. Tutti noi possediamo un lato trascendente, ma anche un lato oscuro …
Pure noi abbiamo la nostra teologia dell’odio. Sia nel Cristianesimo che
nell’Ebraismo tradizionale, tendiamo ad essere intolleranti; aderiamo ad una
teologia esclusiva: noi contro loro”.
Il Professore di scienze umane dell’Università Statale della
Pennsylvania, Philip Jenkins, in un articolo, “Dark Passages (Brani oscuri)”,
spiega più a fondo questa tesi. E tenta di dimostrare che la Bibbia è più
violenta del Corano:
“In tema di istigazione alla violenza e ai massacri, ogni
semplicistica pretesa di superiorità della Bibbia nei confronti del Corano
sarebbe totalmente sbagliata. Infatti, la Bibbia trabocca di “testi di terrore”
per usare la frase coniata dalla teologa Americana Phyllis Trible. La Bibbia
contiene molti più versetti che apprezzano o spingono al massacro di quanti non
ne contenga il Corano, e la violenza biblica è spesso molto più estrema e
caratterizzata da una ferocia molto più indiscriminata … Se i testi
fondamentali caratterizzano tutta la religione, allora Ebraismo e Cristianesimo
meritano la condanna massima come religioni di efferatezza”.
Molti episodi della Bibbia, come pure della storia
Giudeo-Cristiana illustrano la tesi di Jenkins, ma due in particolare – uno
probabilmente rappresentativo dell’Ebraismo, l’altro del Cristianesimo – sono
quasi sempre ricordati e quindi meritano un esame più attento.
La conquista militare della terra di Canaan da parte degli
Ebrei, circa nell’anno 1200 AC è spesso definita come “genocidio” ed è
diventata emblematica della violenza e della intolleranza della Bibbia. Dio
disse a Mosè:
“Ma delle città di questi popoli che il Signore tuo Dio ti dà
in eredità, non lascerai in vita alcun essere che respiri; ma li voterai allo
sterminio: cioè gli Hittiti, gli Amorrei, i Cananei, i Perizziti, gli Evei e i
Gebusei, come il Signore tuo Dio ti ha comandato di fare, perché essi non
v’insegnino a commettere tutti gli abomini che fanno per i loro dèi e voi non
pecchiate contro il Signore vostro Dio. Così Giosuè [il successore di Mosè]
conquistò tutto il paese: le montagne, il Negheb, il bassopiano, le pendici e
tutti i loro re. Non lasciò alcun superstite e votò allo sterminio ogni essere
che respira, come aveva comandato il Signore, Dio di Israele”.
Per quanto riguarda il Cristianesimo, poiché è impossibile
trovare nel Nuovo Testamento versetti che incitano alla violenza, quelli che
sostengono la tesi che il Cristianesimo è violento come l’islàm devono
ricorrere ad eventi storici come le Crociate scatenate dai Cristiani Europei
tra l’undicesimo e il tredicesimo secolo. In effetti le Crociate furono
violente e provocarono in nome della croce e della Cristianità delle atrocità,
secondo il moderno metro di valutazione. Dopo aver sfondato le mura di
Gerusalemme, nel 1099, per esempio, si racconta che i Crociati massacrarono
quasi tutti gli abitanti della Città Santa. Secondo la cronaca medioevale,
Gesta Danorum, “il massacro fu così grande che i nostri uomini camminavano nel
sangue fino alle caviglie”.
Alla luce di quanto sopra, come Armstrong, Esposito, Jenkins
e altri sostengono, perché Ebrei e Cristiani indicano il Corano come prova
della violenza dell’islàm mentre ignorano le loro stesse scritture e la loro
stessa storia?
Bibbia contro Corano
La risposta si trova
nel fatto che queste osservazioni confondono storia e teologia mescolando le
azioni temporali degli uomini con ciò che si ritengono essere le parole
immutabili di Dio.
L’errore fondamentale è che la storia Giudeo-Cristiana – che è violenta – è stata confusa con la
teologia islamica – che ordina la violenza. Ovviamente, tutte le tre
grandi religioni monoteiste hanno avuto la loro parte di violenza e
intolleranza verso “l’altro”. Ma la questione fondamentale è se questa violenza fu imposta da Dio o
se uomini bellicosi vollero che fosse così.
La violenza del Vecchio Testamento è un caso veramente
interessante. Dio ordinò in modo chiarissimo agli Ebrei di sterminare i
Canaanei e i popoli vicini. Questa violenza pertanto, volenti o nolenti, fu
espressione della volontà di Dio. Comunque, tutta la violenza storica commessa
dagli Ebrei e registrata nell’Antico Testamento è soltanto questo – storia.
È successo; Dio lo ordinò. Ma riguardò tempi e luoghi specifici e fu diretta contro
popoli ben precisi. Mai questo tipo di violenza fu regolamentata o codificata
all’interno della legge giudaica. In breve, i racconti biblici di
episodi violenti sono
descrittivi, non
prescrittivi.
Questo è l’aspetto in cui la violenza islamica è unica.
Benché simile alla violenza dell’Antico Testamento – ordinata da Dio e
manifestatasi nella storia – alcuni
aspetti della violenza e della intolleranza islamiche sono stati regolamentati
nella legge islamica e si applicano in ogni tempo. Pertanto, mentre la
violenza incontrata nel Corano ha un contesto storico, il suo significato
ultimo è teologico. Consideriamo i seguenti versetti Coranici, noti come i
“versetti della spada":
“Quando poi siano trascorsi i mesi sacri, uccidete questi
associatori ovunque li incontriate, catturateli, assediateli e tendete loro
agguati. Se poi si pentono, eseguono l’orazione e pagano la decima, lasciateli
andare per la loro strada”.
“Combattete coloro che non credono in Allah e nell’Ultimo
Giorno, che non vietano quello che Allah e il Suo Messaggero hanno vietato, e
quelli, tra la gente della Scrittura, che non scelgono la religione della
verità, finché non versino umilmente il tributo, e siano umiliati”.
Come nell’Antico Testamento i versetti in cui Dio ordina agli
Ebrei di attaccare e trucidare i loro nemici, anche i versetti della spada
hanno un contesto storico. All’inizio Dio emanò questi comandamenti dopo che i
musulmani sotto la guida di Maometto erano diventati abbastanza forti da
invadere i loro vicini Cristiani o pagani.
Ma, a differenza dei versetti bellicosi e degli episodi di
guerra dell’Antico Testamento, i versetti della spada divennero il fondamento
delle successive relazioni sia con “la gente del Libro” (cioè Ebrei e
Cristiani) sia con gli “idolatri” (cioè Indù, Buddisti, animisti eccetera) e,
in effetti, innescarono le conquiste islamiche che cambiarono per sempre
l’aspetto del mondo. Per esempio, in base a Corano 9:5, la legge islamica
impone che gli idolatri e i politeisti debbano convertirsi all’islàm o essere
uccisi e allo stesso modo, Corano 9:29 è la sorgente primaria delle ben note
pratiche di discriminazione contro i Cristiani e gli Ebrei sconfitti che
vivevano sotto la dominazione islamica.
In effetti, in base ai versetti della spada e a ad
innumerevoli altri versetti coranici e tradizioni orali attribuite a Maometto,
i più istruiti funzionari dell’islàm, sceicchi, mufti e imam, lungo tutta la
sua storia, raggiunsero il “consenso” – obbligatorio per tutta la comunità
musulmana – che l’islàm
deve essere in guerra perpetua con il mondo dei non-musulmani fino a quando
questi ultimi non si sottomettano all’islàm. Infatti, è comunemente
sostenuto dai sapienti musulmani che, poiché i versetti della spada sono tra
gli ultimi ad essere stati rivelati sull’argomento dei rapporti tra musulmani e
non-musulmani, essi, da soli, abbiano “abrogato” circa 200 altri versetti
coranici precedenti e più tolleranti, tipo “non c’è costrizione nella
religione”. il famoso saggio musulmano, Ibn Khaldun (1332-1406) ammirato in
Occidente per le sue opinioni, rifiuta l’idea che la jihad sia una guerra
difensiva.
Nella comunità
musulmana, la guerra santa [jihad] è un obbligo religioso, a causa della
universalità della missione musulmana e l’obbligo di convertire tutti all’islàm
sia mediante la convinzione che con la forza … Gli altri gruppi religiosi non avevano una
missione universale, quindi per loro la “guerra santa” non era un dovere
religioso, tranne che a scopo difensivo … A loro si richiede solamente di
istituire la loro religione in seno alla loro gente. Ecco perché gli Israeliti,
dopo Mosè e Giosuè non si occuparono dell’autorità regia [cioè, di un
Califfato]. La loro unica
preoccupazione era di istituire la loro religione [non di diffonderla alle
nazioni] … Ma
nell’islàm c’è l’obbligo di acquisire la sovranità sulle altre nazioni.
Gli studiosi moderni più autorevoli concordano. La voce sulla
“jihad” dell’Enciclopedia dell’islàm di Emile Tyan afferma che “la diffusione dell’islàm con le
armi è in imperativo religioso imposto ai musulmani in generale … la jihad deve
continuamente essere perseguita fino a quando tutto il mondo sia sotto la
sovranità dell’islàm … l’islàm deve essere completamente realizzato prima che
la dottrina della jihad [guerra per diffondere l’islàm] possa essere eliminata”.
Il giurista Iraqeno, Majid Khadduri (1909-2007), dopo aver definito la jihad
come “guerra”, scrive che “la
jihad … è considerata da tutti i giuristi, praticamente senza eccezioni, come
un obbligo collettivo di tutta la comunità musulmana”. E, ovviamente, i
manuali legali scritti in Arabo, sono ancora più espliciti.
Il linguaggio del Corano
Quando i versetti violenti del Corano vengono confrontati con
i loro corrispettivi dell’Antico Testamento, si caratterizzano in particolare
per un linguaggio che trascende spazio e tempo, incitando i credenti ad
attaccare e uccidere i non credenti oggi come ieri. Dio ordinò agli Ebrei di
uccidere gli Ittiti, gli Amoriti, i Canaanei, i Periziti, gli Iviti e i Gebusei
– tutti popoli ben definiti, inseriti in un tempo e uno spazio ben preciso.
Mai Dio diede agli Israeliti, e per estensione ai loro
discendenti Ebrei, un
comando “incondizionato” di combattere e uccidere i gentili.
D’altra parte, benché i primi nemici dell’islàm, come
nell’Ebraismo, fossero storici (cioè Bizantini Cristiani e Persiani
Zoroastriani), raramente il Corano li indica con i loro nomi reali. Invece, si ordinò (e si ordina)
ai musulmani di combattere la gente del Libro – “finché non versino umilmente
il tributo, e siano umiliati” e di “uccidere gli idolatri ovunque li troviate”.
Le due congiunzioni Arabe “finché” (hatta) e “ovunque”
(haythu) dimostrano la natura ubiquitaria e perpetua di questi comandamenti.
C’è ancora “gente del Libro” che deve essere “completamente umiliata”
(specialmente in America, in Europa e in Israele) e “idolatri” da essere
trucidati “ovunque” uno guarda (specialmente in Asia e nell’Africa
sub-Sahariana). In realtà, la caratteristica principale di quasi tutti i versetti
violenti delle scritture islamiche è la loro natura illimitata e generica: “Combatteteli (i non musulmani)
finché non ci sia più persecuzione e la religione sia solo di Allah”.
Inoltre, in una ben nota tradizione, presente nelle collezioni di ahadith,
Maometto proclama:
“Mi è
stato ordinato di muovere guerra contro l’umanità finché non testimonino
che non c’è altro dio se non Allah e che Maometto è il Messaggero di Allah; finchè non eseguano la
prostrazione e non paghino l’elemosina [cioè, finché non si convertano
all’islàm]. Se lo faranno, il loro sangue e le loro proprietà saranno protette”.
Questo aspetto linguistico è di importanza cruciale per
comprendere l’esegesi scritturale che riguarda la violenza. E ancora, è importante ripetere
che né le scritture Ebraiche né quelle Cristiane – l’Antico e il Nuovo
Testamento, rispettivamente – utilizzano questi comandamenti perpetui e
illimitati. Ciò nonostante, Jenkins lamenta che:
“I comandamenti di uccidere, di realizzare la pulizia etnica,
di istituzionalizzare la segregazione, di odiare e di temere le altre razze e
le altre religioni … tutto questo è nella Bibbia e capita con molto maggiore
frequenza che nel Corano. Ad ogni livello possiamo discutere su cosa significhino
i brani in questione e certamente se debbano avere qualche rilevanza per le età
future. Ma rimane il fatto che le parole sono lì, e la loro inclusione nella
scrittura significa che esse sono, letteralmente, canonizzate, non meno che
nelle scritture musulmane”.
Ci si può domandare cosa intenda Jenkins con il termine
“canonizzato”. Se “canonizzato” significa che questi versetti devono essere
considerati parte del canone della scrittura Giudeo-Cristiana, è assolutamente
corretto; invece, se con “canonizzato” intende, o cerca di implicare che questi
versetti sono stati applicati nella Weltanschauung (visione del mondo)
Giudeo-Cristiana, allora è
assolutamente in errore.
Inoltre, non bisogna basarsi esclusivamente su argomenti di
pura esegesi o solo filologici: sia la storia che gli eventi attuali smentiscono il
relativismo di Jenkins.
Mentre il Cristianesimo del primo secolo si diffuse col
sangue dei martiri, l’islàm
del primo secolo si diffuse mediante la conquista violenta e i massacri.
In effetti, dal primo istante fino ad oggi – ovunque ha potuto – l’islàm si è
diffuso con la violenza, come è confermato dal fatto che la maggioranza di
quello che oggi è noto come il mondo islamico, o dar al-islàm, fu conquistato dalla spada
dell’islàm. Questo è un fatto storico, confermato dai più prestigiosi
storici islamici. Anche la penisola Arabica, la “casa” dell’islàm, fu
sottomessa con grandi lotte e massacri, come dimostrato dalle guerre della
Ridda che scoppiarono subito dopo la morte di Maometto, quando decine di
migliaia di Arabi furono passati a fil di spada dal primo Califfo, Abu Bakr,
per aver abbandonato l’islàm.
Il ruolo di Maometto
Inoltre, in merito alla attuale diffusa idea che cerca di
giustificare la violenza islamica – che questa è solo il prodotto della
frustrazione dei musulmani di fronte a una oppressione politica od economica –
ci si dovrebbe porre questo interrogativo: che dire allora dell’oppressione di
oggi nel mondo, di Cristiani ed Ebrei, per non menzionare Indù e Buddisti?
Dov’è la loro violenza ammantata di religione? Questa è la
verità: anche se il mondo islamico fa la parte del leone nei titoli più
drammatici – di violenza, terrorismo, attacchi suicidi e decapitazioni – è inoppugnabile che non è certo
l’unica regione al mondo a soffrire per ingiustizie sia interne che esterne.
Per esempio, benché quasi tutta l’Africa sub-Sahariana sia
intrisa di corruzione, oppressione e povertà, quando si considera la violenza,
al terrorismo e all’assoluto caos, la Somalia – che appunto è l’unico stato
sub-Sahariano ad essere completamente musulmano – guida il branco. Inoltre, i
maggiori responsabili della violenza somala e della imposizione delle misure
legali più draconiane e intolleranti – i membri del gruppo jihadista al-Shabab
(i giovani) – spiegano e giustificano le loro azioni mediante uno schema
islamista.
Anche in Sudan, è
attualmente in corso un genocidio jihadista contro il popolo Cristiano e
politeista, condotto dal governo islamista di Khartum, che ha provocato quasi
un milione di morti tra “infedeli” e “apostati”. Che l’Organizzazione della Conferenza
Islamica sia corsa in difesa del Presidente Sudanese Hassan Ahmad al-Bashir,
che è incriminato dalla Corte Criminale Internazionale, è una ulteriore prova dell’approvazione della
comunità islamica della violenza contro sia i non musulmani che contro chi non
considera i musulmani abbastanza bene.
Pure i paesi dell’America Latina e i paesi Asiatici non
musulmani hanno la loro quota di regimi autoritari ed oppressivi, di povertà e
di tutto il resto, come i paesi musulmani. Eppure, diversamente dai quasi
quotidiani titoli che provengono dal mondo islamico, non ci sono notizie di
fedeli Cristiani, Buddisti o Indù che lanciano veicoli carichi di esplosivo
contro edifici di regimi oppressivi (come il regime Cubano o quello Comunista
Cinese), sventolando, allo stesso tempo, le loro scritture e urlando: “Gesù (o
Budda, o Visnu) è grande!”. Perché?
C’è un ultimo aspetto
che viene spesso trascurato – sia per ignoranza o per malafede – da chi insiste
che la violenza e l’intolleranza sono equivalenti tra tutte le religioni. Oltre le parole divine
del Corano, il modo di comportarsi di Maometto – la sua “sunna” o “esempio” – è
una importante sorgente di legislazione nell’islàm. I musulmani sono invitati
ad emulare Maometto in ogni circostanza della vita: “Avete un eccellente
esempio nel Messaggero di Allah”. E il tipo di condotta di Maometto verso i non
musulmani è molto esplicito.
Per esempio, polemizzando sarcasticamente contro il concetto
di islàm moderato, il terrorista Osama Bin Laden, che, secondo un sondaggio di
al-Jazira, gode dell’appoggio di metà del mondo islamico, così descrive la
“sunna” del Profeta:
“La ‘moderazione’
fu dimostrata dal nostro Profeta che non rimase mai più di tre mesi a Medina
senza razziare o inviare scorrerie nelle terre degli infedeli, per abbattere le
loro fortezze, saccheggiare i loro beni, spegnere le loro vite e rapire le loro
donne”.
Infatti, sia secondo il Corano che secondo la “sunna” di
Maometto, razziare e saccheggiare gli infedeli, fare schiavi i loro figli e
usare le loro donne come concubine, ha un fondamento ineccepibile. E il
concetto di “sunna” – che è quella da cui oltre un miliardo di musulmani, i
“sunniti”, hanno ricevuto il loro nome – afferma senza ombra di dubbio che
tutto ciò che fu fatto o fu approvato da Maometto, l’esempio più perfetto per
l’umanità, è accettabile per i musulmani di oggi così come per quelli di ieri.
Questo ovviamente, non significa che la totalità dei musulmani viva soltanto
per saccheggiare e stuprare.
Però significa che persone naturalmente inclini a queste
attività, e che per caso sono anche musulmane, possono giustificare le loro
azioni – e le giustificano – riferendosi alla “sunna del profeta” – il modo con
cui al-Qaeda, ad esempio, ha giustificato il suo attacco dell'11 Settembre, in
cui furono uccisi degli innocenti, incluse donne e bambini: Maometto autorizzò
i suoi seguaci ad usare le catapulte durante l’assedio della città di Ta’if nel
630 DC – gli abitanti della città avevano rifiutato di sottomettersi – benché
sapesse molto bene che donne e bambini erano rifugiati in città. Inoltre,
quando gli fu chiesto se era consentito lanciare attacchi notturni o incendiare
le fortificazioni degli infedeli se donne e bambini erano con loro, e il
Profeta rispose: “Essi [le donne e i bambini] sono dei loro [degli infedeli]”.
Il comportamento di Ebrei e Cristiani
Benché osservante scrupoloso della legge e forse
iper-legalista, l’Ebraismo non ha un equivalente come la “sunna"; le
parole e le azioni dei patriarchi, pur descritte nell’Antico Testamento, non
giunsero mai a prescrivere la legge Giudaica. Né le “pietose bugie” di Abramo,
né la perfidia di Giacobbe, né l’estrema irascibilità di Mosè, né la relazione
adulterina di Davide o le scappatelle di Salomone furono alla base
dell’istruzione di Ebrei o Cristiani. Furono interpretate come azioni storiche, compiute da
uomini fallibili che, più spesso che no, erano puniti da Dio per il loro
comportamento molto meno che esemplare.
Per quanto riguarda il Cristianesimo, gran parte della legge
dell’Antico Testamento venne abrogata, o compiuta – a seconda dei punti di
vista – da Gesù. “Occhio per occhi” lasciò il posto a “porgi l’altra guancia”. Amare dio e il prossimo con
tutto il cuore divenne la legge suprema. Inoltre, la “sunna” di Gesù –
“Cosa avrebbe fatto Gesù? – è caratterizzata da docilità e altruismo. Il Nuovo Testamento non contiene
alcuna esortazione alla violenza.
Eppure, c’è ancora chi pretende di dipingere Gesù come un
personaggio con un atteggiamento militante simile a quello di Maometto, citando
il versetto in cui il primo – che “parlò alle folle in parabole e non parlò se
non in parabole” – disse: “Non sono venuto a portare la pace, ma una spada”. Ma
in base al contesto di questa affermazione è evidente che Gesù non stava
ordinando la violenza contro i non Cristiani, ma piuttosto predicendo che ci
sarebbero stati conflitti tra i Cristiani e il loro ambiente – una profezia fin
troppo vera, dato che i primi Cristiani, invece di brandire la spada, perirono
docilmente come martiri, a causa della spada, così come spesso stanno ancora
facendo nel mondo musulmano.
Altri si appigliano alla violenza profetizzata nel Libro
dell’Apocalisse, ancora, dimenticandosi di osservare che tutto il racconto è descrittivo – per non
aggiungere che è chiaramente simbolico – e quindi difficilmente “prescrittivo”
per i Cristiani.
Ad ogni modo, come si può ragionevolmente paragonare questa
manciata di versetti del Nuovo Testamento che metaforicamente menzionano la
parola “spada” con le centinaia di prescrizioni Coraniche e dichiarazioni di Maometto che
chiaramente comandano ai musulmani di usare una spada vera e propria contro i
non musulmani?
Imperterrito, Jenkins lamenta il fatto che nel Nuovo
Testamento, gli Ebrei “progettano di lapidare Gesù, complottano per ucciderlo,
a sua volta Gesù li chiama bugiardi e figli del Demonio”. Rimane però da
stabilire se essere chiamati “figli del Demonio” sia più offensivo che essere
definiti discendenti di scimmie e porci – l’appellativo Coranico degli Ebrei. A
parte gli insulti, tuttavia, ciò
che qui importa è che, mentre il Nuovo Testamento non ordina ai Cristiani di
trattare gli Ebrei come “figli del Demonio”, invece, in base al Corano, in
particolare 9:29, la legge islamica obbliga i musulmani a sottomettere gli
Ebrei, anzi, tutti i non musulmani.
Questo significa forse che chi si professa Cristiano non può
essere antisemita? Ovviamente no! Ma significa che i Cristiani antisemiti
vivono un ossimoro – per il semplice fatto che sia letteralmente che
teologicamente, il Cristianesimo non insegna assolutamente odio e astio, bensì
pone l’accento su amore e perdono. Il punto qui non è se i Cristiani seguono o
no questi precetti; proprio come non è il punto se i musulmani osservano o no
l’obbligo della jihad. L’unica domanda pertinente è: cosa richiedono le
religioni?
John Esposito ha ragione quando asserisce che “Ebrei e
Cristiani furono coinvolti in atti di violenza”. Invece sbaglia quando aggiunge: “Noi [Cristiani]
abbiamo la nostra teologia dell’odio”. Nulla nel Nuovo Testamento insegna l’odio – e
certamente niente lontanamente paragonabile ai comandi Coranici tipo: “Noi [musulmani] ci dissociamo da
voi [non musulmani] e tra noi e voi è sorta inimicizia e odio eterni finché voi
non crederete in Dio soltanto”.
Rivalutare le Crociate
Ed è da qui che si può comprendere meglio la storia delle
Crociate – eventi che sono stati completamente stravolti da numerosi e
influenti apologeti dell’islàm. Karen Armstrong, per esempio, si è praticamente
costruita una carriera rappresentando le Crociate in un modo completamente
sbagliato, scrivendo, per esempio che “l’idea che l’islàm si sia imposto con la
spada è una fantasia Occidentale, inventata durante il tempo delle Crociate
quando, in realtà, furono i Cristiani dell’Occidente a muovere una brutale
guerra santa contro l’islàm”. Che una ex monaca condanni rabbiosamente le
Crociate, rispetto a quanto fatto dall’islàm, rende la sua critica ancora più
vendibile. Affermazioni come le sue, ovviamente, ignorano il fatto che
dall’inizio dell’islàm, più di 400 anni prima delle Crociate, i Cristiani si
erano accorti che l’islàm si diffondeva con la spada. Infatti, autorevoli
storici musulmani che scrissero secoli prima delle Crociate, come Ahmad Ibn
Yahya al-Baladhuri (m. 892) e Muhammad Ibn Jarir at-Tabari (838-923),
dimostrano chiaramente che l’islàm si diffuse mediante la spada.
La realtà è questa: le Crociate furono un contrattacco contro
l’islàm – non un attacco senza provocazione come sostengono la Armstrong ed
altri storici revisionisti. L’eminente storico Bernard Lewis lo espone molto
bene:
“Anche
la Crociata Cristiana, spesso paragonata alla jihad islamica, fu una tardiva e
limitata risposta alla jihad e, in parte, anche una sua imitazione. Ma, a
differenza della jihad, riguardò principalmente la difesa o la riconquista di
territori Cristiani minacciati o perduti. Fu, con alcune eccezioni,
limitata alle guerre vittoriose per la riconquista dell’Europa Sud-Occidentale
e alle guerre perdute per liberare la Terra Santa e per fermare l’avanzata
Ottomana nei Balcani. La
jihad islamica, per contro, fu interpretata come illimitata e fu percepita come
un obbligo religioso che sarebbe continuato finché tutto il mondo non si fosse
convertito all’islàm o si fosse sottomesso al suo dominio … Lo scopo della jihad è di
imporre la legge islamica a tutto il mondo”.
Inoltre, le invasioni dei musulmani e le atrocità contro i
Cristiani erano aumentate nei decenni precedenti la proclamazione della
Crociata nel 1096. Il Califfo Fatimide Abu ‘Ali Mansur Tariqu’l-Hakim (r.
996-1021) profanò e distrusse un gran numero di importanti Chiese – come la
Chiesa di San Marco in Egitto e la Chiesa del Santo Sepolcro a Gerusalemme – ed
emanò contro Cristiani ed Ebrei decreti ancora più oppressivi di quelli già in
uso. Poi, nel 1071, i Turchi Selgiuchidi sbaragliarono i Bizantini nella
cruciale battaglia di Manzicerta e, per questo, conquistarono la maggior parte
dell’Anatolia Bizantina, facendo presagire l’eventualità della finale cattura
di Costantinopoli, secoli dopo.
Fu per reagire a questa situazione che il Papa Urbano II (r.
1088-1099) indisse la Crociata:
“Dai confini di Gerusalemme e dalla città di Costantinopoli è
giunta un’orribile notizia che ci è stata ripetutamente riferita, cioè che una
razza del regno dei Persiani [cioè, i Turchi musulmani] … ha invaso le terre di
quei Cristiani e le ha spopolate con la spada, il saccheggio e il fuoco; ha
portato una parte dei prigionieri nel proprio paese e ha eliminato l’altra
parte con crudeli torture; ha distrutto completamente le Chiese di Dio o se ne
è appropriata per i riti della loro religione”.
Anche se la descrizione di Urbano II è storicamente accurata,
il fatto rimane: in qualsiasi modo si interpretino queste guerre – offensive o
difensive, giuste o ingiuste – è evidente che non furono basate sull’esempio di Gesù, che così esortò
i suoi seguaci “Amate i vostri nemici, benedite chi vi maledice, fate il bene a
chi vi odia e pregate per chi vi insulta e vi perseguita”. E infatti,
furono necessari secoli di dibattiti teologici, da Agostino all’Aquinate, per
giustificare la guerra difensiva – definita come “guerra giusta”. Così
sembrerebbe che se
qualcuno non è stato completamente fedele alle sue scritture, questi sono stati
i Crociati – e non
i jihadisti musulmani (dal punto di vista letterale). In altri termini,
sono stati i jihadisti musulmani – e non i Crociati – che hanno fedelmente
eseguito le indicazioni delle loro scritture (almeno dal punto di vista
letterale). Inoltre, come i racconti violenti dell’Antico Testamento, anche le Crociate hanno una mera
natura storica e
non sono manifestazioni di più profonde verità scritturali.
Infatti, ben lontane dal suggerire alcunché di intrinseco al
Cristianesimo, le Crociate, ironicamente, ci aiutano a capire meglio l’islàm.
Perché le Crociate dimostrano, una volta per tutte, che, nonostante gli insegnamenti
religiosi – e infatti, nel caso delle così dette Crociate Cristiane, a
dispetto di questi insegnamenti – l’uomo è spesso predisposto alla violenza.
Ma questo impone una domanda: se questo è il comportamento
dei Cristiani – a cui è
stato imposto di amare, benedire e beneficare i loro nemici che li odiano, li
maledicono e li perseguitano – quanto di più dobbiamo aspettarci dai
musulmani che, condividendo la stessa tendenza alla violenza, sono spinti da
Dio ad attaccare, uccidere e depredare i non credenti?
Raymond Ibrahim è Direttore
Associato del Forum del Medio Oriente e autore di “The Al Qaeda Reader”
(New York: Doubleday, 2007).
Raymond
Ibrahim, a specialist in Islamic history and
doctrine, is the author of Defenders of the West: The Christian Heroes
Who Stood Against Islam (2022); Sword and Scimitar: Fourteen
Centuries of War between Islam and the West (2018); Crucified
Again: Exposing Islam’s New War on Christians (2013); and The
Al Qaeda Reader (2007). He has appeared on C-SPAN, Al-Jazeera, CNN,
NPR, and PBS and has been published by the New York Times Syndicate,
the Los Angeles Times, the Washington Post, the Financial
Times, the Weekly Standard, the Chronicle of Higher
Education, and Jane’s Islamic Affairs Analyst. Formerly an Arabic
linguist at the Library of Congress, Ibrahim guest lectures at universities,
briefs governmental agencies, and testifies before Congress. He has been a
visiting fellow/scholar at a variety of Institutes—from the Hoover Institution
to the National Intelligence University—and is the Judith Friedman Rosen Fellow
at the Middle East Forum and the Distinguished Senior Shillman Fellow at the
Gatestone Institute.

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