giovedì 28 novembre 2024

130)- LA BABELE FILOSOFICA DEGLI INFINITI ‘LOGOI’


NOTA PRELIMINARE: il discorso sulla “Babele” degli infiniti logoi vale naturalmente anche per l’ambito RELIGIOSO (e non solo per esso), ne sono consapevole; con la non piccola differenza, però, che i disputanti di quest’ultimo, normalmente, sono ben lungi dal ritener i propri orientamenti razionalmente ed incontrovertibilmente DIMOSTRABILI, a differenza, invece, di taluni filosofi i quali, ritenendo di argomentare rigorosamente in forza del Logos (che riporterò con l’iniziale maiuscola) _ presupponendo perciò che vi sia IL VERO Logos di contro ad un ‘egoico’ logos depauperato in quanto niente più che mera doxa o luogo comune infondato _, finiscono per mostrare, a lor dispetto, come tale Logos sia sempre in CONTRASTO con se stesso, smascherando perciò la tronfia pretesa di essere IL VERO Logos da ascoltare, come pretese Eraclito:

<<Non ascoltando me, ma il logos […]>>. (Eraclito: fr. 50, Diels-Kranz).

Dunque, Eraclito DISTINGUE implicitamente il logos della propria persona, che non va ascoltato, dal VERO Logos universale ed impersonale, il solo che perciò va ascoltato.

Qualcosa di simile ha scritto il filosofo Emanuele Severino:

<<la cosiddetta “mia” filosofia non è “mia”, perché, se fosse tale, sarebbe soggetta alla limitatezza e ai condizionamenti dell’individuo>>…

Stessa musica per un suo estimatore:

<<Non lo dico io è il logos che lo dice>>.

Un allievo del filosofo G. R. Bacchin, giunge quasi alla riverenza RELIGIOSA nei confronti del Logos ( = ragione) assolutizzato, intronizzato: 

<<chi obbedisce alla ragione – non essendovi ragione per non farlo – deve (piaccia o no, sia facile o difficile da realizzare) umilmente obbedire alla superiorità essenziale della ragione, alla sua sovrana superiorità rispetto a ciò che crede di potersi affermare senza dar ragione di sé, come di fatto accade>>.

Tornando ad Eraclito ed alla sua pretesa:

<<Non ascoltando me, ma il logos […]>>,

sorgerà subito la domanda:

come fare a DISCERNERE ciò che dice Eraclito (o chiunque altro) dal VERO Logos, visto che quest’ultimo è noto tramite il logos di Eraclito (o di chiunque altro)?

Infatti, noi ci troviamo ad ASCOLTARE il logos di Eraclito che ci invita a NON ascoltarlo, affinché possiamo ASCOLTARE il VERO Logos tramite colui che però non va ascoltato…

Forse Eraclito voleva invitare a distinguere l’opinione infondata, la doxa, dal Logos innegabile?

Senonché, sia l’opinione infondata che il ragionamento rigoroso si esprimono pur sempre attraverso lo stesso logos, sì che questi sia il medesimo che a volte opina, talvolta argomenta con cogenza e talaltra ERRA.

ASSOLUTIZZARE/IDOLATRARE il logos produce la dicotomia Logos/logos, cosicché, dalla <<superiorità essenziale della ragione>> alla superiorità del filosofo il passo è breve, nonostante le ripetute "umili" (!) quanto vane dichiarazioni della necessità di sbarazzarsi del ‘tirannico’ io empirico per far emergere l'io VERO, tanto che <<obbedire alla sua sovrana superiorità>> fa il paio con l’obbedienza a colui che parla a nome del VERO Logos pretendendo, al contempo, di NON ascoltare LUI che parla tramite il povero logos bensì il Logos che parla attraverso di LUI (furbacchione!)…

Quindi, mi pare che ogni concezione filosofica ritenga di <<dar ragione di sé>> in nome dello STESSO VERO Logos, col risultato Quot homines, tot sententiae, giacché l’unico logos a disposizione di tutti è soltanto, appunto, il logos che ora ci azzecca ed ora fallisce.  

Ma, nonostante quest’ultimo esito, certa filosofia prosegue imperterrita al seguito del proprio logos (o del proprio io, se si preferisce) oramai INDIATO, DIVINIZZATO a tutto tondo.

Contenta lei…

 

Roberto Fiaschi

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2 commenti:

  1. Bravo Roberto,
    ti stimo molto. Ho 24 anni e sono ormai approdato alla scuola di Aristotele, convinto non che essa sia una buona barca per il mare della vita, ma sicuramente un remo robustissimo: la Barca è la fede in Dio e dunque in Gesù.
    Posso chiederti qual è stato il tuo itinerario filosofico?

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    1. Grazie mille di cuore. Personalmente, sono passato dall’ateismo nelle sue varie forme fino a Severino; dopodiché, soprattutto attraverso Massimo Donà ed insieme alla lettura di altri testi, ho abbandonato Severino e sono ritornato alla fede cristiana, l’unica che mi appaga globalmente, sia nel senso che nell’impegno quotidiano.

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