Questo
è il titolo dell’incontro tra due filosofi allievi di Emanuele Severino: Nicoletta
Cusano e Luigi Vero Tarca, avvenuto il 13 dicembre 2024 a Brescia e reperibile
qui: https://www.youtube.com/live/oFRPW-DkUj4
Purtroppo il video dura 2 ore e 26 minuti e mi è impossibile seguirlo. Quanto ho qui
riportato, perciò, è una brevissima (ma significativa) trascrizione effettuata da
Mario Ciattoni che ringrazio.
<<Tarca:
Posso farti una domanda? Chiedo: se il vivente è volente, l'umano è l'essere
che vuole, se volere vuol dire volere la trasformazione nichilistica, cioè
volere che qualcosa diventi altro da sé, quindi diventi nulla, e ciò è
impossibile, che messaggio dà al vivente umano questo discorso di Severino?
Cusano:
Questa è una bella domanda.
Tarca:
Hai capito? A me che sono un vivente, e che quindi voglio, che cosa dice questo
discorso di Severino?
Cusano:
Ti dice quello che sei. Ti dice che l'acqua è acqua e il fuoco è fuoco, e che
tu sei volontà di far diventare altro. Allora un conto è esserlo senza
saperlo...
Tarca:
Perché dovrei stare ad ascoltare questo discorso piuttosto che andare a
ballare?
Cusano:
Penso di averlo detto prima, perché è l'unico discorso che sta, se a te
interessa un discorso che sta...
Tarca:
Perché dovrebbe interessarmi questo discorso?
Cusano:
Ah, guarda, se vuoi contraddirti sei libero di non ascoltarlo.
Tarca:
Ma perché contraddirsi dovrebbe essere un male? Wittgenstein dice verrà il
giorno in cui saremo fieri di essere nella contraddizione.
Cusano:
Bene, perché la contraddizione è quella che ho proposto al ragazzo qui davanti:
dire e non dire una cosa. Se a te interessa dire e non dire una cosa, va
benissimo.
Tarca:
Certo.
Cusano:
Il prof. Tarca dice e non dice, ed è contento così; io preferirei dire senza
contraddirmi.
Tarca:
Quindi abbiamo due preferenze (...) Io godo nel contraddirmi, sono due volontà,
tu godi nel non-contraddirti. Perché il giovane dovrebbe scegliere il tuo
discorso?
Cusano:
Se fosse solo il frutto di una scelta... Abbiamo già detto che il valore è un
voluto, in quanto voluto è nichilismo, e di conseguenza abbiamo chiuso il
discorso>>.
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Relativamente
a questi scambi di battute, il mio accordo propende nettamente a
favore di quanto detto dal prof. Luigi Vero Tarca (LVT).
Motiviamolo.
Alla
domanda di LVT:
<<che
messaggio dà al vivente umano questo discorso di Severino?>>,
Nicoletta
Cusano (NC) risponde:
<<Ti
dice quello che sei. Ti dice che l'acqua è acqua e il fuoco è fuoco, e che tu
sei volontà di far diventare altro. Allora un conto è esserlo senza saperlo...>>.
Quindi,
se l’<<esserlo>>
SAPENDOLO _ come nel caso NC _, costituisce il cuore del <<messaggio>>
che il <<discorso di Severino>> <<dà al vivente
umano>>, tale risposta altro non fa che ribadire quanto era già
esplicito nella domanda di LVT, ossia che <<il vivente è volente,
l'umano è l'essere che vuole>>, il che è esattamente quanto ciascun
essere umano GIÀ SA
a prescindere del <<messaggio>> di Severino, per cui quest’ultimo
si limiterebbe a ribadire l’ovvio in quanto universalmente risaputo.
Senonché,
NC farà osservare che, invece, ciò che l’essere umano NON SA è che _ per
usare le stesse parole di LVT _ <<se volere vuol dire volere la
trasformazione nichilistica, cioè volere che qualcosa diventi altro da sé,
quindi diventi nulla, e ciò è impossibile>>.
Eccolo,
dunque, l’autentico centro del <<messaggio>> di Severino e
che, secondo NC, farebbe la differenza tra il saperlo ed il non-saperlo.
Ora
chiedo: QUALE
DIFFERENZA, tal saperlo, farebbe?
Avere
un insieme di NOZIONI filosofiche in più rappresenta davvero una
differenza tale da costituirsi come <<messaggio>>, rispetto
al non averle?
Certamente sì, a livello ‘quantitativo’, se
posso dir così; NO, invece, a livello esistenziale-qualitativo.
Infatti,
tale <<messaggio>>, NON apporta alcuna REALE differenza nella
vita quotidiana, giacché ANCHE
NC, come tutti noi, continuerà a <<volere la trasformazione
nichilistica, cioè volere che qualcosa diventi altro da sé>>, se
vorrà continuare a vivere…
Il
MERO SAPERE la (presunta!) impossibilità <<che qualcosa diventi altro
da sé>> non può costituirsi come IL <<messaggio>> che
Severino <<dà al vivente umano>>, appunto perché esso è
soltanto un insieme di NOZIONI (per quanto meticolosamente
elaborate/argomentate) da far proprie o, se si vuol utilizzare il linguaggio
del filosofo bresciano, che appaiono.
Certo, se a tutto ciò aggiungiamo quell’altro aspetto teoretico costituito dalla Gloria e dalla Gioia eterna, allora questo sarebbe un SAPERE già più sostanziale esistenzialmente parlando, sì, ma si tratterebbe pur sempre di un insieme di NOZIONI, giacché NEPPURE il saper ciò cambierebbe il volere <<che qualcosa diventi altro da sé>> in un NON-volere (continuando, però, nelle proprie giornate a voler _ o meno _ trasformare il caffè in polvere e l’acqua fredda in caffè caldo)…
Per
cui, SAPERE di essere una <<volontà di far diventare altro>>
NON sembra avallare la tesi di
NC secondo la quale <<un conto è esserlo senza saperlo>>.
Continuando
a seguire la loro conversazione, LVT chiede:
<<Perché
dovrei stare ad ascoltare questo discorso piuttosto che andare a ballare?>>,
e NC risponde:
<<perché
è l'unico discorso che sta,
se a te interessa un discorso che sta>>.
Siccome
LVT inizialmente chiedeva: <<A me che sono un vivente, e che quindi
voglio, che cosa dice questo discorso di Severino?>>, allora,
che esso sia <<l'unico discorso che sta>> che rilevanza potrà mai avere nel
quotidiano il quale, sulla base dello STARE da parte di una tesi filosofica,
NON subirà comunque alcun apporto in forza di tale <<messaggio>>
che invece, poiché rivolto a <<me che sono un vivente, e che quindi voglio>>, dovrebbe
apportare?
Forse
che tale apporto (che secondo NC farebbe la differenza tra saperlo e non-saperlo)
debba consistere in un insieme di tesi filosofiche sol perché esse STANNO?
Un po’ pochino…
…
Dopodiché, NC afferma:
<<io
preferirei dire
senza contraddirmi>>, e precisa che <<il valore è un voluto, in quanto voluto è nichilismo>>, ossia,
NC VUOLE/SCEGLIE di non-contraddirsi.
Ma
allora, anche la PREFERENZA o la SCELTA di non-contraddirsi da parte di NC, in
quanto essa <<è un voluto>>,
<<è nichilismo>>
cioè è un CONTRADDIRSI, giacché il nichilismo _ nonché la volontà _, sempre per
Severino, è l’essenza della contraddizione/dirsi.
Quindi,
anche ammesso e non concesso che il VOLERE sia contraddizione, allora il
VOLERSI non-contraddire di NC è tanto contraddittorio quanto il VOLERSI contraddire
di LVT.
Ciò,
tanto più in base alla severiniana contraddizione C secondo la
quale l’essente che appare È ed al contempo NON È
MAI l’essente che, apparendo, dice di essere.
Pertanto,
nonostante le intenzioni contrarie, anche il dire di NC (come quello di
chiunque altro), pur preferendo <<dire senza contraddir[s]i>>,
in nome della contraddizione C non è mai quello che dice (di
essere), pur essendolo…
Roberto
Fiaschi
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