Vorrei
commentare il seguente post di Franco Bertossa (psoerdStnoa1i0831fat 551lc0caiaamh72hf7f1g9tacllhlmh3u64m304), maestro di Aikido nonché Buddhista Zen:
<<Per questa ragione [nel pensiero biblico e
metafisico classico] non preoccupa neppure la difficoltà [nel dover assumere]
che, se Dio crea dal niente, bisogna che proprio lui debba sapersi rapportare
al niente. Ma se Dio è Dio [onnisciente, onnipotente.. e senza altri limiti in
sé], e dunque se «l'assoluto» esclude da sé ogni nientità [limitazione],
allora
Dio non può conoscere il niente.
......
Che cos'è metafisica? - Martin Heidegger
......
Questo chiarissimo e cogente pensiero di Heidegger mostra
incontrovertibilmente che l'idea della creazione porta in sé una decisiva
contraddizione. Essa contraddizione può mettere in grossa crisi chi, muovendo
onestamente da posizioni ebraico-cristiane (anche islamiche), cerca la verità. Ma
se la si sfonda, ci si offre finalmente la possibilità del pensiero dell'essere
- da parte dell'essere circa l'essere. Ciò è evento rarissimo mentre dovrebbe
incarnare la imprescindibile consapevolezza di ogni adulto. Ed essere base del
Buddhismo europeo.
......
Franco Bertossa
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Comincio da quanto ha scritto Heidegger.
A questo tema ci si può avvicinare da diverse prospettive.
Qui, mi limito a considerare soltanto la prospettiva più
comune, ovvero quella che intende il NIENTE come l’assolutamente inesistente.
Sulla base di questa accezione, dire che Dio crea <<dal
niente>>, vuol dire che Dio NON crea da qualcosa di pre-esistente
(men che meno il NIENTE pre-esiste a Dio), bensì che Egli trae gli enti
esclusivamente ed unicamente DA SÉ STESSO, giacché Egli è lo stesso Essere o Ipsum esse subsistens.
Certo, prima di essere creati, gli enti NON SONO, cioè sono
ancora NIENTE. Ma questo è un altro modo per dire che il loro NON-ESSERE (che
la productio ex nihilo sui) coincide con il loro ESSERE in potenza.
Quindi, Dio ha in sé quel NIENTE (o NON-ESSERE) il quale,
però, non è un àmbito o un luogo che sussista come NIENTE e che perciò LIMITI Dio, appunto
perché ci stiamo ponendo dalla prospettiva secondo la quale conveniamo che il
NIENTE sia l’inesistente per eccellenza e che perciò NON possa fungere
da LIMITE alcuno.
Per cui NON
<<preoccupa neppure la difficoltà [nel dover assumere] che, se Dio
crea dal niente, bisogna che proprio lui debba sapersi rapportare al niente>>,
proprio perché quest’ultimo non è un ente con il quale ci si possa rapportare,
essendo, invece, l’ESSERE in potenza, la cui NIENTITÀ dell’atto (cioè dell’ente
creato), daccapo, non si costituisce come un ente con il quale rapportarsi,
essendo infatti potenza-di-ESSERE, inesauribile possibilità latente non ancora
attuata, ossia creata come un qualcosa che possa stare dinanzi a Dio pur senza
essergli ESTERNO.
Chiaramente, questo discorso ci conduce ad una ‘logica’ che NON
rientra più nel dominio del principio di non-contraddizione (pur
rientrandovi! Ma questo è un altro discorso che ci condurrebbe lontano).
Concludo con Heidegger osservando che, quand’anche
assecondassimo la sua asserzione secondo la quale <<se «l'assoluto»
esclude da sé ogni nientità [limitazione], allora Dio non può conoscere il
niente>>, tale esclusione PRESUPPONE la conoscenza di quel NIENTE che
è stato escluso, cosicché Dio, comunque, CONOSCA il NIENTE, seppur come negato.
Per quanto riguarda il commento di Franco Bertossa, NON concordo sul fatto che Heidegger abbia mostrato <<incontrovertibilmente che l'idea della creazione porta in sé una decisiva contraddizione>>.
E qui si aprirebbe un’altra prospettiva rispetto a quella
poc’anzi esposta; altra ed al contempo NON-altra, ma proprio per questo essa è
davvero altra.
Infatti, potremmo scorgere in Dio <<una decisiva
contraddizione>> SOLTANTO a patto che il Lui viga la logica vigente
nel nostro mondo, dominato dal già menzionato principio di non-contraddizione.
Ciò però ridurrebbe Dio ad un ente o ad un oggetto (limitato)
tra i tanti.
Ma, anche qui, si aprirebbe un amplissimo discorso… Per cui, per ora, mi sembra sufficiente fermarmi qui.
Roberto Fiaschi
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