Riporto il seguente brano del filosofo Marco Cavaioni:
(1)- <<Il bisogno che la verità – la quale, se non
fosse tale in se stessa, non lo sarebbe mai – si dimostri tale, ovvero la
richiesta di “verificazione” della verità ( = che essa emerga trionfante sulla
sua tentata negazione, che si imponga sul proprio opposto, ma giocoforza
opposta essa stessa), chiedo, è un’esigenza consustanziale alla verità oppure
un’esigenza solo nostra, che, dunque, per ciò stesso attestiamo di non essere
la verità? Se l’esigenza è, appunto, nient’altro che nostra, allora attribuire
alla verità una nostra esigenza (la necessità di dimostrare ciò in virtù di cui
si dimostra) è non solo antropomorfismo ma, soprattutto, il falso radicale>>,
seguìto dall’intervento di Alessandro Negrini:
(2)- <<Il falso radicale che è anche contraddizione
pura: infatti se traduciamo il concetto nei termini di logica del fondamento,
attribuire la nostra esigenza di verità alla verità sarebbe come pensare che il
fondamento per essere se stesso abbia bisogno di fondare, che gli sia
necessario fondare, e dunque che il fondato sia in qualche modo fondamento del
fondamento stesso. La contraddizione più contraddittoria che si possa pensare,
la madre di tutte le contraddizioni. Eppure vi sono fior fiore di metafisiche
che non vedono la contraddizione. Del resto qui si radica anche il problema
esistenziale dell'uomo: sapere di essere indifferenti al fondamento, sapere che
per il fondamento non è necessario fondare, toglie la rassicurazione principe
dell'uomo: di essere caro agli dei, o a dio. Qui infatti c'è il fondamento
dell'antropocentrismo: io, in quanto uomo, non sono una semplice creatura, ma
sono il "cocchino" di dio, il figlio preferito, posso fare quello che
voglio, vuolsi così colà. Per questo una metafisica che smaschera lo schema
antropocentrico non può che essere accolta come la peste. Buona giornata
caro Marco>>.
------
Prima il brano di Marco Cavaioni.
Al riguardo, osserverei che per esser <<tale in se
stessa>>, la verità DEBBA POSSEDERE quindi ESIBIRE quei tratti che
escludano che essa sia non-verità.
E (alcuni di) quei tratti _ menzionati ma negati proprio da Marco Cavaioni _, sono:
<<che essa emerga trionfante sulla sua tentata negazione>> e <<che
si imponga sul proprio opposto>>.
Se infatti NON li ESIBISSE, come potremmo saper che sia LA
verità?
E sin qui, effettivamente sembrerebbe di avanzare <<un’esigenza solo nostra>>.
Eppure, questa NOSTRA esigenza è al contempo ANCHE (o soprattutto)
un’ESIGENZA della verità (e viceversa).
Perché?
Perché, che <<la richiesta di “verificazione” della
verità>> sia <<un’esigenza solo nostra>>, NON deve implicare
che la verità sia PRIVA di quei tratti, altrimenti la nostra esigenza
attribuirebbe alla verità dei tratti che essa NON POSSIEDE.
Ora, se la verità NON POSSIEDE questi tratti, con quale
verità potremmo affermar che la verità sia tale?
Non lo potremmo affermare.
Quindi, sostener che la verità NON ABBISOGNI della <<richiesta
di “verificazione”>>, vuol dire che essa:
1)- AUT
NON POSSIEDE quei tratti sopra citati; e allora NON ha senso richiedere
ciò che essa non possiede (anche se, per dire che non li possegga, la verità
deve comunque aver mostrato di non possederli), per cui NON è LA verità
(filosofico-speculativa che supponiamo che sia);
2)- AUT
LI POSSIEDE; ed allora NON è vero che la <<richiesta di
“verificazione”>> sia <<un’esigenza solo nostra>>,
giacché è anche un’esigenza
della verità, ovvero la verità esige di POSSEDERE (o di ESSERE) quei tratti
senza l’apparir dei quali NON è la verità.
Qual è l’eventuale TERZA possibilità?
Si legga anche qui:
<<allora attribuire alla verità una nostra esigenza
(la necessità di dimostrare ciò in virtù di cui si dimostra) è non solo antropomorfismo
ma, soprattutto, il falso radicale>>.
Che cos’è la verità?
È <<ciò in virtù di cui si dimostra>>;
e che cos’è <<ciò in virtù di cui si dimostra>>?
È la verità…
A questo punto Marco Cavaioni dovrebbe chiarire il significato
della parola <<verità>>.
Se infatti affermassimo:
<<attribuire alla TRIBBITÀ una nostra esigenza (la
necessità di dimostrare la TRIBBITÀ che è ciò in virtù di cui si dimostra) è
non solo antropomorfismo ma, soprattutto, il falso radicale>>,
dovremmo PRIMA spiegare che cosa sia la TRIBBITÀ, per dare un
senso alla frase.
Dunque, il cosiddetto antropocentrismo o, come scrive Marco Cavaioni: <<antropomorfismo>>, è un orizzonte INELUDIBILE, INEVADIBILE, giacché
se esso fosse <<il falso radicale>>, sarebbe <<il
falso radicale>> anche il suo essere <<il falso radicale>>,
e quindi NON sarebbe <<il falso radicale>>…
Last but not least, in conformità ad
un’altra sua/loro tesi che considera impossibile che l’uomo possa RELAZIONARSI alla
verità (giacché ciò renderebbe determinata la verità che, però, sarebbe indeterminabile
e perciò la renderebbe relativa, non-assoluta), qualsiasi suo/loro dire LA verità
sulla verità <<tale in se stessa>> comporta in ogni caso RELAZIONARSI ad essa
e perciò comporta, contraddittoriamente, NON poter dire LA verità sulla verità <<tale
in se stessa>> alla quale NON ci si può RELAZIONARE, quindi una
verità totalmente CREDUTA
tale.
Per cui essi, che vorrebbero rifuggire dall’antropocentrismo attraverso
la negazione della <<richiesta di “verificazione” della verità>>,
supponendo che ciò li conduca al di fuori di esso e ad una maggior prossimità
alla verità <<tale in se stessa>>, in realtà mostrano di
essere immersi nell’antropocentrismo fino al collo, senza poterlo MAI
trascendere _ come accade anche a Emanuele Severino _, né senza poter dir nulla
circa una verità che, in quanto DETTA DA NOI UMANI, non è la verità <<tale in se stessa>>
ma sempre e soltanto SECONDO
NOI ( =
antropocentrismo)…
------
Analogamente dicasi per il brano di Alessandro Negrini.
Esso inizia con la seguente considerazione:
<<Il falso radicale che è anche contraddizione pura:
infatti se traduciamo il concetto nei termini di logica del fondamento, attribuire la nostra esigenza
di verità alla verità sarebbe come [etc…]>>.
Dunque, anch’egli aborrisce l’antropocentrismo.
Tuttavia, del tutto antropocentricamente, è prontissimo a
tradurre <<il concetto nei termini di logica del fondamento>>; del tutto
antropocentricamente, sì, giacché all’infuori dell’essere umano, non risulta
che la logica
sia studiata e scientemente praticata da qualcun’altra creatura…
Il che vuol dire che egli, per suffragare la sua/loro tesi
secondo la quale NON possiamo _ cioè è contraddittorio _ <<attribuire
la nostra esigenza di verità alla verità>>, DEVE collocarla, suo
malgrado, nell’orizzonte antropocentrico _ nella logica _, solo internamente al quale Alessandro Negrini può mostrare/verificare la <<contraddizione più
contraddittoria che si possa pensare, la madre di tutte le contraddizioni>>
consistente, tale contraddizione, nell’<<attribuire la nostra esigenza
di verità alla verità>> (essendo anche il rilevamento di una
contraddizione, atto esclusivamente antropocentrico).
Per cui, anche qui ed inevitabilmente, la SUA verità in base
alla quale è da escludere l’attribuzione antropocentrica della <<nostra
esigenza di verità alla verità>>, è una verità antropocentrica, ossia
dettata dalla <<NOSTRA
esigenza di verità>>!
Ma analizziamo più da vicino la PRESUNTA <<contraddizione
più contraddittoria che si possa pensare, la madre di tutte le contraddizioni>>,
ove egli la ritraduce <<nei termini di logica del fondamento>>
in questi termini:
<<attribuire la nostra esigenza di verità alla
verità sarebbe come pensare che il fondamento per essere se stesso abbia
bisogno di fondare, che gli sia necessario fondare, e dunque che il fondato sia
in qualche modo fondamento del fondamento stesso>>.
No, temo che Alessandro Negrini stia equivocando i termini della questione.
Infatti, se <<la nostra esigenza di verità>> ci induce
a (di)mostrare le ragioni per le quali riteniamo che il fondamento SIA IL
FONDAMENTO, a tale (di)mostrazione dovrà corrispondere il reale ESSERE del
fondamento, altrimenti, le ragioni per le quali il fondamento sia il
fondamento, concernerebbero un fondamento PRIVO di quelle ragioni, cosicché
esso NON sarebbe affatto il fondamento.
Che perciò il fondamento non debba mostrare A SE STESSO di
<<essere se stesso>> (e chi lo ha mai sostenuto?), NON implica affatto
che NON possegga quelle caratteristiche escludenti che esso NON sia IL
fondamento!
Pertanto il fondamento NON ha <<bisogno di fondare>>,
come equivoca Alessandro Negrini, dimodoché <<il
fondato sia in qualche modo fondamento del fondamento stesso>>, ma ha
bisogno di ESSERE ( = deve ESSERE) l’esclusione che esso NON sia il fondamento,
e ciò deve esser saputo, altrimenti potremmo escludere senza contraddizione che
esso sia il fondamento.
Quindi, che il fondamento SIA il fondamento, si palesa
UNICAMENTE nell’orizzonte antropocentrico, così come il concetto stesso di fondamento.
Dopodiché, Alessandro Negrini si
stupisce:
<<Eppure vi sono fior fiore di metafisiche che non
vedono la contraddizione>>;
non
la vedono perché NON c’è. (Affermare che gli altri _ sempre gli ALTRI _ non
vedano la contraddizione, è solitamente il miglior modo per NON vedere la PROPRIA contraddizione,
o il proprio equivocare; anche questo è antropocentrismo, anzi, meglio ancora:
è EGO-LOGISMO,
laddove, appunto, le contraddizioni non sono mai le PROPRIE).
E prosegue:
<<Del resto qui si radica anche il problema
esistenziale dell'uomo: sapere
di essere indifferenti al fondamento, sapere che per il fondamento non è necessario fondare>>;
Questo suo <<sapere>> corrisponde a verità?
Se sì, egli attribuisce tale <<sapere>> la verità
<<alla verità>> stessa; ma la (sua/loro) verità NON si RELAZIONA con
l’essere umano, quindi tale <<sapere>> NON può essere verità: ed allora, ancora una
volta, è puro antropocentrismo.
Prosegue ancora Alessandro Negrini:
<<sapere di essere indifferenti al
fondamento […],
toglie la rassicurazione principe dell'uomo: di essere caro agli dei, o a dio.
Qui infatti c'è il fondamento dell'antropocentrismo: io, in quanto uomo, non
sono una semplice creatura, ma sono il "cocchino" di dio, il figlio
preferito, posso fare quello che voglio, vuolsi così colà. Per questo una
metafisica che smaschera lo schema antropocentrico non può che essere accolta
come la peste>>.
Al contrario, <<sapere di essere indifferenti al fondamento>>
renderebbe l’antropocentrismo
L’ISTANZA PRIMA ED ULTIMA al di là/al di sopra/al di sotto della quale nulla
potrebbe mai infrangerla, essendo, l’antropocentrismo, il ‘luogo’ di ogni
possibile consapevolezza, di ogni sapere, di ogni filosofia, di ogni intelligenza,
di ogni vivere, DI CONTRO ad un fondamento fondamentalmente OTTUSO in quanto INDIFFERENTE a tutto e
perciò PRIVO di consapevolezza, di sapere, di intelligenza e di vita.
Per cui un fondamento cadaverico di tal guisa non farebbe
altro che spianare indefinitamente, con sovrana INDIFFERENZA, la strada all’antropocentrismo
il quale, per l’appunto, non troverebbe ostacoli dinanzi a sé, essendo, detta INDIFFERENZA propedeutica
per la sua (dell’antropocentrismo) ASSOLUTIZZAZIONE.
Invece, per Alessandro Negrini l’INDIFFERENZA del fondamento toglierebbe l’antropocentrismo:
<<Qui infatti c'è il fondamento
dell'antropocentrismo: io, in quanto uomo, non sono una semplice creatura, ma
sono il "cocchino" di dio, il figlio preferito, posso fare quello che
voglio, vuolsi così colà>>.
Egli, parlando di <<"cocchino" di dio, il
figlio preferito>>, sta probabilmente alludendo alla Bibbia, al Cristianesimo…
Certo, l’antropocentrismo è stato foriero di devastazioni e
soprusi; ma si deve distinguere un antropocentrismo MALATO, che distrugge e si
innalza al di sopra di tutto, da un antropocentrismo SANO, quale dovrebbe
essere (stato) ma che spesso non è, ossia un antropocentrismo chiamato alla
responsabilità ed alla promozione dell’ALTERITÀ (ALTERITÀ negata
e relegata nell’inessenza, cioè nell’errore, proprio dalla
filosofia alla quale Marco Cavaioni e Alessandro Negrini fanno strenuo riferimento per combattere l’antropocentrismo!).
Quindi antropocentrismo (sano) come TUTT’ALTRO dal
<<fare
quello che voglio>>, proprio perché trasceso da un’Istanza che lo
colloca nella giusta prospettiva (a differenza, invece, del loro ‘fondamento’ INDIFFERENTE e come tale
insensibile nonché incapace di qualsivoglia ‘contenimento’).
Concludendo, per quanti sforzi teoretici facciano Marco Cavaioni ed Alessandro Negrini, nemmeno la loro metafisica riesce ad
OLTREPASSARE <<lo schema antropocentrico>>, giacché esso manifesta la propria INEVADIBILITÀ laddove
essi ritengono di averlo smascherato/oltrepassato…
Roberto Fiaschi
---------------------

Nessun commento:
Posta un commento