mercoledì 2 aprile 2025

166)- «VERITÀ VS ANTROPOCENTRISMO»?

 

Riporto il seguente brano del filosofo Marco Cavaioni:

(1)- <<Il bisogno che la verità – la quale, se non fosse tale in se stessa, non lo sarebbe mai – si dimostri tale, ovvero la richiesta di “verificazione” della verità ( = che essa emerga trionfante sulla sua tentata negazione, che si imponga sul proprio opposto, ma giocoforza opposta essa stessa), chiedo, è un’esigenza consustanziale alla verità oppure un’esigenza solo nostra, che, dunque, per ciò stesso attestiamo di non essere la verità? Se l’esigenza è, appunto, nient’altro che nostra, allora attribuire alla verità una nostra esigenza (la necessità di dimostrare ciò in virtù di cui si dimostra) è non solo antropomorfismo ma, soprattutto, il falso radicale>>,

seguìto dall’intervento di Alessandro Negrini:

(2)- <<Il falso radicale che è anche contraddizione pura: infatti se traduciamo il concetto nei termini di logica del fondamento, attribuire la nostra esigenza di verità alla verità sarebbe come pensare che il fondamento per essere se stesso abbia bisogno di fondare, che gli sia necessario fondare, e dunque che il fondato sia in qualche modo fondamento del fondamento stesso. La contraddizione più contraddittoria che si possa pensare, la madre di tutte le contraddizioni. Eppure vi sono fior fiore di metafisiche che non vedono la contraddizione. Del resto qui si radica anche il problema esistenziale dell'uomo: sapere di essere indifferenti al fondamento, sapere che per il fondamento non è necessario fondare, toglie la rassicurazione principe dell'uomo: di essere caro agli dei, o a dio. Qui infatti c'è il fondamento dell'antropocentrismo: io, in quanto uomo, non sono una semplice creatura, ma sono il "cocchino" di dio, il figlio preferito, posso fare quello che voglio, vuolsi così colà. Per questo una metafisica che smaschera lo schema antropocentrico non può che essere accolta come la peste. Buona giornata caro Marco>>.

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Prima il brano di Marco Cavaioni.

Al riguardo, osserverei che per esser <<tale in se stessa>>, la verità DEBBA POSSEDERE quindi ESIBIRE quei tratti che escludano che essa sia non-verità.

E (alcuni di) quei tratti _ menzionati ma negati proprio da Marco Cavaioni _, sono:

<<che essa emerga trionfante sulla sua tentata negazione>> e <<che si imponga sul proprio opposto>>.

Se infatti NON li ESIBISSE, come potremmo saper che sia LA verità?

E sin qui, effettivamente sembrerebbe di avanzare <<un’esigenza solo nostra>>.

Eppure, questa NOSTRA esigenza è al contempo ANCHE (o soprattutto) un’ESIGENZA della verità (e viceversa).

Perché?

Perché, che <<la richiesta di “verificazione” della verità>> sia <<un’esigenza solo nostra>>, NON deve implicare che la verità sia PRIVA di quei tratti, altrimenti la nostra esigenza attribuirebbe alla verità dei tratti che essa NON POSSIEDE.

Ora, se la verità NON POSSIEDE questi tratti, con quale verità potremmo affermar che la verità sia tale?

Non lo potremmo affermare.

Quindi, sostener che la verità NON ABBISOGNI della <<richiesta di “verificazione”>>, vuol dire che essa:

1)- AUT NON POSSIEDE quei tratti sopra citati; e allora NON ha senso richiedere ciò che essa non possiede (anche se, per dire che non li possegga, la verità deve comunque aver mostrato di non possederli), per cui NON è LA verità (filosofico-speculativa che supponiamo che sia);

2)- AUT LI POSSIEDE; ed allora NON è vero che la <<richiesta di “verificazione”>> sia <<un’esigenza solo nostra>>, giacché è anche un’esigenza della verità, ovvero la verità esige di POSSEDERE (o di ESSERE) quei tratti senza l’apparir dei quali NON è la verità.

Qual è l’eventuale TERZA possibilità?

Si legga anche qui:

<<allora attribuire alla verità una nostra esigenza (la necessità di dimostrare ciò in virtù di cui si dimostra) è non solo antropomorfismo ma, soprattutto, il falso radicale>>.

Che cos’è la verità?

È <<ciò in virtù di cui si dimostra>>;

e che cos’è <<ciò in virtù di cui si dimostra>>?

È la verità…

A questo punto Marco Cavaioni dovrebbe chiarire il significato della parola <<verità>>.

Se infatti affermassimo:

<<attribuire alla TRIBBITÀ una nostra esigenza (la necessità di dimostrare la TRIBBITÀ che è ciò in virtù di cui si dimostra) è non solo antropomorfismo ma, soprattutto, il falso radicale>>,

dovremmo PRIMA spiegare che cosa sia la TRIBBITÀ, per dare un senso alla frase.

Dunque, il cosiddetto antropocentrismo o, come scrive Marco Cavaioni: <<antropomorfismo>>, è un orizzonte INELUDIBILE, INEVADIBILE, giacché se esso fosse <<il falso radicale>>, sarebbe <<il falso radicale>> anche il suo essere <<il falso radicale>>, e quindi NON sarebbe <<il falso radicale>>…

Last but not least, in conformità ad un’altra sua/loro tesi che considera impossibile che l’uomo possa RELAZIONARSI alla verità (giacché ciò renderebbe determinata la verità che, però, sarebbe indeterminabile e perciò la renderebbe relativa, non-assoluta), qualsiasi suo/loro dire LA verità sulla verità <<tale in se stessa>> comporta in ogni caso RELAZIONARSI ad essa e perciò comporta, contraddittoriamente, NON poter dire LA verità sulla verità <<tale in se stessa>> alla quale NON ci si può RELAZIONARE, quindi una verità totalmente CREDUTA tale.

Per cui essi, che vorrebbero rifuggire dall’antropocentrismo attraverso la negazione della <<richiesta di “verificazione” della verità>>, supponendo che ciò li conduca al di fuori di esso e ad una maggior prossimità alla verità <<tale in se stessa>>, in realtà mostrano di essere immersi nell’antropocentrismo fino al collo, senza poterlo MAI trascendere _ come accade anche a Emanuele Severino _, né senza poter dir nulla circa una verità che, in quanto DETTA DA NOI UMANI, non è la verità <<tale in se stessa>> ma sempre e soltanto SECONDO NOI ( = antropocentrismo)…

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Analogamente dicasi per il brano di Alessandro Negrini.

Esso inizia con la seguente considerazione:

<<Il falso radicale che è anche contraddizione pura: infatti se traduciamo il concetto nei termini di logica del fondamento, attribuire la nostra esigenza di verità alla verità sarebbe come [etc…]>>.

Dunque, anch’egli aborrisce l’antropocentrismo.

Tuttavia, del tutto antropocentricamente, è prontissimo a tradurre <<il concetto nei termini di logica del fondamento>>; del tutto antropocentricamente, sì, giacché all’infuori dell’essere umano, non risulta che la logica sia studiata e scientemente praticata da qualcun’altra creatura…

Il che vuol dire che egli, per suffragare la sua/loro tesi secondo la quale NON possiamo _ cioè è contraddittorio _ <<attribuire la nostra esigenza di verità alla verità>>, DEVE collocarla, suo malgrado, nell’orizzonte antropocentrico _ nella logica _, solo internamente al quale Alessandro Negrini può mostrare/verificare la <<contraddizione più contraddittoria che si possa pensare, la madre di tutte le contraddizioni>> consistente, tale contraddizione, nell’<<attribuire la nostra esigenza di verità alla verità>> (essendo anche il rilevamento di una contraddizione, atto esclusivamente antropocentrico).

Per cui, anche qui ed inevitabilmente, la SUA verità in base alla quale è da escludere l’attribuzione antropocentrica della <<nostra esigenza di verità alla verità>>, è una verità antropocentrica, ossia dettata dalla <<NOSTRA esigenza di verità>>!

Ma analizziamo più da vicino la PRESUNTA <<contraddizione più contraddittoria che si possa pensare, la madre di tutte le contraddizioni>>, ove egli la ritraduce <<nei termini di logica del fondamento>> in questi termini:

<<attribuire la nostra esigenza di verità alla verità sarebbe come pensare che il fondamento per essere se stesso abbia bisogno di fondare, che gli sia necessario fondare, e dunque che il fondato sia in qualche modo fondamento del fondamento stesso>>.

No, temo che Alessandro Negrini stia equivocando i termini della questione.

Infatti, se <<la nostra esigenza di verità>> ci induce a (di)mostrare le ragioni per le quali riteniamo che il fondamento SIA IL FONDAMENTO, a tale (di)mostrazione dovrà corrispondere il reale ESSERE del fondamento, altrimenti, le ragioni per le quali il fondamento sia il fondamento, concernerebbero un fondamento PRIVO di quelle ragioni, cosicché esso NON sarebbe affatto il fondamento.

Che perciò il fondamento non debba mostrare A SE STESSO di <<essere se stesso>> (e chi lo ha mai sostenuto?), NON implica affatto che NON possegga quelle caratteristiche escludenti che esso NON sia IL fondamento!

Pertanto il fondamento NON ha <<bisogno di fondare>>, come equivoca Alessandro Negrini, dimodoché <<il fondato sia in qualche modo fondamento del fondamento stesso>>, ma ha bisogno di ESSERE ( = deve ESSERE) l’esclusione che esso NON sia il fondamento, e ciò deve esser saputo, altrimenti potremmo escludere senza contraddizione che esso sia il fondamento.

Quindi, che il fondamento SIA il fondamento, si palesa UNICAMENTE nell’orizzonte antropocentrico, così come il concetto stesso di fondamento.

Dopodiché, Alessandro Negrini si stupisce:

<<Eppure vi sono fior fiore di metafisiche che non vedono la contraddizione>>;

non la vedono perché NON c’è. (Affermare che gli altri _ sempre gli ALTRI _ non vedano la contraddizione, è solitamente il miglior modo per NON vedere la PROPRIA contraddizione, o il proprio equivocare; anche questo è antropocentrismo, anzi, meglio ancora: è EGO-LOGISMO, laddove, appunto, le contraddizioni non sono mai le PROPRIE).

E prosegue:

<<Del resto qui si radica anche il problema esistenziale dell'uomo: sapere di essere indifferenti al fondamento, sapere che per il fondamento non è necessario fondare>>;

Questo suo <<sapere>> corrisponde a verità?

Se sì, egli attribuisce tale <<sapere>> la verità <<alla verità>> stessa; ma la (sua/loro) verità NON si RELAZIONA con l’essere umano, quindi tale <<sapere>> NON può essere verità: ed allora, ancora una volta, è puro antropocentrismo.

Prosegue ancora Alessandro Negrini:

<<sapere di essere indifferenti al fondamento […], toglie la rassicurazione principe dell'uomo: di essere caro agli dei, o a dio. Qui infatti c'è il fondamento dell'antropocentrismo: io, in quanto uomo, non sono una semplice creatura, ma sono il "cocchino" di dio, il figlio preferito, posso fare quello che voglio, vuolsi così colà. Per questo una metafisica che smaschera lo schema antropocentrico non può che essere accolta come la peste>>.

Al contrario, <<sapere di essere indifferenti al fondamento>> renderebbe l’antropocentrismo L’ISTANZA PRIMA ED ULTIMA al di là/al di sopra/al di sotto della quale nulla potrebbe mai infrangerla, essendo, l’antropocentrismo, il ‘luogo’ di ogni possibile consapevolezza, di ogni sapere, di ogni filosofia, di ogni intelligenza, di ogni vivere, DI CONTRO ad un fondamento fondamentalmente OTTUSO in quanto INDIFFERENTE a tutto e perciò PRIVO di consapevolezza, di sapere, di intelligenza e di vita.

Per cui un fondamento cadaverico di tal guisa non farebbe altro che spianare indefinitamente, con sovrana INDIFFERENZA, la strada all’antropocentrismo il quale, per l’appunto, non troverebbe ostacoli dinanzi a sé, essendo, detta INDIFFERENZA propedeutica per la sua (dell’antropocentrismo) ASSOLUTIZZAZIONE.

Invece, per Alessandro Negrini l’INDIFFERENZA del fondamento toglierebbe l’antropocentrismo:

<<Qui infatti c'è il fondamento dell'antropocentrismo: io, in quanto uomo, non sono una semplice creatura, ma sono il "cocchino" di dio, il figlio preferito, posso fare quello che voglio, vuolsi così colà>>.

Egli, parlando di <<"cocchino" di dio, il figlio preferito>>, sta probabilmente alludendo alla Bibbia, al Cristianesimo…

Certo, l’antropocentrismo è stato foriero di devastazioni e soprusi; ma si deve distinguere un antropocentrismo MALATO, che distrugge e si innalza al di sopra di tutto, da un antropocentrismo SANO, quale dovrebbe essere (stato) ma che spesso non è, ossia un antropocentrismo chiamato alla responsabilità ed alla promozione dell’ALTERITÀ (ALTERITÀ negata e relegata nell’inessenza, cioè nell’errore, proprio dalla filosofia alla quale Marco Cavaioni e Alessandro Negrini fanno strenuo riferimento per combattere l’antropocentrismo!).

Quindi antropocentrismo (sano) come TUTT’ALTRO dal <<fare quello che voglio>>, proprio perché trasceso da un’Istanza che lo colloca nella giusta prospettiva (a differenza, invece, del loro ‘fondamento’ INDIFFERENTE e come tale insensibile nonché incapace di qualsivoglia ‘contenimento’).

Concludendo, per quanti sforzi teoretici facciano Marco Cavaioni ed Alessandro Negrini, nemmeno la loro metafisica riesce ad OLTREPASSARE <<lo schema antropocentrico>>, giacché esso manifesta la propria INEVADIBILITÀ laddove essi ritengono di averlo smascherato/oltrepassato…

 

Roberto Fiaschi

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